Derinkuyu, la città sotterranea
Derinkuyu, la città sotterranea
Passi pure il vivere in grotta. Matera docet. Ma si può vivere sottoterra? Si può per giorni, settimane, mesi, infilarsi in camere sepolcrali, abitare le catacombe, scendere nelle gallerie delle miniere, nascondersi in un bunker sotterraneo, vivere da speleologi e imitare le formiche e i pipistrelli? La Cappadocia dimostra che tutto ciò è possibile. Le città sotterranee sono decine. Molte sono attrezzate per le visite dei turisti non claustrofobi. Furono scavate dalle comunità cristiane medievali per nascondersi agli occhi dei predoni arabi. Furono utilizzate tutte le volte che gli eserciti stranieri invadevano la regione e compivano scorrerie depredando e distruggendo i villaggi. Ma città sotterranee esistevano già nell’antichità. Lo racconta Senofonte nella sua Anabasi (IV,5,25): «Le case erano sotto terra. L'ingresso somigliava alla bocca di un pozzo, ma in basso erano spaziose. L'entrata per gli animali era costituita da gallerie scavate, mentre le persone si calavano giù mediante scale. Nelle case vivevano capre, pecore, buoi e volatili con i rispettivi piccoli. Tutti questi animali erano nutriti là dentro con erba secca». La visita della città ipogea di Derinkuyu (ma potrebbe essere Kaimakli o Tatlarin) è un’emozione assoluta, una catàbasi nelle viscere della terra, una moderna ‘descensus ad inferos’, una ricerca del mondo perduto alla Jules Verne.
L’itinerario
Derinkuyu, l’antica Melegop, sorge a una trentina di km da Nevşehir, sulla strada per Niğde. L’altra Derinkuyu, quella sotterranea, è stata scoperta solo nel 1965. L’esplorazione è ancora in corso: otto piani sono già stati liberati dai detriti e bonificati; cinque di questi sono già stati illuminati e attrezzati per la visita. Per dare un’idea delle dimensioni basti dire che sono stati individuati finora cinquantadue pozzi d’aerazione, che scendono fino alla profondità di ottantacinque metri. L’accesso ai diversi ambienti è garantito da cunicoli stretti e bassi, spesso gradinati, ostruiti in caso di pericolo con massicce pietre rotonde, simili a macine, fatte rotolare dalle custodie laterali. Pietre di questo tipo sono ancora conservate in situ. La stalla per gli animali domestici era situa al primo piano, a poca distanza dall’esterno, ed era attrezzate con lunghe mangiatoie sulle pareti e con piccole vasche per l’abbeverata. Seguivano i magazzini (vasche e campane di pietra) per lo stoccaggio dei cereali e degli alimenti secchi. Non lontani erano i palmenti e i trappeti, gli opifici per la spremitura e la conservazione del mosto e dell’olio: curiosa è l’ampia vasca per la pigiatura dell’uva, con la canaletta che adduceva il succo direttamente alle botti. L’acqua era prelevata dai pozzi sotterranei che raggiungevano la falda freatica con il metodo tradizionale dell’argano e del secchio. Vicino ai pozzi si trovano anche bacili di pietra utilizzati per lavare. Molto interessanti sono le cucine, locali dotati di ripiani e depositi, che hanno sul pavimento il foro circolare del focolare su cui si alzava il treppiede che sosteneva i recipienti di cottura. Vi erano anche i bagni rupestri, utilizzati come servizi igienici, nei quali si utilizzavano tecniche naturali di depurazione. L’illuminazione era garantita da lucerne alimentate probabilmente con olio di lino e collocate in nicchiette sulle pareti. Una serie di ambienti era destinata al servizio della comunità religiosa. La chiesa a croce greca, preceduta da un’ampia sala riunioni, colpisce per l’accuratezza dello scavo. Da segnalare anche la vasca gradinata per il battesimo a immersione. Ma l’ambiente più sorprendente è l’aula scolastica per l’istruzione religiosa costituita da due lunghe panche di tufo sotto una volta a botte; in fondo all’aula sono le sale per lo studio individuale e per la meditazione, senza dimenticare la cattedra del maestro. Molto spazio è ovviamente dedicato alle stanze di soggiorno delle famiglie, alla vita quotidiana e alle alcove notturne. Per ultimo si segnala in un’area periferica il piccolo cimitero sotterraneo, con le tombe di pietra per l’inumazione dei defunti.
Civiltà rupestre
Passeggiate trogloditiche
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Le tappe dell’itinerario
La ricognizione del percorso è stata effettuata il 17 settembre 2014