Per approfondire
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Uno studio rigoroso di Norchia medievale è dovuto a Dina Moscioni ed è pubblicato nel volume di Elisabetta De Minicis, Insediamenti rupestri medievali nella Tuscia (Roma, Kappa, 2003). L’opera di George Dennis dedicata a The Cities and the Cemeteries of Etruria (London, 1848) è liberamente disponibile nel web nel sito http://penelope.uchicago.edu/. Itinerari escursionistici a Norchia sono pubblicati nelle guide scritte da Giovanni Menichino (Escursionismo d’autore nella Terra degli Etruschi – Viaggio nella Maremma laziale, Laurum, Pitigliano, 2008) e da Stefano Ardito (A piedi nel Lazio, volume 3, Iter, Subiaco).
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Norchia etrusca e medievale
Il fascino di Norchia è innegabile. Le guide escursionistiche ne esaltano le forme del paesaggio. «Sulle pareti scoscese si ergevano, tra forre e dirupi selvaggi, nell’isolamento più completo, le affascinanti necropoli. Suggestione, meraviglia, solennità e mistero ne fanno la necropoli rupestre più spettacolare d’Etruria e d’Italia (Giovanni Menichino)». «Se l’intera zona delle necropoli rupestri stupisce per i suoi silenzi, i suoi panorami, il suo intreccio tra archeologia e natura, non è eccessivo dire che Norchia è il luogo dove tutto questo è portato all’estremo (Stefano Ardito)». Le descrizioni dei suoi esploratori tendono al lirico. George Dennis l’aveva visitata nel tardo autunno del 1842 e scrive che «il silenzio e la solitudine, gli alberi ormai spogli, lo stillicidio dell’umidità raggelano l’umore dei viaggiatori, pronto però a rianimarsi alla vista di un gregge di pecore rinchiuso in uno stazzo fangoso e al fumo del focolare del pastore che sale da una grotta vicina, che invita a un agio selvaggio». E si domandava, un po’ retoricamente, «come si possano dimenticare quelle profonde valli dintorno, strette, lunghe e sempre immerse nell’ombra, quel silenzio spezzato soltanto dal mormorio del torrente o dallo strido di un falco, quei luoghi solitari dove spuntano le solenni testimonianze di un popolo antico e misterioso, quei monumenti sfarzosi eretti per perpetuare la memoria di un defunto e che oggi beffardamente resistono intatti mentre la memoria dei loro antichi inquilini è svanita nei secoli». Oggi è certamente più semplice avvicinarsi a Norchia. Le auto hanno sostituito i “rude vehicles” dei tempi di Dennis. Ma lo stato di “utter desolation” che Dennis rilevava a Norchia due secoli fa deprime anche il visitatore di oggi che ne osserva malinconicamente l’abbandono dei sentieri, il vandalismo delle strutture, l’assenza di informazioni, i divieti (e i rischi) del confinante poligono di tiro dell’artiglieria e della base logistica dell’Esercito. Consci di questi limiti l’itinerario propone un percorso di base che collega la necropoli etrusca, i monumenti del villaggio medievale e le grotte dell’insediamento rupestre; restano tagliate fuori emergenze altrettanto importanti ma di più difficile accesso.
L’itinerario
Norchia occupa uno sperone tufaceo stretto e allungato, dalla caratteristica forma a clessidra, inciso dal fiume Biedano a ovest e dal fosso di Pile a est. L’istmo centrale, dominato dall’antico castello, separa in due parti il pianoro sommitale. L’insediamento rupestre occupa le pareti della rupe che scendono verso il Biedano. Le tombe etrusche sono invece a est sulla parete che fronteggia la rupe e che scende sul fosso di Pile. Dalla Via Cassia, all’altezza di Vetralla, si segue la strada per Monte Romano fino al Casale Cinelli dove si trova il bivio per Norchia. Lo stesso posto si raggiunge al termine provvisorio della superstrada che collega Viterbo a Civitavecchia. Un tratto asfaltato di sei km termina in un piazzale che funge da parcheggio. A piedi si traversa un campo recintato di filo spinato fino ai cartelli turistici. Qui ci si affaccia sul fosso di Pile nel quale ci si cala lungo la ripida e difficoltosa discesa, aiutata da alcune ringhiere metalliche, che traversa la fascia delle tombe etrusche. Dalla successione dei terrazzini si osservano le facciate imponenti delle tombe a dado con i fregi, le sagomature, le cornici a sbalzo, i resti dei portici e le finte porte dell’aldilà. Scendendo le scale dei dromos si raggiungono le camere sotterranee che ospitavano i defunti. Se si salgono le scalinate a fianco delle facciate, si raggiungono le terrazze ove si svolgevano le libagioni e i pasti rituali in onore del morto. Alcuni cartelli segnalano le tombe più importanti, come la “prostila”, “delle tre teste”, “a camino”, “Ciarlanti”, “Smurinas” e “Vel Ziluse”. Al termine della discesa si trova la tranquilla strada sterrata che fiancheggia il fosso di Pile. Percorrendola sulla destra (nord) si scoprono altre tombe e si trovano in successione tre ponticelli, in pessime condizioni, che scavalcano i fossi. Superato il fosso sul primo ponte, con una diagonale sulla sinistra si ascende la rupe e se ne raggiunge la sommità nei pressi delle rovine del castello. A sinistra è il sentiero che percorre il tratto meridionale del plateau e raggiunge un colombario, i resti di una chiesetta dedicata a San Giovanni e il fossato etrusco. A destra si traversa una magnifica grotta a doppio ingresso e con un pilastro centrale che forse costituiva il corpo di guardia a servizio del castello. Uno stretto sentierino s’inerpica alla base delle antiche mura castellane e traversa il pianoro con magnifica vista sulla piana di Monte Romano, sede del poligono di artiglieria. Pochi passi conducono alle spettacolari rovine della chiesa medievale di San Pietro. Le tre absidi, ancora in piedi, dominano la zona del presbiterio, la cripta e l’aula, ancora ben riconoscibili. Sul retro della chiesa ci si abbassa in direzione del fiume Biedano per visionare alcune interessanti grotte dell’antico villaggio medievale, utilizzate sia come abitazioni che come stalle. Dal fronte della chiesa si raggiunge rapidamente l’antica porta di accesso da nord al pianoro, collegata al sistema di mura difensive. La Via Clodia (o la sua variante che attraversava la sommità della rupe) scende in trincea verso il Biedano, costeggia le grotte, traversa il fiume, s’infila in una profonda via cava e prosegue verso Tuscania. Il crollo delle pareti della trincea non consente oggi di seguire il percorso della Via Clodia. Restano però visibili e visitabili le prime grotte del sistema abitativo rupestre. Una seconda stradina che esce dalla Porta di Norchia, compie un elegante semicerchio nel tufo e scende a traversare il fosso di Pile sul secondo malandato ponticello. Se si prosegue verso sinistra, si supera una successione di fossi (il terzo ponticello è semidistrutto) e si va con difficoltà verso le tombe a tempio, dette anche doriche, che fasciano il fosso dell’Acqualta. In alternativa si torna sul percorso dell’andata che risale la parete, traversa il campi e riporta al parcheggio.
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