Le chiese rupestri di Mottola e il Casalrotto

Dall’alto del suo colle Mottola domina un territorio rugoso nel quale si annidano villaggi rupestri e chiese affrescate. Lame e gravine scendono verso la pianura e il mare scontrandosi con la prepotenza delle moderne infrastrutture. La ferrovia, le strade, l’acquedotto, le cave, attraversano le gravine e mettono a rischio l’esistenza dei casali e la stabilità delle fragili cripte. Eppure una convivenza rispettosa tra nuovo e antico, seppur sempre provvisoria, va necessariamente ricercata, con l’obiettivo di valorizzare il paesaggio dell’arco ionico tarantino, di ridurre le criticità e di proteggere il suo delicato sistema ambientale e una struttura antropica e storico-culturale di assoluto valore internazionale. Quest’insieme di brevi passeggiate – da compiere con l’assistenza delle guide turistiche abilitate – è assolutamente piacevole e gratificante. Si va alla scoperta di tre magnifiche chiese rupestri – Sant’Angelo, San Nicola e San Gregorio – giustamente famose ma altrettanto difficili da scovare nelle vallecole e negli anfratti che le occultano. La chiesa di Sant’Angelo è inserita nel villaggio rupestre di Casalrotto, in una lama che non ha la grandiosità del vallone di Petruscio ma che si rivela altrettanto interessante.

L’itinerario


Il punto di partenza è l’ufficio turistico all’ingresso di Mottola, luogo d’incontro con la nostra guida, di pagamento del modesto ticket e di consegna delle chiavi d’ingresso alle cripte. In auto si aggira la rotonda stradale e si scende lungo la Via Salvador Allende (ex statale 100) per 4 km fino all’ingresso turistico della gravina di Petruscio, dov’è un bivio. Qui si va a destra in direzione di Palagianello per altri 4,7 km e si parcheggia all’altezza della grande Masseria Casalrotto. I cartelli turistici introducono all’area della chiesa di Sant’Angelo, scavata in uno spalto della lama di Casalrotto. Il doppio ingresso della chiesa, abbastanza anonimo, non eccita particolari emozioni, ma è il suo interno che stupisce per l’originalità della concezione e dello scavo. La chiesa si sviluppa infatti su due piani ipogei sovrapposti, collegati da una scala. Il piano superiore ha tre navate e tre absidi decorate, separate da pilastri e dai resti di un’iconostasi. L’abside centrale ha il fondo piatto e l’altare di tipo latino. Le absidi laterali sono invece concave e contengono i monconi di altari di tipo greco. Una vasta galleria di dipinti fascia le pareti, gli archi e le calotte absidali, quasi un «Pantheon del santorale rupestre», come direbbe Fonseca. Numerosi i soggetti originali. Come una delle due Deesis, dove un San Giacomo con la scarsella e la conchiglia del pellegrino sostituisce il Battista nel ruolo di intercessore. O l’aquila nera che artiglia un libro e si libra in un tondo nel soffitto vicino all’ingresso, a simboleggiare l’evangelista Giovanni. O il cherubino dalle ali rosse che accompagna in volo la scena del giudizio del Cristo parusiaco. Curiosa è la scena del battesimo nel Giordano, dove i pesci di fiume nuotano intorno alle gambe del Cristo. Sui gradini si scende al cupo piano inferiore dove si materializza un’altra chiesa a tre navate divise da due pilastri, che riproduce in scala ridotta quella superiore. Sul pavimento sono scavate cinque tombe, distribuite in modo random, che suggeriscono una destinazione della chiesa a cappella funeraria. Gli affreschi sono molto meno numerosi e più rovinati. Va almeno citata l’immagine di San Pietro raffigurato con la barbetta nera, le chiavi in mano e il cartiglio che riproduce la sua confessione di fede «Tu sei Cristo, figlio del Dio vivente». Usciti dalla chiesa conviene dedicarsi all’esplorazione dell’insediamento rupestre del Casale Ruptum medievale distribuito nella lama sottostante e tagliato in due dalla strada. Prossimo alla chiesa è l’antico monastero, una vasta struttura aperta da una porta ad arco e articolata in una successione di celle, ricca di particolari abitativi (mensole, giacitoi, attaccaglie, lucernari, nicchie) e con i segni di un successivo riutilizzo come stalla. Al di là della strada, la Masseria sorveglia una necropoli medievale e la teoria di grotte disposte a schiera e distribuite sui due versanti della lama. Ogni  grotta ha il suo giardino-orto protetto da muretti in pietra a secco e comunica con il resto dell’insediamento grazie a sentierini e scalette. Ripresa l’auto si torna indietro di pochi metri. All’altezza di un arco in pietra e dei segnali turistici si possono visitare altre due chiese rupestri dedicate a San Cesario e Santa Apollonia. Al successivo bivio ben segnalato si va destra in direzione sud verso la chiesa di San Nicola. Facendo attenzione ai segnali si percorrono 2,5 km e dopo aver sottopassato la ferrovia si parcheggia all’inizio del vialetto del “percorso botanico” che torna verso la massicciata della ferrovia e devia a sinistra in direzione di una gravinella. L’ingresso di San Nicola si lascia vedere solo all’ultimo momento. La chiesa è giustamente famosa per la sua perfetta architettura bizantina, per l’accuratezza della sua fattura e per la qualità degli affreschi, tanto da essere definita, con enfasi forse eccessiva ma comunque motivata, «Cappella Sistina della civiltà rupestre». L’aula (naos) è divisa dai pilastri in tre navate, di cui la centrale ha dimensioni doppie rispetto alle laterali. La sua destinazione ai fedeli è resa evidente anche dai lunghi sedili in pietra che corrono alla base delle pareti e intorno ai pilastri. L’iconostasi stacca nettamente il presbiterio (bema) dall’aula e dà accesso all’altare e all’abside principale, fiancheggiata dalle due absidiole destinate consuetudinariamente a Prothesis e Diaconicon. Nell’abside centrale campeggia una magnifica immagine del Cristo Pantocrator, affiancato dagli intercessori Maria e Giovanni Battista. Ricco e originale è il santorale, con le immagini di San Giuliano Ospitaliere e Parricida, Santa Lucia, Santa Pelagia di Antiochia, San Basilio, San Lorenzo e, ovviamente, San Nicola. Da segnalare è la rara immagine della Madonna con il bambino Anapeson, insonne al pensiero del suo destino salvifico. Diverse sono le allusioni al giudizio finale e al cielo: oltre alla Deesis, vanno citate le due immagini di Michele, l’arcangelo Archistrategos, a capo delle milizie celesti in lotta contro il drago infernale; la rara raffigurazione della parabola delle vergini stolte e delle vergini prudenti; la visione del cielo del protomartire Stefano; la scena del transito di San Giovanni. La chiesa di San Nicola è un autentico compendio teologico, vivificato dalle sapide storie dei santi. L’apprezzamento degli antichi pellegrini è testimoniato dalle immagini dei donatori offerenti, dalle croci e dai graffiti (come quello del cavaliere che scaccia i lupi). Fuori dalla chiesa è un vasto ambiente di servizio. Attraverso una trincea gradinata si scende sul fondo della gravina di San Nicola, alla scoperta delle grotte del vecchio insediamento rupestre collegato alla chiesa.

Sulla via del ritorno, proprio all’ingresso di Mottola e sul fianco della strada, si scende a visitare la chiesa di San Gregorio, inserita in un esteso complesso grottale. La chiesa è a croce greca con tre navate e tre absidi semicircolari a fondo concavo. Di gran pregio sono i quattro grandi pilastri posti su basi circolari e sormontati da capitelli quadrangolari. Nella calotta dell’abside campeggia un dipinto importante, il maestoso Pantocratore rappresentato benedicente e a mezzo busto, con il viso mesto, incorniciato dai lunghi capelli ondulati e dalla barba a due punte. Ne viene suggerita la somiglianza con l’omonimo mosaico del Duomo di Monreale.

Per approfondire

Il sito istituzionale della città di Mottola

(www.comune.mottola.ta.it) contiene un ampio dossier storico sugli insediamenti di Casalrotto e sulle le chiese rupestri, utilissimo per la visita e lo studio dell’area. Le visite guidate vanno concordate con l’Ufficio turistico di Mottola (Viale Jonio, tel. 099-8866948; e-mail:

ufficioturistico@comune.mottola.ta.it). Il nostro itinerario si è giovato della competenza della guida Maria Grottola (349-3269302). La bibliografia scientifica è molto ampia e coinvolge i maggiori studiosi dell’habitat rupestre pugliese. Ci limitiamo pertanto a segnalare l’opera su Casalrotto 1: la storia, gli scavi curata da Cosimo Damiano Fonseca (Galatina, Congedo, 1989).

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