Il Fosso Fioio e Camerata Vecchia

A sud di Carsoli l'attuale confine amministrativo fra Lazio e Abruzzo segue il solco del Fosso Fioio, che già nell'Ottocento separava i domini pontifici dal Regno delle due Sicilie. L’itinerario di confine si svolge con durata a piacere nel fresco ambiente boscoso del Fosso. È poi proposta una più panoramica passeggiata alla scoperta delle rovine di Camerata Vecchia, precipitosamente abbandonata dai suoi abitanti in seguito a un rovinoso incendio nel 1859. Si va infine a caccia dei cippi di confine nei dintorni del paese di Camerata Nuova. L’escursione può svolgersi con la simpatica compagnia virtuale del pittore Enrico Coleman, che delle sue escursioni sui Simbruini ha lasciato godibili cronache.

Il quadro ambientale


Siamo al confine tra Lazio e Abruzzo, lungo il fosso Fioio, limite orografico tra la catena dei Monti Carseolani a nord e quella dei Simbruini a sud, e linea di demarcazione amministrativa tra le due regioni. L'itinerario, nel versante laziale, si svolge nella parte settentrionale del territorio del Parco regionale dei monti Simbruini. L’area protetta, che con i suoi 30.000 ettari è la più estesa del Lazio, è stata istituita nel 1983 per tutelare e valorizzare il grande patrimonio ambientale custodito nelle pieghe di questi monti. I Simbruini, costituiti da un’imponente dorsale carbonatica disposta con andamento nord-ovest – sud-est tipico della catena appenninica, comprendono tutte le vette che si trovano sul lato destro del Fiume Aniene, da Àrsoli a Filettino.

Il nome, derivante dal latino sub imbribus, “sotto le piogge”, richiama la grande abbondanza d'acqua che caratterizza questi rilievi. Il bacino idrografico dei Simbruini è ancora oggi un’importante fonte di approvvigionamento idrico per Roma e la sua provincia, attraverso i due acquedotti del Simbrivio e dell’Acqua Marcia, secondo per importanza della capitale.

Il territorio è inoltre modellato da notevoli fenomeni carsici, di cui le manifestazioni più evidenti sono i numerosi piani o “campi”, grandi depressioni a fondo pianeggiante.


L'itinerario


Arrivati a Camerata Nuova (810 m), s’imbocca sulla destra la salita di via Madonna delle Grazie, seguendo le indicazioni per Camposecco e Camerata Vecchia. S’incontra un primo bivio, segnato da un cartello del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, con l'indicazione “Altopiano di Camposecco”: si percorre la strada asfaltata che scende sulla sinistra, fino a quando diventa sterrata. Qui si può lasciare la macchina e cominciare l'itinerario a piedi, lungo il sentiero 664d. Per breve tratto la sterrata si mantiene ampia e passa in mezzo a terreni coltivati, per poi restringersi leggermente e scendere quasi al livello del torrente Fioio. Si può percorrere l'antico confine per il tempo che si ritiene opportuno, toccando diverse opere dell'acquedotto e camminando sotto una fitta faggeta per alcuni tratti su sentiero, per altri nel greto del torrente e per altri ancora su un bel selciato asfaltato. Se si desidera prolungare la passeggiata, si può raggiungere, a circa due ore e mezzo di cammino dall'inizio della sterrata, il cippo 299, situato in un’ampia radura, in posizione ben visibile a margine del sentiero. Da qui si può proseguire lungo l'antico confine, seguendo la strada che costeggia il Fosso, fino al bivio per il rifugio Saifar e alla grossa sterrata di Campo Rotondo che confluisce da sinistra. Volendo realizzare un itinerario più impegnativo che richiede di pernottare fuori, si può proseguire lungo il fosso, percorrendo parte del sentiero Italia, fino al rifugio di Campo Ceraso e al valico di Campo Staffi. Da qui, l’eventuale discesa verso Camerata Nuova richiede circa 4.30 ore.

Tornati indietro fino al bivio col cartello indicante l’“Altopiano di Camposecco”, si sale stavolta sulla destra, passando accanto a un fontanile. A un secondo bivio, si gira a sinistra seguendo i cartelli per i ruderi di Camerata Vecchia e le indicazioni del sentiero 664 a/b/c. Si può lasciare la macchina al termine della strada asfaltata, e percorrere la sterrata in salita che in circa un’ora porta alle rovine dell’antico paese (1220 m) situato in posizione panoramica. Il ritorno è sulla stessa strada.

Una breve appendice dell’itinerario si può realizzare comodamente lungo la strada che dalla Tiburtina porta all’abitato di Camerata Nuova. L’antico confine dal Fosso Fioio forma una sorta di “s” che si allunga a ovest comprendendo l’abitato di Camerata Nuova, ruota verso est e risale nuovamente verso occidente in direzione di Rocca di Botte lungo la Costa Mannarina. L’attuale strada taglia dunque perpendicolarmente la linea che nell’ottocento era posta a delimitare i due stati. Percorrendola in direzione di Camerata, circa 50 m prima del cartello che attesta il limite provinciale fra Roma e L’Aquila, sulla sinistra della carreggiata si trova il cippo n. 304. Sul lato destro della strada, oltrepassata l’indicazione del limite provinciale e un cartello del Parco dei Monti Simbruini, si entra su una stradina fra due recinzioni. Si arriva velocemente in un primo campo dove passano i tralicci dell’elettricità, e proseguendo sulla sinistra si entra in un secondo spiazzo dove si trova, a circa duecento metri dal precedente e in parte avvolto dai rovi, il cippo n. 305. Compreso il ritorno alla strada, la deviazione richiede circa 15 minuti.


Itinerario d'autore: Enrico Coleman


I monti Simbruini non sono certo una scoperta recente per gli escursionisti e gli amanti della montagna. Già due secoli fa attiravano appassionati camminatori, ma anche artisti e poeti, che si recavano fra questi rilievi per ricreare lo spirito, cercare ispirazione per le proprie opere o semplicemente goderne la bellezza.

Tra i visitatori d’eccezione si distingue il pittore Enrico Coleman, di padre inglese e madre sublacense, che alla natura e ai paesaggi del Lazio ha dedicato la gran parte delle sue opere. Alla passione per la pittura, ereditata dal padre, aggiunse una profonda sensibilità per le bellezze ambientali e la passione per l’escursionismo. Fu socio della sezione romana del Club Alpino Italiano, e fra il 12 e il 15 aprile del 1881 realizzò una lunga escursione sui Simbruini, insieme all’escursionista Edoardo Mantinori. A lui il Parco dei Simbruini ha intitolato un sentiero lungo più di 100 km. L’itinerario, segnato e attrezzato con tabelloni informativi sulle emergenze storiche, artistiche e ambientali del territorio, ripercorre i  luoghi toccati in quella visita, partendo da Subiaco, attraverso il santuario della Trinità di Vallepietra, Monte Autore, Camposecco e Camerata Vecchia fino ad arrivare a Prataglia e a Tivoli.

Di quell’escursione Coleman ha lasciato un manoscritto autografo, corredato dei suoi disegni, che lo fanno conoscere per le sue capacità di osservatore attento e narratore di spirito, a cominciare  dall’impazienza che accompagna l’inizio del viaggio (in cui molti camminatori d’oggi possono riconoscersi!):


«S’era stabilito da alcuni socii della Sezione romana del Club Alpino di fare una escursione in questa interessantissima regione: appuntamento per la mattina del 12 aprile alla stazione del tramway per Tivoli. Appena deciso a prendervi parte, io ero sulle spine; e la matttina del 12, alzatomi troppo presto, cominciai, nel radermi dal farmi un bravo taglio nel mento, cosa che non mi era accaduta da un pezzo: stagnato il sangue in fretta e furia, e vestitomi, mi ci feci condurre in botte alla stazione, dove arrivai tre quarti d’ora prima della partenza del treno (e ho 35 anni!). Per passare il tempo comprai un “Popolo Romano”, ma ero troppo preoccupato per leggerlo, e cominciai a passeggiare su e giù».


Il viaggio prosegue tra i segni del cambiamento e delle trasformazioni della modernità:


«Vediamo lungo la strada i lavori della ferrovia Roma-Sulmona, che sarà certo una delle linee più interessanti d’Italia per la bellezza del paesaggio, e che renderà di facile accesso, per noi della sezione di Roma, tutta la poetica regione dell’Abruzzo coi suoi monti stupendi».


Il 14 aprile, dopo essere saliti da subiaco a Vallepietra e a Monte Autore, Coleman e il suo compagno di cammino Martinori arrivano a Camerata Vecchia:


«Poco dopo giungemmo in vista di Camerata Vecchia. È questo un piccolo paese sulla cima d’uno scoglio a 1218 metri sul mare. Venti anni fa s’incendiò, ed ora non vi rimangono che pochi abitanti e delle stalle pel bestiame – scusa questa, secondo gli abitanti, per la sua immensa sudiceria. La maggior parte degli abitanti si sono trasportati un 400 metri più basso a Camerata nuova che hanno fabbricato di pianta, e che fa l’effetto d’un paese composto di quelle casette di legno che si danno ai bambini per giuocattoli. Si vede bene che qui non vedono forestieri che in rarissime occasioni, giacché avendo noi domandato del vino cominciarono a consultarsi l’un l’altro e a discutere, finché vedendo noi che ci sarebbe voluto del tempo per ottenerlo ci levammo d’imbarazzo, dicendo che saremmo andati a bere giù a Camerata nuova. Frattanto ricominciò a piovere, e riparatici sotto un arco della chiesa diroccata, la scena era veramente lugubre. Le nuvole salendo e scendendo danzavano una ridda infernale, oscurandoci il panorama e tutto intorno rumoreggiava il tuono, in un angolo dell’arco, in una buca, vari crani e stinchi di antichi cameratani, aggiungevano allegria alla scena.

Presa una fotografia, per quanto lo permetteva l’oscurità, e in presenza della metà della popolazione che stava intorno guardando con rispettoso stupore, riprendemmo la ripidissima discesa, e giungemmo sotto una pioggia torrenziale, a Camerata nuova ultima tappa del giorno».


I due viaggiatori trovano sistemazione per la notte da un oste all’entrata di Camerata Nuova, e da qui ammirano ancora una volta il borgo in rovina di Camerata Vecchia. Così Coleman descrive il borgo in rovina:


«Intanto che si preparava uscimmo fuori, avendo cessata la pioggia, e rimanemmo letteralmente a bocca aperta allo strano e meraviglioso spettacolo che ci presentò di qui Camerata Vecchia, il paese in cui prima eravamo discesi. La sua forma si potrebbe quasi paragonare ad un fiasco cui si sia spezzato irregolarmente il collo; quando poi più tardi ci vedemmo sorgere dietro la luna, la scena era proprio degna della matita di Dorè».


Il racconto della giornata di viaggio termina non con un’immagine, come potremmo aspettarci dal pittore, ma con una nota più da musicista: l’ultimo ricordo della giornata è costituito infatti dai rumori, non tutti lirici, di Camerata:


«L’ultima cosa che ricordo è un concerto formato dal vento che ululava al di fuori, da una nenia malinconica di donne che cantavano “la passione”, e dallo stridere sordo e continuato di numerosi tarli che rosicchiavano le assicelle di faggio del tetto».

Per approfondire

Per la parte di inquadramento generale dell’area, il riferimento è Appennino Centrale, vol. I, di Carlo Landi Vittorj, edito dal Cai e dal Touring Club Italiano nella collana “Guida ai monti d’Italia”. Per informazioni generali sul Parco dei Monti Simbruini, si rimanda al sito www.simbruini.it


Per la descrizione dettagliata del sentiero Coleman e degli altri itinerari del Parco, si può consultare la Guida ai sentieri del Parco regionale dei Monti Simbruini, edita dall’Ente Parco nel 2004. Sempre edita dall’Ente Parco è la Carta escursionistica, in scala 1:50.000 (2002). Opere molto utili sono la guida di Stefano Ardito, A piedi nel Lazio. Vol. 1 (Edizioni Iter, Subiaco, 2002) e la guida di Duilio Roggero e Carlo Coronati, Simbruini, comprensiva di carta escursionistica in scala 1:25.000 (Edizioni Il Lupo, Sulmona, 2004).


Il testo scritto da Enrico Coleman, Escursione sui Simbruini 12-15 aprile 1881, in forma di relazione manoscritta ai soci della Sezione del Club alpino italiano, si può consultare presso gli archivi del Cai di Roma, in Via Galvani 10 (www.cairoma.it). Per un’introduzione alla sua attività artistica, si suggerisce il testo I pittori Coleman, di P. A. De Rosa e P. E. Trastulli, edito da Studio Ottocento (1988), corredato di una significativa antologia iconografica.

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Ad limina Petri

Passeggiate sull’antico confine tra Stato pontificio e Regno di Napoli