Il valico di Coccia (1674 m) è una larga depressione erbosa che interrompe bruscamente l’alta bastionata della Maiella e mette in comunicazione la conca Peligna con l’alto Aventino. Sul versante occidentale il Guado di Coccia è raggiunto dalla storica mulattiera di Campo di Giove e dagli impianti sciistici che risalgono la Valle Quartarana. Dal versante orientale salgono al Guado la mulattiera di Palena e la strada sterrata del Piano di Sant’Antonio che porta agli impianti da sci. Proponiamo una traversata da Campo di Giove a Palena. Il dislivello è di circa 400 m in salita e 900 m in discesa. Per organizzare in modo ottimale la traversata è opportuno disporre di due auto; la prima va lasciata a Palena; la seconda serve invece a raggiungere il sentiero da Campo di Giove o la funivia di Coccia e va recuperata al ritorno. Palena e Campo di Giove distano su strada circa 24 km.
Questo itinerario ha un forte sapore storico evocativo. Nei mesi di guerra su questi sentieri innevati transitavano di notte fuggiaschi, partigiani e prigionieri, condotti da guide locali, che tentavano di raggiungere i paesi liberati dagli alleati. Uno di questi era il tenente Carlo Azeglio Ciampi. Estratti dal suo diario del tempo fanno da contrappunto alla descrizione del percorso attuale.
Da Campo di Giove (1064 m) si segue in auto la strada per Palena-Roccaraso per circa 1,5 km. Raggiunta una cava (1095 m), si prende a sinistra una strada che sale a tornanti nel bosco di Secine, fino a incrociare sulla destra il sentiero P4 del parco (n. 1 del Cai) che da Campo di Giove sale a Guado di Coccia. Parcheggiata l’auto, s’imbocca il sentiero (1260 m) in direzione sud-est che sale dolcemente sul fianco della Serra Carracino.
24 marzo 1944 venerdì
Arriviamo ormai a notte sotto Pacentro e là ci riuniamo con l’altro gruppo, condotto da Mario e Gino. Verso le venti cominciamo la marcia in silenzio e in fila indiana. La marcia prosegue assai bene: cielo sereno, poco freddo; saremo una sessantina, di cui venticinque prigionieri; fisicamente mi sento a posto. Verso gli ottocento metri comincia la neve; poco dopo Alberto ci invita ad essere particolarmente silenziosi perché siamo vicini a Campo di Giove: infatti verso mezzanotte Carlo Autiero mi addita una macchia scura alla nostra destra e si sente un abbaiar di cani. Continuando, la salita diventa sempre più aspra, però la neve è buona; regge assai bene e si sprofonda poco: però qualcuno comincia a scoppiare, cerco di aiutare, insieme ad un altro, un prigioniero che non ce la fa più. Avvertiamo Alberto, ma questo dice che non può rallentare la marcia inquantoché si deve giungere al Guado di Coccia prima dell’alba, pena la sicurezza della spedizione: così quello deve essere abbandonato.
L’elemento di interesse della salita è l’eremo della Madonna di Coccia, in rovina ma ben riconoscibile nell’impianto e nella parte absidale (ore 1). Dopo la cappella il sentiero s’impenna, traversa una zona scomoda e franosa, con rottami dell’antica funivia, e sbuca sulla pista da sci. La si risale faticosamente a sinistra, fino a raggiungere l’ampio valico di Guado di Coccia (1674 m; ore 0,30-1,30). Il valico può essere raggiunto con fatica ovviamente molto minore, utilizzando la seggiovia, aperta in agosto, oltre che nella stagione sciistica, che sale dalla zona residenziale a circa 3 km da Campo di Giove, sulla strada per Palena-Roccaraso. Prossima alla stazione d’arrivo è uno chalet di ristoro.
Sul valico è il cippo che ricorda il sacrificio di Ettore De Corti, tenente pilota udinese, studente di ingegneria; intercettato, ferito e poi ucciso dai tedeschi, riuscì tuttavia a mettere in salvo il gruppo di fuggiaschi con il quale tentava di superare la linea del fronte.
Si progredisce molto lentamente, in alcuni punti dovendo camminare quasi a quattro gambe perché i soli piedi non fanno presa (specie io, che non ho chiodi) sulla neve gelata nei punti più erti; in altri sprofondiamo fino al ventre: mi aiuta molto il bastone con la racchetta.
Alle quattro, ormai del 25 marzo, siamo sul Guado, purtroppo il tempo è improvvisamente mutato, il cielo è nuvoloso e si alza un forte vento: ci fermiamo un buon quarto d’ora per attendere i più lenti; mangio un po’ di zucchero e biscotti con neve.
Proseguiamo, ma poco dopo siamo costretti a fermarci; è cominciata una vera e propria tormenta e le guide non osano andare avanti così al buio: attendiamo per più di mezz’ora l’alba, sotto un vento gelido e con nevischio, battendo i piedi per non farli congelare; io li sento zuppi; nella salita ho perso il basco e lo sostituisco con una maglia che mi fa da passamontagna.
In discesa si seguono fedelmente i segnavia fino a raggiungere i ruderi dell’eremo di San Nicola. Si continua in discesa, con notevoli difficoltà in alcuni tratti a individuare la segnaletica, tenendosi comunque sulla sinistra del vallone. Si trova infine una buona mulattiera che traversa a sinistra e sbuca sulla strada asfaltata a poca distanza dall’ingresso nord di Palena (767 m; ore 2,00-3,30). Se si vogliono evitare problemi di orientamento, è possibile spostarsi sulla destra del vallone di Cocci, puntando agli impianti sciistici e percorrendo la lunga strada che sale dal Convento di Sant’Antonio (878 m), a sud di Palena.
Arrivati quasi a valle, attraverso una neve che, in parte fresca e in parte non gelata, regge poco, la tormenta cessa e vediamo sotto noi un paesetto quasi completamente distrutto. (…) Che il paese sia Taranta viene riconosciuto solo mentre lo raggiungiamo: non si vede anima viva. Ci fermiamo alcuni minuti sulla strada rotabile, poi entriamo nel paese e ci viene incontro tra la nostra gioia un tenente indiano. Ce l’abbiamo fatta!
(Carlo Azeglio Ciampi, Diario)
La traversata del Guado di Coccia. Sulle tracce di Carlo Azeglio Ciampi
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