Molise
Quei monaci alle sorgenti del Volturno
Un itinerario fluviale, alle fonti del Volturno. L’acqua che sgorga dalle sorgenti e scorre sull’altopiano è fonte di vita ma è anche segno di rinascita spirituale. Siamo nell’alto Molise dei sanniti, terra di tratturi e di zampogne. Qui le distruzioni della linea Gustav hanno martoriato i paesi durante l’ultima guerra mondiale. Qui oggi il parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è il simbolo di una scommessa su uno sviluppo diverso. Camminiamo su un breve tratto del Sentiero Italia, dalle sorgenti del fiume Volturno alla cittadella monastica di San Vincenzo. Gli scavi degli archeologi stanno riscoprendo uno dei siti storici più importanti d’Europa.
Solitarie montagne di confine, le Mainarde si rivelano dietro le dolci colline dell’alta valle del Volturno. Percorrendo la strada di fondovalle, le vediamo emergere via via più imponenti alle spalle dei paesi di Colli, Scapoli, Rocchetta, Cerro. Fasciate di boschi sui fianchi, esse scoprono più in alto i loro maestosi anfiteatri, i circhi glaciali e le panoramiche cime rocciose. Le greggi, protette dai cani, popolano ancora i tratturi a cavallo tra le valli del Melfa e del Volturno. E i camosci pascolano sulle praterie d’altura, sopra la linea dei faggi. Il nostro punto di partenza è il parco attrezzato che fiancheggia le sorgenti del Volturno, il fiume più grande dell’Italia meridionale. Le sorgenti di Capo Volturno alimentano un limpido lago affollato di palmipedi. Le captazioni ne riducono però presto la portata. E così dal lago il Volturno esce come un sinuoso e sottile nastro d'acqua che attraversa la piana della Rocchetta e in meno di due km giunge alla base del Colle della Torre dov’è la cittadella monastica.
Le Mainarde sono attraversate dal Sentiero Italia, l’itinerario lungo 6100 km che collega i monti della Sardegna e della Sicilia, attraverso tutto l’Appennino, al grande arco delle Alpi. Nel tratto molisano, il Sentiero scende alle sorgenti provenendo da Rocchetta Alta, sulla traccia del vecchio acquedotto romano. Lo imbocchiamo all’altezza dello sbarramento. Proseguiamo senza possibilità di errore sulla stradina che segue l’argine fino all’Abbazia e agli scavi. Seguiamo idealmente i passi di quei tre nobili di Benevento (si chiamavano Paldo, Taso e Tato) che nel 703 decisero di lasciare la loro città alla ricerca di una vita ascetica. Su consiglio di un abate si stabilirono in questi luoghi col desiderio di far rinascere la valle del Volturno, con la forza del lavoro e della preghiera comune. Queste prime vicende storiche del Monastero di San Vincenzo al Volturno sono ricostruite dal Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto intorno al 1130 da un amanuense di nome Giovanni. Intorno alla prima chiesa abbaziale – narra il Codice – la comunità dei monaci si accrebbe rapidamente e si arricchì di qualità umane e abilità professionali. Aumentarono gli edifici e venne anche costruita la nuova basilica di san Vincenzo Maggiore, inaugurata secondo la leggenda dallo stesso imperatore Carlo Magno. Il monastero diventò il centro culturale e il motore economico dei villaggi incastellati nell’alta valle del Volturno; il suo prestigio si diffuse in tutta l’Europa cristiana. Poi la tragedia. Il 10 ottobre dell’881 un assalto dei saraceni incendiò e distrusse la basilica, le cucine, il refettorio e i chiostri. Morirono massacrati i monaci e le centinaia di abitanti di San Vincenzo.
Oggi una nuova basilica sull’altra riva del Volturno e una comunità di benedettine americane del Connecticut mantengono vivo lo spirito della comunità monastica originaria dell’ottavo secolo. Ma uno scavo archeologico sistematico sta via via restituendoci gli ambienti vitali, gli oggetti materiali, la vita di fede e di lavoro di quei monaci. E noi, varcando il fiume sul ponte della Zingara, andiamo alla scoperta del cuore degli scavi, del suo tesoro più prezioso: gli affreschi della cripta di Epifanio. Secondo gli studiosi si tratta di un capolavoro della pittura altomedievale europea. E ciò a causa sia della qualità formale dei dipinti, sia della complessità del tema iconografico, sia infine dell’integrità con cui ci sono pervenuti. La cripta racconta episodi della vita di Cristo secondo un itinerario influenzato dall’abate Ambrogio Autperto e dai suoi studi sull’Apocalisse di San Giovanni. L’ambiente è illuminato da una sola finestrella. Il fascio di luce inquadra la figura di un Cristo togato, seduto sul globo, signore dell’Universo. La prima serie di scene descrive l’annunciazione, la gravidanza di Maria, la natività, il bagnetto del neonato per opera delle due levatrici Zelomi e Salomé. La vergine Maria è raffigurata nella sua maestà di madre di Dio, abbigliata come un’imperatrice bizantina, che accoglie in grembo il Cristo bambino. Segue la scena della crocifissione di Gesù. Ormai morente, egli si rivolge alla madre che è a braccia alzate ai piedi della croce («Madre, ecco tuo figlio») e all’apostolo Giovanni disperato che ha in mano i libri del suo vangelo e dell’Apocalisse («Ecco tua madre»). Assiste alla scena in ginocchio l’abate Epifanio.
Una seconda serie di scene è dedicata alla testimonianza della fede di quei primi credenti che non esitarono ad arrivare all’estremo sacrificio di loro stessi. Un quadro descrive il supplizio di Lorenzo, primo martire della chiesa d’occidente: il santo è condannato a morire arso vivo su una graticola, mentre un angelo scende dal cielo a raccoglierne l’anima. L’altro quadro è dedicato alla lapidazione di Stefano, primo martire della chiesa d’oriente: tre individui lanciano pietre contro l’inerme diacono, raffigurato in ginocchio e a mani alzate, in attesa della morte.
A chiudere la narrazione è la scena della parte absidale della cripta. Vi sono rappresentati i cinque angeli della visione di Giovanni nell’Apocalisse: «Vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta. Vidi poi un altro angelo che saliva dall’oriente e aveva il sigillo del Dio vivente». (Ap 7,1-2).
Scendere in questo ambiente significa vivere tutta l’emozione di un’avventura spirituale unica. L’immersione nella cripta sotterranea ci costringe a una rilettura e a una revisione del senso della nostra vita. Ciò che colpisce è come si riesca ad avere la percezione complessiva della storia della nostra salvezza in un ambiente così angusto, in un posto così remoto e sconosciuto. Ciò che le immense pareti affrescate e sfolgoranti di luce delle grandi basiliche della cristianità non riescono magari a trasmettere è invece qui evidente. Un particolare straordinario. Sulla piccola finestra che illumina la cripta l’artista ha dipinto una mano distesa: è la mano di Dio, che testimonia il ruolo anche simbolico della luce che squarcia le tenebre e rivela il senso soprannaturale della narrazione. La discesa in questo guscio angusto, il sentirsi fisicamente avvolti dagli affreschi, l’esplorare storie dai significati riposti, decifrarne i simboli, è un’esperienza reale di morte e risurrezione. Come le tre morti e le tre rinascite di Gesù: l’incarnazione nel ventre di Maria e la nascita a Betlemme, l’immersione nelle acque del Giordano e l’emersione battesimale, la sepoltura nella tomba di Giuseppe d’Arimatea e la risurrezione del terzo giorno. Il fiume Volturno si trasfigura nel Giordano e la cripta di Epifanio rinnova per noi l’esperienza del pavido profeta Giona che, ingoiato dalla balena, riemerge cosciente della sua nuova vocazione.
Itinerario
Il percorso dalle sorgenti di Capo Volturno all’area dell’Abbazia è lungo circa 2 km. Il tempo di percorrenza è di 35-40 minuti, che si raddoppiano con il ritorno. Il dislivello è trascurabile.
Cartografia: Cai Sezione di Isernia, Carta dei sentieri “Mainarde e Valle del Volturno”, scala 1:50.000. E’ opportuno verificare previamente l’apertura della cripta di Epifanio o concordare una visita guidata all’area archeologica. Informazioni: Apt Volturnia (tel. 0865 953593).
Note tecniche
In giro per il web
Uno specifico sito web (www.sanvincenzoalvolturno.it) è dedicato a San Vincenzo e contiene l’itinerario virtuale di visita. Da non mancare la visita alla vicina Scapoli e al suo museo della zampogna
(www.comunescapoli.is.it). Per un’introduzione generale al territorio si può visitare il sito della Comunità montana
(www.comunitamontanavolturno.it. I più curiosi non mancheranno di visitare il museo virtuale della transumanza europea
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