Sardegna
Sul Monte Ortobene di Nuoro
Una grande statua di Cristo sul monte Ortobene domina da oriente l’altopiano di Nuoro e guarda i monti e le valli della Barbagia e dell’Ogliastra. Da Nuoro saliamo le rocce e i boschi de «Su Monte», tocchiamo i segni lasciati dalle antiche genti nuragiche e i segni più moderni della fede dei sardi con una guida d’eccezione: Grazia Deledda, scrittrice nuorese e premio Nobel per la letteratura nel 1926. Per lei «l’Ortobene è uno solo in tutto il mondo: è il nostro cuore, è l’anima nostra, il nostro carattere, tutto ciò che vi è di grande e di piccolo, di dolce e duro e aspro e doloroso in noi».
Il nostro punto di partenza da Nuoro è la chiesetta della Solitudine, ai piedi del monte. Grazia Deledda le dedicò uno dei suoi ultimi romanzi e ce ne dà una malinconica descrizione notturna: «ella andò nella chiesetta, passando per la piccola sagrestia che comunicava anch'essa con la cucina. Una finestruola alta s’apriva nella stanzetta, a nord: si vedeva il monte, come in un quadretto melanconico, senza sfondo di cielo, e la luce cruda delle rocce nude dava un senso profondo di solitudine glaciale. Anche la chiesetta, alla quale si entrava per mezzo di un usciuolo comunicante con la piccola sagrestia, sembrava scavata sotterra, tanto era fredda e umida; il barlume della lampadina accanto all'altare, e quello della lunetta polverosa sopra la porta, ne accrescevano la tristezza, ma, aperta la finestra, un chiarore cilestrino che veniva dall'orizzonte schiarito sopra le lontananze della valle, fece apparire meno gelido e desolato il povero santuario» (G. Deledda, La chiesa della solitudine).
Dal piazzale della chiesa una comoda strada panoramica risale il monte Ortobene. A un bivio la strada si divide in due e forma un anello che tocca tutte le principali località del monte. Il primo segno del paesaggio che ci colpisce sono le rocce granitiche. Erose dall’acqua e dal vento assumono le forme più curiose: sfere, pinnacoli, nidi d’ape, umanoidi, torri, animali. E si avvinghiano alla rigogliosa macchia spontanea dei lecci, delle sughere e dei lentischi, alternati a boschetti di conifere: «le roccie accavalcate parevano enormi sfingi; alcuni blocchi servivano da piedestalli a strani colossi, a statue mostruose appena abbozzate da artisti giganti; altri davano l’idea di are, di idoli immani, di simulacri di tombe dove la fantasia popolare racchiude appunto quei ciclopi che in epoche ignote sovrapposero forse le roccie dell'Orthobene, traforandole nelle cime con nicchie ed occhi, attraverso cui ride il cielo.... Qualche roccia si slanciava sottile come un obelisco; altre giacevano su enormi piedistalli, come sarcofaghi coperti da drappi di musco verde. E tutte le cose, alberi, roccie, macchie, in quel luogo di solitudine, parevano immerse nella contemplazione dei solenni orizzonti». (G. Deledda, Il vecchio della montagna).
L’Ortobene è anche il luogo di svago e di rifugio estivo dei nuoresi. I parchi offrono opportunità di passeggiate e scampagnate, ristoranti, risorse per lo sport, chiese e case per incontri e ritiri spirituali. A fine estate la Sagra del Redentore vede sfilare, tra canti e balli, i gruppi folcloristici dei paesi sardi nei tradizionali costumi colorati. Testimonianza archeologica dell’antica civiltà nuragica sono le domus de janas (letteralmente: case di fate). Se ne possono vedere alcune con una breve passeggiata. Al primo tornante della strada per l’Ortobene, s’imbocca in discesa la deviazione di circa un km per la fontana. Dalla fonte nel bosco un sentiero in pendenza porta in pochi minuti alle domus de janas di Borbore. Il nome letterario individua in realtà un’antica necropoli ipogea, composta da quattro celle di sepoltura scavate nel granito. Molto curioso è anche l’ovile «Sa Conca», situato sul ciglio della strada che porta al parco di Sedda Ortai. La casa del pastore è stata costruita scavando dentro una grande roccia isolata di granito a forma di fungo. Giungiamo ora sul parco giardino del pianoro sommitale. Il punto più elevato è il Cuccuru Nigheddu, a 955 m di quota, ma il cuccuru è irto di tralicci, antenne e ripetitori. Il nostro obiettivo, segnalato da un cartello, è invece il sentiero diretto alle rocce della cresta ovest. Un viottolo lastricato di pietra e alcuni gradini nel bosco ci conducono a un magnifico belvedere sui boschi e sul Nuorese, dove si eleva la grande statua bronzea del Redentore. Il Cristo è raffigurato nei modi di un’ascensione ventosa; regge la sua croce con la mano sinistra e rivolge la destra alle genti sarde. Evoca la sua morte in croce e la sua resurrezione, per noi speranza di salvezza, come ricorda Paolo: «Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito». Tanti salgono qui al Redentore, accarezzano il piede della statua, si fanno il segno della croce e pregano. La statua fu collocata sul Monte Ortobene per il Giubileo del 1900. Fu Giovanni Acquaderni, fondatore dell’Azione Cattolica, ad avere l’idea di promuovere «un omaggio mondiale a Gesù Redentore per commemorare il cadente XIX e il nascituro secolo». E così sui monti di tutte le regioni furono innalzate statue e croci a protezione dei «popoli» d’Italia. La statua dell’Ortobene fu realizzata dallo scultore Vincenzo Jerace che in quell'opera volle fondere anche due tragici episodi della sua vita personale: la morte della figlioletta Maria e della giovane moglie Luisa.
Questa fusione di rocce, fronde, vento, spazio e silenzio, sotto la bronzea mano benedicente di Gesù, provoca un’intensa emozione dello spirito. Il volto barbuto del Signore, battuto dal maestrale e illuminato dal sole dell’estate sarda, diventa memoria di quel volto trasfigurato che sconvolge Pietro, Giacomo e Giovanni «su un alto monte», l’Hermon o il Tabor (Mt 17,1). E l’emozione si trasforma in meditazione sulle molteplici ascensioni montane del Cristo che i Vangeli ci narrano. Su un «monte altissimo» Gesù vince il tentatore che gli propone tutti i regni del mondo (Mt 4,8) e matura la scelta fondamentale di tutta la sua vita. Dal lago Gesù sale «sulla montagna» (Mt 5,1) per tenere il famoso discorso delle beatitudini davanti alla folla. E quando la pressione della folla diventa un assedio asfissiante, egli si congeda, cerca la solitudine e sale «sul monte» per pregare (Mt 14,23). Né si può dimenticare che sul monte Calvario si conclude tragicamente la drammatica via crucis dei tre condannati a morte.
Mentre dal Belvedere del Redentore lo sguardo sorvola «i monti arsi di sole e di vendetta» (S. Satta) della Sardegna interna, ci piace congedarci dall’Ortobene identificandolo in un altro monte cristiano, l’ultimo citato dai Vangeli: quel monte della Galilea (Mt 28,16) sul quale Gesù risorto convoca per l’ultima volta i suoi discepoli e li invia in tutto il mondo a predicare la Buona Novella.
Itinerario
L’itinerario in auto che percorre l’anello dell’Ortobene da Nuoro ha uno sviluppo di circa 11 km con un dislivello di 400 m. I percorsi a piedi si riducono a brevi passeggiate a partire dall’asfalto.
Cartografia: “Barbagia”, cartoguida escursionistica in scala 1:50.000, a cura della Comunità montana del Nuorese.
Note tecniche
In giro per il web
Il sito istituzionale del Comune di Nuoro (www.comune.nuoro.it) presenta la stora della città, i musei cittadini, i parchi e alcuni itinerari turistici consigliati per scoprire la città e i dintorni. Il Parco Grazia Deledda (www.suprobanu.it) propone l'opera della scrittrice inquadrata nel contesto sociale, storico e letterario che lo ha influenzato. Alcuni siti
(www.orthobenessere.com/; www.ilredentore.it/) sono dedicati alla tutela, promozione e valorizzazione del Monte Ortobene e delle sue valli.
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