Itinerario nella provincia di Ravenna
Ravenna. Gesù separa le pecore dai capri
Le tappe dell’itinerario
Per motivare il fascino di Ravenna è sufficiente ricordare la motivazione con la quale l’Unesco ha voluto inserirla nella Lista del Patrimonio mondiale: «L'insieme dei monumenti religiosi paleocristiani e bizantini di Ravenna è di importanza straordinaria in ragione della suprema maestria artistica dell'arte del mosaico. Essi sono inoltre la prova delle relazioni e dei contatti artistici e religiosi di un periodo importante della storia della cultura europea».
Sant’Apollinare Nuovo, uno degli otto monumenti inseriti nel Patrimonio mondiale, è il monumento che Teoderico donò a Ravenna dopo la vittoria su Odoacre. La sua celebre decorazione di mosaici ha subito nel tempo i contraccolpi del passaggio dal culto ariano a quello ortodosso e poi a quello cattolico. Ma le ventisei scene cristologiche, risalenti al periodo di Teoderico, rappresentano il più grande ciclo monumentale del Nuovo Testamento e, fra quelli realizzati a mosaico, il più antico giunto sino a noi. Concentriamo l’attenzione sulla celebre scena della separazione delle pecore dai capri.
L’idea della separazione dei buoni dai cattivi, sostanza del giudizio universale, è stata declinata in arte nella metafora del pastore che separa le pecore dai capri. Le pecore, animali docili e mansueti, simboleggiano i buoni; i capri, noti come animali lascivi, superbi e litigiosi, rimandano ai cattivi. L’idea è presente nelle fonti bibliche sia del vecchio sia del nuovo testamento. Il profeta Ezechiele, ad esempio, riferisce: «A te mio gregge così dice il Signore Dio: “Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri”» (Ez 34, 17). E poi anche il Vangelo di Matteo conferma precisando: «Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra» (Mt 25, 32-33). Nella basilica ravennate la scena della separazione vede al centro Cristo seduto su un trono di pietra, affiancato da due Angeli alati e nimbati, il primo a dominante rosso (colore della luce) e il secondo a dominante blu (colore delle tenebre). Ai due lati del Cristo compaiono di profilo tre candide pecore e tre capri con il vello chiazzato. Cristo giudice tende la mano in segno di preferenza e accoglienza verso gli agnelli.
Il giudizio universale viene così parafrasato da una pratica tradizionale dei pastori ebrei che separavano in gruppi distinti il gregge loro affidato sia durante il pascolo transumante, sia nella stabulazione notturna. Lo stazzo pastorale, ovvero il recinto notturno nel quale il gregge riposava suddiviso in gruppi separati, diventa così metafora della giustizia divina e della geografia dell’aldilà.
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