Il villaggio nella gravina di Riggio

Grottaglie promuove la sua immagine come città dell’arte della ceramica, ma già nel nome richiama lo stigma del suo territorio: il sistema di gravine intorno all’abitato che custodisce villaggi rupestri, cripte e santuari ipogei, case e opifici in grotta, cave e cisterne. Sull’ultimo gradino della Murgia ad est di Taranto, ai piedi del Castello Episcopio, si diramano la gravina di Riggio, la lama e la cava di Fantiano, la gravina del Fullonese e la Lama dei Pensieri. L’escursionista può così andare alla scoperta dei numerosi insediamenti trogloditici e dei centri demici medievali: il villaggio di Casalpiccolo con le sue venti grotte e la chiesa rupestre, il villaggio del Fullonese con la chiesa dei santi Pietro e Paolo, il calvario scolpito e l’ospizio dei pellegrini, il villaggio terrazzato di Fantiano. L’itinerario che proponiamo esplora però l’habitat rupestre che ci pare più interessante per lo stato di conservazione e per la varietà degli ambienti vitali visibili, quel villaggio di Riggio che fu abitato fino alla fine del Duecento e che secondo la tradizione fu all’origine della città di Grottaglie.

L’itinerario


Si esce da Grottaglie sulla strada per Martina Franca. Poco fuori l’abitato, ad un bivio all’altezza di alcune villette, si svolta a sinistra, seguendo le indicazioni per la gravina di Riggio. Dopo 2 km, superata la curva a sinistra, si parcheggia nello spazio protetto da un cancello di ferro sempre aperto. L’inizio della gravina di Riggio è a pochi passi, dove il terreno argilloso cede il passo al tufo e l’acqua s’incanala in un percorso tortuoso che si conclude in un salto verticale di 15 metri. Pur se l’accesso al fondo è possibile in più punti (sono necessari comunque un minimo d’attenzione e calzature adeguate) si suggerisce di seguire fedelmente il panoramico sentiero sul bordo destro della gravina, segnato pure da una strada sterrata che conduce ad una masseria. L’inizio è subito emozionante. Sul versante opposto spicca un grande complesso rupestre, che occupa tutta la parete della gravina, ordinato su più piani con ampie terrazze, noto come la “casa fortezza”. Brevi sentierini di raccordo collegano il bordo della gravina a cavità dotate di finestre aperte sul vuoto, chiamate “vedette”. Più avanti una magnifica trincea gradinata scende in un ampio appartamento dotato di colonne e finestre. A un’ansa della gravina, un sentierino conduce al “cavernone”, una grande cavità con un foro nel tetto, parzialmente chiusa da un  muretto a secco, che era forse un ovile attrezzato anche per la lavorazione del latte. Di nuovo sull’opposto versante, al centro della parete, in posizione apparentemente inaccessibile, una serie di “occhi” neri segnala quattro abitazioni bicellulari a schiera identificate fantasiosamente come il “cenobio” o le celle di un monastero. Un’elegante scalinata in trincea ci porta ora un ambiente molto ampio che funzionava da colombaia: un centinaio di nicchiette ospitavano i piccioni, preziosa risorsa dell’economia domestica degli abitatori delle grotte, dei quali si utilizzava praticamente tutto: uova, carne, piume e guano. Affiancati alla colombaia sono altri ambienti rupestri, nell’ultimo dei quali si aggira un tetto parzialmente crollato sul vano sottostante. Tornati in superficie, si raggiunge l’area della masseria, in coincidenza con un cambio di direzione della gravina. Si attraversa una vasta area di cava, dove con i caratteristici blocchetti squadrati di tufo destinati al taglio e all’impiego nell’edilizia. Molto curioso è un profondo pozzo a sezione rettangolare scavato nel tufo che scende in un locale sottostante. Si scende ora in una serie di ambienti destinati ad attività produttiva e in particolare alla spremitura delle olive. Il tufo è qui molto friabile, quasi sfarinato, e assume forme fantasiose modellato dall’acqua e dal vento. Un sentiero conduce sul fondo della gravina, ormai al suo sbocco in pianura a nord-ovest di Grottaglie. Sotto la masseria di fronte, sul “greppo” orientale, si trovano due chiese rupestri senza nome con alcuni affreschi.

L’itinerario si sviluppa per meno di un km di lunghezza e richiede 1,5-2 ore di tempo per una visita completa ai diversi ambienti. Il ritorno è ovviamente molto più veloce. Si ricorda che la gravina è di proprietà privata e che la visita è gentilmente concessa, ma che è necessario rispettare i luoghi attraversati. Ripulita in passato, la gravina meriterebbe qualche nuovo intervento di decespugliamento e una cartellonistica sobria ma utile a capire la natura degli ambienti visitati.

Per approfondire

Alla Gravina di Riggio è dedicato uno studio di Pietro Parenzan pubblicato nel 1995. Più recente è uno studio di Angelofabio Attolico e Maristella Miceli presentato al secondo convegno nazionale di studi sugli insediamenti rupestri di età medievale nell’Italia centrale e meridionale. In rete un’ampia descrizione delle gravine di Grottaglie è reperibile all’indirizzo www.terredelmediterraneo.org/itinerari/gravina_riggio.htm.

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