La tutela e la valorizzazione dei tratturi
La normativa, i progetti, la ricerca scientifica
Tutela, conservazione, restauro, gestione, fruizione, valorizzazione: sono le parole chiave utilizzate da chi si occupa dei beni culturali e ambientali. Da tempo i tratturi sono stati ufficialmente “promossi” a beni culturali e ambientali. Anzi, nei decreti del Ministero di competenza, essi sono definiti risorse «di notevole interesse per l’archeologia, per la storia politica, militare, economica, sociale e culturale». Venuti ormai meno i pastori transumanti e dopo il progressivo abbandono della pastorizia, a occuparsi di tratturi sono sempre più gli scienziati, gli archeologi, gli storici, i geografi, gli antropologi, gli economisti, i giuristi, gli ambientalisti, gli architetti pianificatori e paesaggisti e, naturalmente, gli escursionisti. Che i tratturi abbiano bisogno di protezione e di tutela è indubbio. L’accurata indagine realizzata nel 1998 dal Corpo Forestale dello Stato (Ministero per le politiche agricole – Corpo Forestale dello Stato, Indagine sullo stato attuale delle principali vie armentizie, Edas, Giuliano di Roma, febbraio 1999) ha verificato sul campo un campione di ben 1550 km di tratturi e ha rilevato che solo per 174 km (pari al 13%) lo stato di conservazione si può definire “buono”. Per il resto lo stato di conservazione è “scarso” per 113 km (8%), “assai precario” per 293 km (22%) e addirittura “inesistente” per 765 km (57%).
La tutela è dunque importante per “salvare” quel che resta dei tratturi. Essa è affidata agli strumenti dei vincoli e delle reintegre previsti dalle leggi statali e regionali sul demanio armentizio. Ma l’apposizione di vincoli non è sufficiente per arrestare il degrado degli antichi percorsi, sia per quanto riguarda la qualità del manto erboso, sia per quanto riguarda la protezione dei loro confini (muretti di pietra, cespugli e alberi). Come pure resta essenziale non sufficiente l’attività dissuasiva e di repressione delle usurpazioni dello spazio tratturale affidata ai verbali e alle denunce del Corpo Forestale dello Stato. Si rendono necessari interventi di manutenzione e di restauro, che hanno carattere oggettivamente oneroso. Ciò che viene ritenuto comunque più importante è la promozione dei tratturi. L’obiettivo è quello di far tornare a vivere le vie della transumanza, salvandole dall’oblio e reinserendole in forme più moderne di fruizione. Ciò avviene oggi grazie a una serie di progetti di valorizzazione delle aree marginali che nascono da una duplice consapevolezza: l’integrazione dei tratturi con il territorio circostante e la protezione ambientale.
Privato del richiamo urbano e territoriale intorno alla singola emergenza, il tratturo rischia l’insignificanza: si perde la possibilità di viverlo, di renderlo efficace o anche semplicemente leggibile. Il territorio (nello specifico: l’ambiente geografico, i paesaggi, le città, le chiese, le taverne, i rinvenimenti archeologici, ecc.) non può limitarsi a fiancheggiare il percorso fisico del tratturo o a costituirne lo sfondo, ma si integra profondamente con esso e lo spiega. A questa prima consapevolezza si aggiunge quella relativa al carattere ecologico-ambientale del tratturo. Questi “corridoi” longitudinali traversano e collegano le aree protette dei parchi nazionali e regionali e i siti naturali d’importanza comunitaria, e creano così “catene” tra le diversità biologiche, la flora e la fauna, l’agricoltura e l’allevamento, l’agro-alimentare e il tessile.
Non stupisce allora che attorno a tratturi e transumanza sia nata e si sia sviluppata una importante attività di ricerca scientifica che ha trovato nei dipartimenti delle università i soggetti più attivi e negli enti pubblici i referenti e i committenti più interessati.
A seguire si propongono tre brevi excursus che hanno per tema:
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