Itinerario nella provincia di Parma
Parma. Il Giudizio finale nella Cattedrale
Le tappe dell’itinerario
Il Duomo di Parma e il vicino Battistero costituiscono uno dei complessi monumentali più importanti dell’arte romanica padana, grazie soprattutto al contributo che vi ha apportato Benedetto Antelami. Anche il Cinquecento ha però lasciato nella Cattedrale una traccia importante grazie alle opere di numerosi artisti. Risalta la bellissima Assunzione della Vergine, a cui la Cattedrale è dedicata, dipinta nella cupola per opera del Correggio. Vanno ricordate le scene della vita di Cristo, dall’Annunciazione alla Resurrezione, affrescate da Lattanzio Gambara. E infine l’affresco del Giudizio universale che Girolamo Bedòli-Mazzòla, allievo del Parmigianino, ha realizzato nel catino absidale tra il 1538 e il 1544.
La visione del Giudizio finale si limita agli avvenimenti che accadono in cielo; ne risultano invece esclusi gli eventi terrestri abitualmente rappresentati negli affreschi dedicati a questo soggetto (la risurrezione dei morti, la separazione dei beati dai dannati, il paradiso e l’inferno).
Va sottolineato il carattere di “sacra rappresentazione” della visione, accentuata dal suo carattere molto “teatrale”. Non a caso l’artista ha voluto introdurre nel dipinto le immagini dei due angeli che sollevano il sipario di scena e lo arrotolano in alto, aprendo agli spettatori la visione dell’ultimo giorno.
Al centro della scena è la figura di Gesù giudice, che scende dall’empireo luminosissimo e va a sedersi (non molto comodamente, in verità) su un trono di nuvole. Gesù ha il viso incorniciato da barba e capelli biondi; solleva le braccia e agita le mani mostrando i fori dei chiodi; pure visibili sono le piaghe dei piedi e la ferita sul costato. Alle sue spalle una folla immensa di angeli dai riccioli biondi fa capolino dal cielo e viene a sedersi sulle nuvole per godersi lo spettacolo.
Sul palcoscenico del cielo due elementi sono introdotti per ‘staccare’ la figura del giudice e metterla in evidenza rispetto alla folla dei comprimari: gli angeli sollevano la grande croce del supplizio e la colonna della flagellazione a formare una sorta di quinta di scena. La croce porta ancora i chiodi infissi e la corona di spine, mentre la colonna reca ancora attorcigliata la fune che vi legava Gesù. L’ostensione degli strumenti della passione di Gesù è completata dagli angeli fuori scena che collocano sul palcoscenico la lancia di Longino e la canna con la spugna imbevuta di aceto.
Le due figure collocate con maggiore evidenza ai lati del giudice sono gli intercessori. Vediamo Maria, la Madre di Gesù, che fa appello al Figlio con la mano alzata (un angelo, in segno di venerazione e cortesia, l’agevola sollevandole il lembo del mantello); di fronte vediamo San Giovanni Battista il precursore, a gambe accavallate, con i suoi tradizionali attributi (la croce astile, l’abbigliamento eremitico, il mantello rosso del martirio), che col dito indica Gesù agli astanti come colui che deve venire («Ecce Agnus Dei»). Alle spalle degli intercessori siedono gli Apostoli, che formano il tradizionale tribunale celeste. I primi due sulla sinistra sono Pietro (con l’attributo delle chiavi) e Giovanni (con il calice); a destra si riconosce Paolo (con la spada del martirio).
Il significato complessivo dell’immagine è che il sacrificio di Gesù, la sua morte e la sua risurrezione, rendono possibile una nuova alleanza con l’umanità e un’opportunità di salvezza per tutti: questo mistero viene replicato continuamente con le celebrazioni eucaristiche sull’altare collocato sotto l’affresco absidale.
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