Il castello rupestre di Sperlinga
Il castello rupestre di Sperlinga
La morfologia tipica del rupestre siciliano si modella sui ddieri e i villaggi trogloditici scavati sulle pareti sprofondanti delle antiche valli fluviali degli Iblei. Ma questa morfologia subisce a Sperlinga un’improvvisa, inaspettata metamorfosi. Una grande lama di roccia arenaria spunta dal terreno e si slancia ardita come una vela verso il cielo. I fianchi della rupe sono bucherellati di grotte, abitazioni, finestre e balconi. Le fanno corona i merli di un castello medievale, una fortezza scavata nelle viscere della rupe che slancia la sua torre sulle fondamenta delle caverne sommitali. Se è vero il detto “nomen omen”, non stupisce che l’origine del nome Sperlinga sia nel greco spelaion e nel latino spelunca, e cioè grotta. Questo spettacolare risultato dell’opera della natura e della fatica della storia è incastonato in un paesaggio amplissimo e semisconosciuto, abbracciato dalle catene montuose delle Madonie, dei Nebrodi e degli Erei e dal tappeto verdissimo della riserva naturale del Bosco di Sperlinga.
L’itinerario
Sperlinga è in provincia di Enna, non lontana da Nicosia. Un tempo era esclusivamente una fortezza (“inespugnabile”, come ricordano con un certo orgoglio e con dovizia di memorie storiche le guide locali), posta su un ciclopico sasso grigio a presidio militare di un territorio diviso in undici feudi. L’itinerario assume la forma di una progressiva ascensione alla rocca. Si parte dalle case del borgo costruito dopo il 1597 dal principe Giovanni Forti Natoli grazie all’autorizzazione della licentia populandi, una sorta di concessione edilizia del tempo. Le case incorporano le grotte preesistenti e si fondono con le antiche mura difensive poste a protezione del castello. Le stradine diventano progressivamente più ripide e s’inerpicano verso l’incombente fortezza. Alcune piazzole consentono un momento di sosta gradita e utile per osservare la transizione dalle abitazioni “costruite” a quelle “scavate”. Alcune grotte sono ancora abitate e mostrano portoncini eleganti, finestre fiorite e curiosi comignoli. Altre grotte sono invece utilizzate ormai solo come depositi o mostrano i segni dell’abbandono. Altre ancora sono state riutilizzate da gruppi e circoli culturali o proposte come un museo diffuso delle tradizioni contadine. Tutte sono comunque orientate a sud-ovest, secondo i precetti dell’antica bioarchitettura, al fine di sfruttare convenientemente l’irradiazione solare estiva ed invernale.
L’ingresso alla rocca ha obliterato il ponte levatoio, ma serba ancora la memoria della garitta rupestre che ospitava le sentinelle e di ben tre portali difensivi posti in successione. Il palazzo gentilizio con la sua elegante bifora e la cappella dedicata a San Domenico di Siria, pur interessanti, non sono certamente gli elementi più originali del complesso. Una sequenza di antri separati da brandelli di muri e aperti da finestre rupestri sul borgo, ricorda l’antica destinazione a scuderia dei cavalli e a prigione. Seguono i resti della fornace destinata a fucina per ceramica e metalli, con le vasche di decantazione; sollevando lo sguardo si può ammirarne la sorprendente canna fumaria interamente scavata nella viva roccia. Essenziale era la gestione e la costituzione delle riserve d’acqua, nella previsione di un lungo assedio. Si può così osservare ancora oggi il sistema di canalette scavate nella roccia per la raccolta dell’acqua piovana, convogliata in una grande cisterna-serbatoio. L’acqua veniva poi deviata in pozzetti e cisterne più piccole per gli usi domestici e le lavorazioni artigianali (latte, lana, pelli). Altre infrastrutture rupestri che si ammirano nel complesso sono gli horrea, gli imponenti magazzini a forma di campana con fondo concavo destinati alla conservazione stagionale dei cereali (grano, orzo, avena). L’autosufficienza economica del castello era inoltre garantita dalla presenza del palmento e del trappeto rupestri, destinati alla lavorazione dell’uva e delle olive a scopo alimentare. L’ultima emozione della visita sono gli ottanta gradini della ripida scalinata intagliata nella cresta terminale della rupe che raggiunge l’empireo sommitale e la visione di un magnifico panorama circolare sulla Sicilia centrale.
Per approfondire
Il Comune di Sperlinga (www.comune.sperlinga.en.it) ha ottenuto il marchio de “I borghi più belli d’Italia” (www.borghitalia.it). La Guida turistica Simone Guglielmo ha predisposto un sito dedicato
(www.castellodisperlinga.it) ricco di informazioni, foto,
approfondimenti e materiale didattico. La visita al Castello può essere integrata dalla visita al Museo della civiltà contadina (www.museienna.it). Per un approfondimento più ampio sul complesso fenomeno del trogloditismo mediterraneo si consiglia la lettura della ricerca di Lorena Musetto su “Gli insediamenti sostenibili della tradizione mediterrane”
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