Itinerario nella provincia di Lecco

Civate. La Città santa sul monte

Le tappe dell’itinerario

Siamo in Brianza, nei dintorni di Lecco. Da Civate una mulattiera medievale risale la Valle dell’Oro e conduce al complesso romanico di San Pietro al Monte. La visita degli ambienti e la lettura degli affreschi aiutano a decifrare i significati spirituali e apocalittici della Gerusalemme celeste, la città santa sul monte. L’arrivo all’abbazia benedettina è emozionante. Appare subito l’oratorio di San Benedetto, dalla semplice pianta a croce e con tre absidi. Di fronte una scalinata sale all’aula basilicale di San Pietro preceduta da un pronao semicircolare con deliziose bifore. Siamo di fronte a un capolavoro dell’architettura romanica lombarda. Come non ricordare la visione del profeta Daniele (40,2): La mano del Signore fu sopra di me ed egli mi condusse là. In visione divina mi pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una città.

Questo luogo propone l’immagine simbolica del Paradiso. Per intenderla appieno dobbiamo però entrare nell’abbazia e seguire il filo degli affreschi che essa contiene (un ciclo pittorico tra i più importanti del secolo undicesimo). Quattro sono le immagini che ci attirano. La prima è quella del seno di Abramo che compare sulla lunetta interna sopra la porta principale. Il Paradiso è rappresentato come un giardino nel quale siedono i tre patriarchi dell’antico testamento: Abramo, Isacco e Giacobbe. Essi portano in grembo le anime dei giusti, tra i lembi del mantello sollevati con le mani. Una rappresentazione semplificata di questo Paradiso è il solo seno di Abramo. L’immagine descrive teneramente l’amore paterno: è la scena del padre che solleva i figli piccoli e se li mette sulle ginocchia per coccolarli e giocare con loro. La scena rende bene il senso teologico del paradiso come premio e ricompensa del Dio-Padre per i suoi figli e come aspirazione dei giusti a trovare rifugio, protezione, sicurezza e gioia tra le braccia del padre-madre. La parabola del povero Lazzaro e del ricco Epulone ricorda che, quando il povero morì, “fu portato dagli angeli nel seno di Abramo”.

La seconda immagine, nella volta dell’ingresso, è l’apocalittica Gerusalemme celeste. È una città di forma quadrangolare, circondata da mura fortificate con diciotto torrette. Ai quattro angoli della città sono scritti i nomi delle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. In ogni lato della cinta si aprono tre porte ad arco e nel vano di ogni porta si affaccia un angelo. Al centro della città, tra i due alberi della vita, è raffigurato Cristo Pantocratore che troneggia sul globo del mondo. Nella mano sinistra ha un libro aperto sul quale si legge Si quis sitis, veniat (se qualcuno ha sete, venga a me). Con la mano destra regge la canna per misurare la città.

La terza immagine occupa le vele della volta. Quattro omini in ginocchio versano acqua da altrettanti otri. Le scritte dicono: Tigris, Eufrates, Geon, Fison. Gli omini con l’otre sono dunque simbolo dei quattro fiumi che nascono dall’unica sorgente divina, secondo il racconto biblico della Genesi (2,10): C’era un fiume che usciva dall’Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e veniva a formare quattro bracci.

La quarta immagine del Cielo è all’interno della cupola del ciborio: attorno all’Agnello fanno corona diciotto figure che indossano una tunica o una toga. Sono le vittime della “grande tribolazione” (Ap 7,14-17), i martiri perseguitati e uccisi a causa della loro fede: Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi.

Queste immagini ci raccontano l’evoluzione dell’idea di Paradiso e la sua progressiva urbanizzazione. Il Paradiso è dapprima pensato come un Eden arboreo e floreale, un grande parco dalla lussureggiante natura. Evolve poi verso l’idea del giardino cinto da mura, del parco urbano protetto, del chiostro, dove è privilegiata la verticalità del rapporto terra-cielo rispetto all’orizzontalità spaziale. E infine approda all’idea della città santa, della dimora di Dio con gli uomini (Ap 21,3).

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