Il villaggio ipogeo di Petruscio
Il villaggio ipogeo di Petruscio
Siamo a Mottola, un’area di insediamenti rupestri tra le più apprezzate del Parco delle Gravine. Stando alla tradizione, la gravina di Petruscio prenderebbe il nome dall’apostolo Pietro che evangelizzò la zona negli anni tra il 42-45 al ritorno da Antiochia per Roma. E sempre secondo la tradizione il villaggio trogloditico di Petruscio sarebbe stato scavato e abitato dai profughi di Mottola, distrutta dai Saraceni nell'847; sarebbe stato poi abbandonato dai suoi abitanti alla fine del XII secolo. Oggi il villaggio di Petruscio, pur martoriato dai crolli e dalle alluvioni e riconquistato dalla vegetazione naturale, consente ancora di leggere le caratteristiche di un borgo medievale, con le case a schiera disposte su più piani sui fianchi della gravina, comunicanti tra loro e collegate da un reticolo di strade e pedagne. Il villaggio comprendeva le grotte residenziali, abitate sia dagli uomini che dagli animali, e i complessi produttivi, le chiese, gli spazi comuni e i magazzini. L’acqua, quella piovana raccolta nelle cisterne e quella del torrente che scorre sul fondo della gravina, era la risorsa più importante. E non mancavano le strutture di avvistamento e difesa.
L’itinerario
Da Mottola si segue la strada (ex statale 100) che scende alla stazione ferroviaria e che si accosta al lato occidentale della gravina. All’incrocio con la strada per Palagianello un pannello sulla sinistra e un’area di accoglienza segnalano l’accesso al villaggio di Petruscio. Il sentiero segue il bordo della gravina e il sedime della vecchia strada carrabile che collegava lo Jonio all’Adriatico. Se ci si affaccia sulla gravina si apre subito lo spettacolo impressionante degli strati rocciosi dell’opposto versante aggrovigliati a una vegetazione intraprendente e rigogliosa, dove occhieggiano decine di grotte e ripari sotto roccia. S’incontrano i ruderi della Torre di Petruscio, che aveva funzione di controllo e sorveglianza degli insediamenti. Continuando in lieve discesa si raggiunge una seconda area di sosta e picnic. Qui si può iniziare la discesa sulla ripida pedagna, una scala dai gradini modellati sulla forma dei piedi, protetta da un mancorrente di legno. Si raggiunge così una cengia rocciosa, comoda da percorrere, che s’inoltra nel vivo della macchia. Pochi passi portano sul pianerottolo della Casa dell’Igùmeno, una villetta rupestre a due piani con gli appartamenti di servizio a piano terra e la residenza familiare al piano nobile. All’esterno si osservano le strutture di servizio: la vasca per lavare i panni, la cisterna a campana con le canalette per la raccolta dell’acqua piovana, l’abbeveratoio e la mangiatoia per gli animali. La grotta ha un pilastro centrale che separa lo spazio della stalla dagli spazi della vita familiare. La stalla è dotata delle risorse necessarie, tutte scavate nella roccia: il deposito del fieno, la nicchia degli attrezzi, la fossa dei liquami, le recinzioni per gli asini. Nell’abitazione si riconoscono la cucina-focolare, le alcove con i fori dei pali che sostenevano i letti, le nicchie-armadio per la dispensa e il vestiario. Si sale con qualche difficoltà al piano nobile dove le porte di accesso sono ad arco, in stile romanico. L’appartamento residenziale si sviluppa su quindici metri di lunghezza ed è articolato nei diversi ambienti della cucina, della dispensa, dei depositi e del riposo. A pochi passi dalla casa dell'Igumeno è la cosiddetta Cattedrale, una grande chiesa rupestre a una navata, divisa da due pilastri ad arcate formanti una iconostasi.
La cengia sottostante, accessibile dall’appartamento di servizio attraverso un varco roccioso, ospita un buon numero di grotte residenziali, tutte visitabili e dotate di cisterne per l’acqua e le granaglie. È anche possibile scendere verso il fondo della gravina per guadare il torrente e risalire l’opposto versante. Non è facile proseguire ulteriormente nell’esplorazione della gravina e del suo villaggio. Le alluvioni dei primi anni del Duemila hanno ingombrato i sentieri di materiali, quando non li hanno cancellati. La vegetazione è ritornata padrona. Ma i lavori di ripulitura di fine 2012 consentono di vedere l’essenziale.
Per approfondire
Il sito istituzionale della città di Mottola
(www.comune.mottola.ta.it) contiene un ampio dossier storico sulla gravina di Petruscio, utilissimo per la visita e lo studio dell’area. Tra i numerosi siti specializzati si segnalano www.perieghesis.it dedicato alla storia del paesaggio agrario nel Tarantino, e www.parcogravine.it dedicato al parco naturale regionale Terra delle Gravine. Franco Dell’Aquila ha pubblicato L’insediamento rupestre di Petruscio (Editrice Ecumenica, Cassano, 1974), con i rilievi delle grotte del villaggio. Petruscio è ad accesso libero. Le visite guidate vanno concordate con l’Ufficio turistico di Mottola (Viale Jonio, tel. 099-8867640-8866948).
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