Itinerario nella provincia di Messina

Messina. Il Giudizio finale di Girolamo Alibrandi

Le tappe dell’itinerario


Il Museo regionale di Messina dedica una sala al pittore messinese Girolamo Alibrandi, attivo nella prima metà del Cinquecento ed esaltato come il “Raffaello di Messina”. Veniamo a osservarvi una tavola del 1514, di commessa catalana, purtroppo danneggiata, che descrive il Giudizio universale. L’evento che segna la fine dei tempi viene situato all’ombra di un pino marittimo, nella splendida cornice dello stretto, sulla riva di un braccio di mare dietro il quale si staglia il panorama argenteo di una città, con il porto e i palazzi, sullo sfondo del monte. E la folla di nudi che si agita su questo lembo di terra potrebbe evocare una scena di ludi marini, di party nudista, di giochi di spiaggia, se alcuni particolari non ne consacrassero il carattere tragico e oltremondano. Come quel sepolcro che si scoperchia e lascia risorgere una splendida fanciulla bionda. O L’arcangelo Michele, vestito di bianco e con le ali rosse, che trafigge con la punta dell’asta vessillifera un mostro diabolico che tenta di condizionare la pesatura delle anime sulla bilancia a doppio piatto. O la coppia inseguita e raggiunta da un demone scuro. O l’altra coppia già avvolta nelle spire del serpente satanico e spinta verso la caverna infernale.  Il gruppo centrale dei risorti rivolge i propri sguardi verso il cielo e apprende il destino individuale di salvezza o di dannazione manifestando nel viso i sentimenti contrastanti della gioia e della delusione. A sinistra la coppia di salvati manifesta con la tenerezza di un abbraccio la consapevolezza della beatitudine immanente, mentre gli angeli scortano il corteo dei beati. E allora diventa più chiara la scena centrale: il braccio di mare separa le due città, Scilla e Cariddi, la città celeste e la città infernale, la Gerusalemme apocalittica scintillante di gemme e le mura rosseggianti d’incendi della città di Dite.

Nell’alto del cielo, sui candidi cirri, il pittore ha descritto la corte celeste. La figura centrale è il Cristo giudice, rivestito da un mantello rosso, colore del martirio. Il ruolo salvifico del sacrificio divino è rimarcato dall’ostensione degli strumenti della passione di Gesù: la grande croce, la corona di spine, la lancia di Longino, la canna con la spugna dell’aceto. Gli angeli fanno risuonare le loro trombe per chiamare i morti alla risurrezione generale. La sentenza del giudice è simbolizzata dalla spada della giustizia brandita dall’angelo della canna. Un po’ più in basso troviamo gli intercessori. Giovanni Battista, sulla destra, è in ginocchio, in posizione orante con le braccia incrociate sul petto che stringono la croce astile; è vestito con una tunica di peli di cammello e con una cintura di pelle attorno ai fianchi e indossa un mantello rosso, simbolo del suo martirio. A sinistra, Maria, la Madre di Gesù, implora a mani giunte la misericordia del Figlio. Dietro di lei si staglia il gruppo dei dodici apostoli che assiste al giudizio nel ruolo del tribunale celeste.

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