Il parco della rupe di Sutri
Il parco della rupe di Sutri
Superlativa Sutri. Superlativa come quell’aggettivo di «antichissima» che fa da corredo alla città nella denominazione del Parco che la tutela. Sutri è superlativa soprattutto perché riesce ad offrire insieme un mélange di tutti i possibili motivi d’interesse che emozionano sia il turista smaliziato sia il pellegrino post-moderno che percorre a piedi la più famosa delle Vie Romee. Il bouquet sutrino comprende il borgo medievale sul colle, le mura con le antiche porte, le chiese e i palazzi, la Via Francigena, una necropoli monumentale, le vie cave degli etruschi, una rupe di tufo circondata da un villaggio rupestre, un anfiteatro scavato nella roccia, un acquedotto sotterraneo, il castello di Carlo Magno, le catacombe di San Giovenale, la chiesa rupestre affrescata, il mitreo, la villa patrizia sulla rupe, il bosco sacro, fossi pittoreschi, boschetti di noccioli e castagni. A Sutri si arriva velocemente da Roma con una volata in auto sulla Via Cassia. Oppure con il passo lento del pellegrino che arriva da Capranica lungo l’appartata valle del torrente Mazzano. In entrambi i casi una sosta prolungata e l’attenta perlustrazione dei luoghi sono il solo modo di rendere onore al Parco regionale urbano dell’antichissima città di Sutri.
L’itinerario
La necropoli monumentale di Sutrium è la più accessibile dell’Etruria perché scorre parallela alla Cassia, ben visibile dai finestrini delle auto che sfrecciano sulla consolare. La visita può iniziare qui, percorrendo in lieve discesa il vialetto sul quale si affacciano le sepolture. Scavate nel fianco di un banco tufaceo, anche su più piani, le tombe portano l’impronta dei picconi falisci, etruschi e romani ed esibiscono una grande varietà di forme. Nel corso del tempo la parte bassa della necropoli si è interrata e le stanze funebri sono state modificate e riutilizzate come stalle o rimesse agricole. Ma una sessantina di tombe restano ancora leggibili. Le più appariscenti presentano un ingresso monumentale scolpito a tempio, con colonne e timpano incisi nel tufo e un vano d’ingresso che anticipa la stanza delle sepolture. Dominano le nicchie sormontate da timpani o archetti e le tombe ad arcosolio con l’urna sormontata da un arco. Accanto alle tombe ad inumazione si osservano i colombari destinati ad accogliere i vasi cinerari. Non mancano gl’incavi dove venivano incastrati i pinakes dei defunti e i quadretti votivi alle divinità infere. Al termine della necropoli il vialetto supera il torrente Mazzano e si dirige verso la rupe boscosa di fronte. E qui la sorpresa. Un anfiteatro ellittico è stato scavato nel tufo, come un grande catino al centro di alte pareti di roccia. Poteva ospitare fino a cinquemila spettatori appassionati di giochi gladiatori e di venationes con gli animali feroci. L’usura del tempo ha mangiucchiato e talvolta perfino levigato le gradinate, ma la galleria del deambulacro anulare è tuttora praticabile con le dieci porte d’accesso all’arena. Merita anche salire le scalinate che danno accesso ai piani alti del complesso. Usciti dal fotografatissimo anfiteatro si va a sinistra sul piacevole prato che separa il Parco della rupe dal colle di Sutri. La base della rupe mostra qui una nuova serie di profonde cavità originate da antiche tombe e poi riadattate a strutture di servizio del borgo medievale. Vi sono gli stabulari per la custodia notturna degli animali da lavoro, le rimesse agricole per il lavoro sui campi, le calzolerie e i laboratori per le diverse attività artigiane, le locande e gli spartani ostelli per l’accoglienza dei pellegrini, le guarnigioni per i militari di presidio. A destra si trova un parco giochi, un’area picnic e il centro di servizi del Parco collocato nella chiesetta sconsacrata di San Giovanni del Tempio appartenuta ai Cavalieri di Malta. Continuando il periplo della rupe si giunge al suo recesso più segreto. È un’antica necropoli rupestre. In epoca romana le tombe furono sfondate e riassemblate a comporre un mitreo ipogeo, una cripta dedicata al culto del dio Mitra. In epoca medievale il complesso fu cristianizzato e consacrato al titolo della Madonna del Parto. Un recente restauro ha dovuto fronteggiare i danni provocati dall’umidità e ha salvato uno degli affreschi più famosi dedicati al pellegrinaggio alla grotta dell’arcangelo Michele sul monte pugliese del Gargano. La luce soffusa all’interno della chiesa rivela tre strette navate separate da una doppia fila di pilastri scavati nel vivo della massa rocciosa. In fondo alla chiesa, nell’abside, è dipinta la Madonna dopo il parto con il bambino in fasce nella culla. Usciti dalla chiesa rupestre si segue la strada che sale ripidamente sulla cima del colle di San Giovanni, occupata dalla villa Savorelli, dalla chiesa di Santa Maria del Monte, da un edificio medievale e da un rigoglioso e pittoresco parco di lecci, definito come un Bosco sacro. La villa Savorelli ha la facciata principale orientata verso un giardino all’italiana e il retro che si prolunga nel parco con un ponte ad archi. Un sentiero-natura esplora la vegetazione (il prato, il corbezzolo, l’alloro, il leccio) e la fauna (lo sparviero, il picchio e la ghiandaia) del parco. Ma l’attrazione maggiore è la terrazza che si affaccia dall’alto sul maestoso catino dell’anfiteatro. Ridiscesi alla base della rupe se ne continua il periplo aggirando uno sperone roccioso, sorvegliato da una feritoia del castello cosiddetto di Carlo Magno. Si apre ora uno spazio aperto bordato a sinistra da una lunga fila di grotte e a destra dal torrente Mezzano con la sua vegetazione fluviale. In questo tratto l’antico villaggio rupestre testimonia il suo rapporto con l’acqua. Va osservato, ad esempio, che le grotte sono collegate da un lungo cunicolo che derivava l’acqua del torrente e la convogliava a servizio delle stalle e del mulino. In una cavità si può ancora osservare la chiusa meccanica che consentiva l’irrigazione dei campi vicini. E sono ancora visibili le mole movimentate dall’acqua per la produzione di farina da granaglie. Le grotte mostrano ancora la loro origine tombale, con baldacchini, colombari e nicchie; altre grotte mostrano invece i riadattamenti a stalle, cantine, depositi e abitazioni. Notevole è la ripida scalinata nel tufo che collega il borgo sul colle di San Giovanni con le sue dépendances sottostanti. Completato il giro della rupe e tornati all’anfiteatro, conviene ora imboccare il sentiero definito “storico – archeologico ambientale”. Il percorso segue la base del colle Bono e il torrente Mazzano. Sulla destra si alternano boschetti, vegetazione riparia e pascoli. Sulla sinistra scorrono alcune rimesse agricole ingegnosamente costruite tra le rocce, seguite da antiche tombe in seguito allargate e riutilizzate, oggi affiancate da un’area picnic. Qui si cela un nuovo inaspettato tesoro della civiltà rupestre: due sinuose vie cave, praticamente parallele, scavate nel tufo del colle Bono. Le due tagliate viarie risalivano il colle tra alte pareti rocciose e collegavano probabilmente gli insediamenti di Sutri e di Blera. Percorrerle oggi dà ancora una forte emozione quando si osservino le tracce dello scavo, i basoli originali, le tombe a nicchia sulle pareti, la copertura vegetale, i massi crollati. Il sentiero termina infine sulla strada. Qui si va a destra passando alla base del colle Francocci e della torre di San Paolo, ormai in vista di Sutri e della Via Cassia.
Per approfondire
Una conoscenza più approfondita di Sutri può alimentarsi con la pubblicazione di Chiara Morselli (Sutri, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1991), il volume di Pietro Cimino (Sutri – Cronache e storia, Comune di Sutri, 2012) e con lo stesso sito istituzionale del Comune di Sutri
(www.comune.sutri.vt.it), ricco di testi descrittivi sulla città e sul Parco urbano.
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