Le tappe dell’itinerario

L’itinerario


Si esce da Ragusa in direzione ovest sulla via delle Americhe. Ad una rotonda s’imbocca sulla destra la strada provinciale per Chiaramonte Gulfi. Subito dopo il segnale del km 2, si devia a destra (cartello) su una stradina asfaltata che si percorre per 700 m. Si parcheggia nei pressi di una masseria (Case Celone), accanto al cartello turistico di Cava Celone. Pochi passi portano al cancelletto d’ingresso al sito archeologico (cartello), all’inizio della Cava. La “cava” è un valloncello che solca l’altopiano in direzione di Ragusa. Una larga scalinata di pietra (la scalazza) scende al torrente e lo varca su un ponticello di legno. Il sentiero prosegue poi lungamente a mezza costa, ben tracciato e protetto da una staccionata di legno. Sul bordo della cava, a sinistra, s’individua subito un elegante cippo a forma di cono, alto 1,20 m, costruito con pietre sovrapposte, probabilmente un segnale di confine.  Più avanti, a destra del sentiero, s’incrocia un’ampia tomba aperta da un ingresso trapezoidale. Un percorso complessivo di 650 m conduce alle catacombe: esattamente al termine della staccionata, scendendo verso il fondo, si scopre la vasta area cimiteriale scavata sui due versanti della cava. Le tre catacombe più importanti sono collocate in serie e sono accessibili tramite larghe aperture architravate dalla lastra rocciosa soprastante. Tre corridoi procedono verso il fondo dello scavo, aprendosi la strada tra le tombe a fossa del pavimento e i loculi delle pareti rocciose. Le gallerie di collegamento aumentano il fascino del complesso arricchendolo di arcosoli e di tombe a baldacchino. Una passerella di ferro agevola la visita dell’ipogeo più grande. Sul versante di fronte si vanno a visitare altri ipogei funerari, più piccoli ma altrettanto interessanti. Si può ora ritornare al punto di partenza e all’auto. Avremo impiegato 30 minuti tra andata e ritorno, più il tempo di visita alle catacombe. In alternativa è possibile continuare il percorso della cava su sentieri un po’ ingombri di vegetazione e scoprire alcuni edifici rurali che documentano la vita di un tempo dei pastori e degli allevatori.

Tornati sull’altopiano a piedi o in auto si prosegue sulla strada che s’inoltra tra i campi. Dopo 1,2 km si raggiunge un bivio, all’altezza di una grande stalla. Di qui i grandi “pagghiari” in pietra a secco sono già ben visibili. A sinistra è il gruppo di pagghiari a forma di piramide tronca. Si raggiungono facilmente seguendo per circa 300 m la strada di sinistra e infilandosi poi in una stradina campestre sulla destra. Il primo capanno ha incisa sull’architrave della porta d’ingresso la data di costruzione, il 1944. Ha un’elegante forma a tronco di piramide ed era originariamente un rifugio di pastori, con un piccolo vano interno capace di accogliere una o due persone. Negli immediati dintorni vi sono diversi accumuli di pietra (muragghi), dalla forma sempre molto regolare, che mettono in mostra una mirabile “tessitura” delle pietre delle pareti esterne.

Il pagghiaru più bello, a forma di cono, emerge al centro di un muretto di confine in mezzo ai campi sulla destra. Lo si raggiunge tornando alla stalla e seguendo la strada bianca di destra per circa 500 m, superando il muretto a secco e tagliando direttamente per i campi, oppure avvicinandosi ancora lungo la sterrata fino a un cancello. Ha un profilo ogivale, la base circolare e una progressione a gradoni verso la falsa cupola di pietra a secco. La porta è a sesto acuto. Era originariamente un ovile e si integrava con il vicino edificio di pietra destinato a stalla. Davanti all’ingresso, integrate col muretto di pietra, si trovano un pozzo e delle vasche di pietra per l’abbeverata. Sulla via del ritorno conviene osservare i magnifici muretti di confine dalla caratteristica copertura arrotondata, integrati in alcuni casi da lastre sporgenti di pietra (paralupi) con funzione di prevenzione delle intrusioni di animali selvatici e predatori.

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Itinerari

La pietra degli Iblei: Cava Celone a Ragusa

Il lungo viaggio nell’architettura spontanea italiana fa una tappa appassionante a Ragusa, in Sicilia. Questa terra che digrada dall’altopiano degli Iblei verso il mare ha modellato con il calcare un’autentica civiltà della pietra. Le testimonianze dei primi Siculi, dei Greci, dei Cartaginesi, dei Romani, dei Bizantini, dei Musulmani e dei Normanni raccontano la storia di Ragusa, città che è collocata alla stessa latitudine di Algeri e Tunisi e che è al centro dei rapporti tra l’Europa e l’Africa. Una storia che ha una brusca, tragica cesura con il distruttivo terremoto del 1693. La città si risolleverà e modellerà la sua pietra nei gioielli del barocco che oggi ammiriamo tra la vecchia Ibla risorta e la nuova Ragusa.

Il paesaggio “montano” ibleo che incornicia Ragusa ha due dominanti: la vasta piattaforma pianeggiante di pietra calcarea e le incisioni delle “cave”, il ramificato sistema nervoso idrografico che mette a nudo le ripide pareti rocciose. L’altopiano è intarsiato da una ragnatela infinita di muretti a secco che separano i fondi agricoli, i campi chiusi e i pascoli nati dalla divisione del feudo e dai contratti di enfiteusi. Il plateau, luogo degli insediamenti, delle strade di penetrazione e delle attività produttive, è punteggiato di masserie, cuore pulsante di tutte le attività agricolo-pastorali, affiancate da strutture in pietra a secco, talvolta veri capolavori di architettura spontanea, con funzione di ovili, stalle, ricovero di attrezzi, cisterne, pagliai, mangiatoie, aie, scolo dei liquami. Questa piattaforma pianeggiante sprofonda poi improvvisamente nelle Cave, vallecole e canyon scavati dai torrenti, stigma paesaggistico degli Iblei e patrimonio geologico dell’area. Qui il micro universo naturale, abitato dalle caratteristiche specie animali e vegetali, convive con le opere dell’uomo. Le cave sono percorse dalle trazzere, un sistema di tratturi e mulattiere che collega le fattorie pastorali e gli edifici rurali. Ai monumenti della pietra a secco si salda l’altro grande motivo di attrazione, il patrimonio archeologico delle tombe antiche, dei villaggi preistorici, delle necropoli, delle catacombe bizantine, delle fattorie rupestri, delle città greche e romane, che trova una sua sintesi nel Museo archeologico ibleo di Ragusa.

In questo contesto ricco di motivi d’interesse, proponiamo una passeggiata negli immediati dintorni di Ragusa, che ha per obiettivo la contrada Celone. Perlustreremo il paesaggio agricolo e pastorale alla ricerca dei tesori della pietra a secco, oggi vincolati dagli organi di tutela. E ci immergeremo nella Cava per scovare le belle catacombe delle comunità cristiane dell’epoca bizantina.

L’Italia della pietra a secco

Passeggiate tra i monumenti dell’architettura spontanea

Per approfondire

L’architettura spontanea dell’altopiano di Ragusa è studiata in alcuni recenti lavori di ricerca dovuti a Letizia Dipasquale (Manufatti in pietra a secco negli Iblei, 2010) e Paolo Tiralongo (Pietra su pietra – Architettura in pietra a secco degli Iblei, Ragusa, Argo, 2006). Una pubblicazione dedicata specificamente alla Cava di Celone, con ricco corredo fotografico, è consultabile online e scaricabile gratuitamente (www.sicilianticaragusa.it/cava_celone.html).

Il progetto Archæotur promuove un circuito turistico integrato Sicilia-Malta, con lo scopo di recuperare e valorizzare il patrimonio archeologico delle due isole. Grazie al progetto sono stati valorizzati i siti ragusani di Cava Celone, Cava d’Ispica e Cava San Leonardo, le catacombe delle Trabacche, di Donnafugata e di Cisternazzi (www.archaeotur.eu).