Le tappe dell’itinerario
L’itinerario
Da Bormio si raggiunge Santa Caterina Valfurva dove, all’ingresso del paese, s’imbocca la stretta stradina asfaltata che sale ripida in Valle dei Forni. Percorsi circa 6 km, poco prima di raggiungere il grande parcheggio dei Forni, si lascia l’auto nei pressi del rifugio Stella Alpina, in località Campécc' (2061 m). Di fronte al rifugio una stradina sterrata, segnalata, sale ripida nel bosco e ne esce alle baite di Pradaccio di Sotto (2175 m). Traversato il villaggio si volge a sinistra per visitare le due baite della località Giorz. Tornati sulla strada, con due successivi tornanti e una ripida salita su gradini e cemento, si raggiungono le cinque baite di Pradaccio dei Forni, o Pradaccio di sopra (2298 m), perfettamente allineate su un terrazzo, di fronte al panorama dei monti della Valfurva. Le baite meritano una visita attenta. Alcune sono ancora abitate e utilizzate per le attività agricole l’alpeggio e l’allevamento dei bovini di razza bruna alpina. Altre sono utilizzate come case di vacanza nei mesi estivi. Altre ancora sono ormai abbandonate. Le baite sono costruite con la tecnica del Càrden: mentre la parte inferiore è in muratura, quella superiore è interamente in legno, con incastro dei tronchi negli angoli. Nella baita si distribuiscono gli spazi abitativi e quelli su due piani destinati alla stalla e al fienile, con ingressi sfalsati che sfruttano abilmente la pendenza del terreno. All’esterno si rinvengono i depositi dei materiali, la legnaia e i baitelli per la refrigerazione del latte. Ingegnosa è la canalizzazione dell’acqua per l’irrigazione dei prati e l’abbeverata. Si torna assai rapidamente al rifugio sul percorso dell’andata, con un tempo complessivo dedicato alla passeggiata non superiore alle due ore. In alternativa l’Alpe Pradaccio è raggiungibile con un sentiero che proviene dall’albergo dei Forni. Volendo proseguire l’escursione, il lago della Manzina (2784 m) si propone come un ottimo obiettivo di visita.
Home -> L’Italia della pietra a secco -> Itinerari -> Lombardia
I Càrden dell’Alpe Pradaccio in Val Manzina
Una passeggiata faticosa ma breve, ci porta a visitare le belle baite dell’Alpe Pradaccio, sul percorso che dalla Valle dei Forni, in alta Valtellina, si dirama verso la valle Manzina. Le baite sono veri capolavori dell’architettura spontanea di montagna. Note anche con il nome di Càrden, queste baite sono edifici rurali, spesso antichi anche se restaurati di recente, costruiti su basi di pietra con tronchi di legno sovrapposti e incardinati a incastro angolare nell’estremità, utilizzati sia come dimore sia come stalle e fienili. Gli edifici sono sormontati da un tetto a due falde ricoperto da piote locali, lastre grezze ottenute dallo gneiss. Il nome deriva dalla forma dialettale chjardàn che vuol dire incastro, a sua volta originato dalla definizione latina di opus cardinatum, tecnica costruttiva che utilizzava travi lignee o tronchi grezzi, sovrapposti e incastrati negli angoli, così a formare un blocco autoreggente ed elastico. La tecnica costruttiva è nota anche con il termine tedesco Blockbau (costruzione a blocco). Tra le diverse tipologie dei Càrden possiamo distinguere i fienili semplici da quelli sovrastanti una stalla, gli edifici destinati alle attività rurali (cantina, casera, deposito attrezzi, locale per la macellazione e lavorazione delle carni), le dimore semplici a tutto legno o in legno su base di pietra e poi gli edifici compositi dove la parte residenziale convive con la parte destinata a fienile, a stalla e ad altre attività rurali.
L’Italia della pietra a secco
Passeggiate tra i monumenti dell’architettura spontanea
Per approfondire
Sul web è disponibile uno studio sintetico, dovuto a Tiziana Forni, sulla dimora rurale in Valtellina (www.cmsondrio.it/libri/libro_beniculturali_57_78.pdf). Il Museo della Via Spluga e della Val San Giacomo (Muvis), ha promosso il progetto dedicato alle “vie dei Carden” per la valorizzazione degli originali assetti urbanistici e dell’architettura rurale spontanea. Dal Medioevo la Valchiavenna e la Val San Giacomo (o Valle Spluga) erano in collegamento con la Mesolcina attraverso vari passi alpini permettendo alle popolazioni locali di avere per secoli importanti scambi e proficui contatti. Alle origini del progetto c’è una storia secolare di scambi commerciali, emigrazione, transumanze, contese per pascoli, di cui il carden diventa il simbolo culturale e luogo depositario della memoria storica. Per approfondire:
www.viedeicarden.it/.