Il vallone di Forca d’Acero e le retrovie della Linea Gustav
La roccia dei tedeschi
Il quadro ambientale
L’itinerario si sviluppa nel territorio laziale del Parco nazionale d’Abruzzo, lungo un’antica via di collegamento e di scambio tra il bacino dell’alto Sangro e il bacino del Melfa. La strada che collega oggi Opi alla Forca d’Acero e alla Valle di Comino, sicuramente una delle più belle del Parco, ha per antenata l’antica Via Marsicana, la mulattiera che da San Donato risaliva la ripida e incassata valle di Forca d’Acero, lasciava a destra la Valle Inguàgnera, toccava la grande area pastorale della Castelluccia e risaliva al valico. La via Marsicana era percorsa storicamente dalle greggi e dalle mandrie che risalivano dalla piana lungo i tratturi dei monti Marsicani, dalle carovane di muli che trasportavano verso valle il legame e il carbone, scambiandolo con i prodotti della pianura, dalle ‘compagnie’ di pellegrini che si recavano ai santuari più popolari, dai frati degli ordini mendicanti, dalle truppe in transito e dai corpi armati di presidio.
La retrovia della Linea Gustav
Durante la seconda guerra mondiale la valle di Comino si viene a trovare esattamente alle spalle della Linea Gustav, nel suo tratto-chiave che va da Montecassino al Monte Cairo e alle Mainarde. L’esercito tedesco che difende la Gustav dall’assalto delle truppe alleate ha bisogno di retrovie logisticamente sicure, sia per gli spostamenti delle truppe, sia per far giungere i necessari rifornimenti alla prima linea. É vero che lo sforzo bellico principale si eserciterà intorno a Cassino, nel tentativo (vano) da parte alleata di sfondare lungo la via Casilina per aprirsi la strada di Roma; tuttavia il cedimento della linea Gustav avverrà in realtà sui monti Aurunci; e nella prima delle numerose battaglie della Gustav si farà concreto per i tedeschi il rischio di uno sfondamento da parte francese delle difese tedesche sui monti tra il fiume Rapido e Atina, con la conseguenza di un possibile aggiramento e dell’accerchiamento del grosso delle truppe tedesche impegnate a Cassino. La Linea Gustav non è un “muro”, come la Maginot o la Sigfrido, ma un fascio di difese elastiche, distribuite su un fronte allungato, in grado di assorbire urti anche profondi e capaci di reagire in modo organizzato, concentrato e potente. Anche questa ragione spiega perché nella valle di Comino si trovino osservatori e difese tedesche di retroguardia. Il controllo del territorio, il contrasto di eventuali infiltrazioni nemiche, la ricerca di soldati sbandati e di prigionieri di guerra in fuga che tentano di passare il fronte, sono fattori che spiegano perché esistano quelle trincee sul monte Pizzuto e quell’osservatorio - chiamato la ‘roccia dei Tedeschi’ - nel vallone di Forca d’Acero che sono la meta della nostra escursione. La Valle di Comino, percorsa dal Melfa e dal Fibreno, è una vasta conca circondata dai monti del Parco, dalle Mainarde e dal gruppo di Monte Cairo e monte Obachelle. La Forca d’Acero (1530 m) è il valico che si apre tra la Serra Traversa e il monte Panìco e che domina le secolari foreste del Parco, ricche di faggi e di aceri. La valle di Forca d’Acero scende dal valico omonimo fino al paese di San Donato Val di Comino (721 m).
L’itinerario
L’itinerario ha per mete il cocuzzolo del monte Pizzuto (1189 m) e la Roccia dei Tedeschi (1214 m) sulla destra orografica del vallone di Forca d’Acero. Il percorso consigliato è l’anello con partenza e arrivo a San Donato di Val Comino, con un dislivello di circa 500 m, che combina i sentieri 10 e 11 (in salita) e 12 (in discesa) segnati dal gruppo locale del Cai. Descrivo qui il percorso più breve, ovvero il tratto centrale del percorso in quota, fattibile in circa 2 ore a/r. Il punto di partenza si trova nei pressi del km 15 della strada che sale dalla valle di Comino a Forca d’Acero, in corrispondenza del tornante stradale che immette nel vallone. Dal tornante si scende a piedi lungo la linea di cresta e si raggiunge in pochi minuti il monte Pizzuto, che è in realtà solo un punto più marcato della cresta che sale dal paese alla cantoniera della Castelluccia. Le rocce del monte Pizzuto sono un balcone panoramico sul sottostante paese di San Donato e su tutta la Val Comino e il bacino del Melfa. In questo tratto di cresta avremo potuto osservare abbondanti segni di vita pastorale, con recinti di pietra, resti di capanne, cisterne, abbeveratoi e un caratteristico pozzo coperto. La zona è ancora frequentata dagli animali che sfruttano i pascoli intorno alla Castelluccia. Le memorie di guerra si riconoscono nella breve trincea e nel corrispondente ricovero sottoroccia scavati alla base delle rocce sommitali, in posizione dominante. La vicina selletta, segnata da frecce di legno (cadute), è il punto di arrivo del ripido sentiero che sale dalla Torre di San Donato e il punto di partenza del sentiero a mezza costa che prosegue verso la Roccia dei Tedeschi. Ci s’incammina su quest’ultimo sentiero seguendo fedelmente le bandierine bianco-rosse verniciate sugli alberi e sulle pietre. Il percorso s’inoltra a mezza costa nel vallone, seguendo la stessa direzione della strada asfaltata che corre qualche decina di metri più in alto e della mulattiera di fondovalle. Il sentiero è esile e in qualche tratto scomodo, ma le segnalazioni e la direzione evidente sono d’aiuto. Si entra progressivamente nel bosco, traversando qualche pietraia e superando in successione alcuni caratteristici torrioni di rocce calcaree che affiorano dal terreno scosceso. Si raggiunge infine la Roccia dei Tedeschi nei pressi di un incrocio di sentieri segnalati da frecce di legno. Una stretta trincea protetta da un muro di pietre rialzate immette in una prima piazzola orientata verso valle. Attraverso un cunicolo scavato nella roccia si raggiunge la gradinata che sale all’osservatorio più alto, sulla cuspide della roccia, e che ospita un ciliegio cresciuto incurante delle preoccupazioni belliche. Il successivo anello roccioso collega in forma circolare un’ampia cavità-riparo e due piazzole orientate la prima verso il vallone sottostante e la seconda verso la cantoniera della Castelluccia e la Forca d’Acero. Lo scavo fu realizzato da maestranze di San Donato rastrellate dai tedeschi tra gli abitanti del paese. Sono ancora evidenti sulle pareti le tracce dello scavo di piccone, mazza e scalpello e i fori dei tubi di gelatina esplosiva. L’opera è certamente originale. La sua visita consente di apprezzare la geniale simbiosi tra le fratture naturali della faglia rocciosa e lo scavo artificiale; consente altresì d’interrogarsi sulla funzione militare dell’opera, sul suo ruolo di osservatorio sui movimenti in valle e di postazione armata, integrata con le trincee vicine. Si torna al tornante di partenza lungo il sentiero percorso all’andata o risalendo faticosamente il pendio che ci separa dalla strada soprastante.
I sentieri della zona sono segnalati sia dal Parco sia dalla sezione del Cai di San Donato e costituiscono così una rete senti eristica che collega praticamente tutti i siti d’interesse naturalistico e storico. I sentieri del Parco sono identificati dalla lettera P seguita dal numero progressivo da 1 a 7. Il Cai ha segnato altri 16 sentieri. Si può fare riferimento alle cartine e alle descrizioni proposte dal sito www.caisandonato.it/. Il paese di San Donato gode del label de “i borghi più belli d’Italia” e il suo sito web istituzionale propone alcuni interessanti itinerari alla scoperta del borgo e dei suoi dintorni (www.comune.sandonatovaldicomino.fr.it/). Molto godibile è anche il sito della Val Comino con sezioni dedicate alla valle, alla natura, alla cultura, alla gastronomia e alla zampogna (www.valledicomino.it/).
Per approfondire
A piedi sulla linea Gustav
Itinerari escursionistici da Montecassino all’Adriatico
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La ricognizione del percorso è stata effettuata il 13 dicembre 2014