Itinerario nella provincia di Ferrara
Ferrara. La visione michelangiolesca del Bastianino
Le tappe dell’itinerario
La catechesi sulla fine del mondo e sul destino dell’uomo nell’Aldilà ha un’enfasi tutta particolare nella Cattedrale di Ferrara. Sulla facciata compare un lungo e complesso ciclo di sculture dedicate al tema del Giudizio universale che risale alla metà del Duecento. Tre secoli più tardi lo stesso tema del Giudizio universale è affrescato dal Bastianino in grande evidenza nella calotta dell’abside. Cambiano i generi artistici (dalla scultura alla pittura, dal romanico al barocco) ma il destino di salvezza o di perdizione continua a ossessionare la predicazione per immagini della chiesa ferrarese e del potere civile a lei alleato. È infatti per volontà di Alfonso II d’Este che la decorazione del semicatino absidale viene affidata al pittore Sebastiano Filippi detto il Bastianino, l’esponente più significativo di una famiglia di artisti ferraresi. Il Bastianino aveva fatto un viaggio a Roma ed era rimasto folgorato dalla pittura di Michelangelo nella Sistina. Il Giudizio che lui dipinge a Ferrara tra il 1577 e il 1580 rivela nitidamente il suo ascendente michelangiolesco e, pur non essendone una copia, contiene ampie citazioni del Giudizio vaticano.
Al centro della scena è il Cristo che pronuncia il giudizio finale sull’umanità. Intorno a lui, sulle nubi, fanno corona i beati e gli angeli. La risurrezione dei morti occupa l’angolo di sinistra in basso: da lì ha inizio il processo ascendente dei beati. Nell’angolo di destra in basso è la scena dell’arrivo dei dannati all’Inferno.
Gesù pronuncia il giudizio con il gesto imperioso della mano destra levata che scaglia il verdetto di condanna e di salvezza. Anche la Madre che intercede per i risorti e tenta di temperare l’ira divina deve sottomettersi alla volontà giustiziera del Figlio. Il gesto divino mette in moto e anima l’intera scena. Intorno al giudice fanno corona gli angeli nel doppio ruolo di spettatori degli eventi e di portatori degli strumenti della passione; tra le mani angeliche spiccano la colonna della flagellazione e la corona di spine. Alcuni beati sono facilmente riconoscibili grazie agli oggetti che li identificano: Pietro ha le chiavi in mano, l’apostolo Andrea e il buon ladrone Disma portano la croce del loro supplizio, il giovane Sebastiano mostra le frecce che l’hanno trafitto, Biagio mostra i pettini di ferro che l’hanno straziato, Bartolomeo esibisce la pelle che gli è stata scorticata. Si riconoscono pure un Girolamo dalle fattezze leonardesche e la prima coppia, Adamo ed Eva, in atteggiamento affettuoso.
Lo spazio tra il cielo e la terra è molto animato. Quattro angeli trombettieri planano sulla terra svegliando i morti col suono delle trombe. I cadaveri riacquistano la vita e si sollevano dalle loro sepolture. In una gara di solidarietà gli angeli scendono sulla terra e aiutano i risorti ancora appesantiti dalla pena da espiare ad alzarsi e a prendere la via del cielo. In cielo, con un selvaggio corpo a corpo, un angelo e un demone si contendono il corpo di un risorto. All’ascesa degli eletti corrisponde la caduta dei dannati, trascinati dai diavoli e scaricati come rifiuti alla bocca dell’Inferno. Portati al cospetto di Minosse ne viene deciso il girone punitore. Si può notare il contrasto tra il candore della pelle della fanciulla nuda e terrorizzata e la brutalità del diavolo scuro di pelle che l’abbranca per portarla dal giudice infernale.
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