Itinerario nella provincia di Chieti
Cieli sconvolti nell’Abruzzo citra
Le tappe dell’itinerario
Chieti è il capoluogo di una vasta provincia che si stende tra la Maiella e il mare Adriatico a sud del fiume Pescara. Distesa sulla cresta di un colle, Chieti custodisce nei suoi musei i monumenti dell’antica Teate e fa da vedetta a una valle traversata da vecchie e nuove vie di comunicazione che dribblano borghi in espansione, sedi universitarie, capannoni industriali e grandi centri commerciali. A Chieti visitiamo due chiese nella parte alta della città, l’antica acropoli. Ci trasferiamo poi a Ortona, sulla costa dei trabocchi, dove le tradizionali macchine per la pesca costiera segnano il paesaggio dell’Adriatico. E ci inoltriamo poi tra le colline dell’interno verso le terre dei Frentani. Facciamo tappa in un’importante chiesa di Lanciano, bella città ricca di storia, e poi a Castel Frentano. Concludiamo il viaggio a Colledimezzo, su uno sperone che s’inoltra nel lago creato sul fiume Sangro.
Chieti: la caduta di Lucifero nella chiesa della Civitella
Santa Maria de Civitellis è la chiesa più alta di Chieti affiancata com’è al parco archeologico della Civitella sulla sommità dell’antica acropoli. Vi si aggira l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto perché fu fondata nel 1295 da Roberto da Salle, un compagno di Pietro Angelerio del Morrone, più noto come Celestino V. Ma chi ne percorre la navata e solleva lo sguardo verso la volta resta colpito da una scena molto movimentata che sconvolge il Cielo. Due angeli alati e dai lunghi mantelli si scatenano in volo con le spade sguainate contro inquietanti creature in piena metaformosi. Quest’ultimi perdono infatti progressivamente gli attributi angelici: le loro ali diventano membrane di pipistrello che si sfaldano e non riescono più a sostenersi in volo; le spade diventano ruspanti forconi; i corpi sono spogliati degli abiti celesti; compaiono deformità, unghie, code, lunghe orecchie e altri particolari teratologici e demoniaci; stravolti, precipitano avvinghiati nell’Abisso; un angelo caduto cerca di sfuggire alla sua sorte strisciando sulla cornice dorata, sua improbabile via di scampo. L’Abisso è dominato da un alto monte che ha il profilo del vicino Corno Grande del Gran Sasso. Più in alto due angeli osservano la scena cruenta e la commentano tra loro con parole e con gesti leziosi quasi fossero graziosamente a passeggio tra le vetrine del Corso Marrucino. Nel più alto dei cieli, circondato dai putti, con in mano lo scettro della signoria sul globo e perfino un po’ scomposto, Dio comanda l’azione angelica contro i ribelli. Il pittore teatino Donato Teodoro, autore del dipinto nel 1739, ha voluto rendere così l’episodio apocalittico della cacciata di Lucifero dal Paradiso e la caduta degli angeli ribelli. «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutto il mondo, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli» (Apocalisse 12, 7-9).
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