Itinerario nella provincia di Arezzo
Arezzo. Le visioni apocalittiche di Bicci di Lorenzo e di Spinello Aretino
Le tappe dell’itinerario
La Basilica di San Francesco, gloria di Arezzo, edificata tra il Duecento e il Trecento, presenta un grandioso interno a navata unica, in stile gotico francescano, fiancheggiato da edicole e cappelle ogivali. Essa è soprattutto famosa per uno dei capolavori della pittura rinascimentale, la Cappella Bacci con il ciclo di affreschi della Leggenda della Vera Croce, dipinti da Piero della Francesca. L’opera di Piero fu però preceduta dall’intervento del pittore fiorentino Bicci di Lorenzo che decorò la volta della Cappella e dipinse il Giudizio Universale sull’arco trionfale, prima di morire nel 1452.
Bicci dipinge la sua visione dell’ultimo giorno centrandola sulla figura del Cristo, ritratto all’interno della mandorla radiante, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza. Il giudice, col braccio levato, scaglia la sua sentenza di condanna contro i peccatori, facendosi affiancare da due angeli che mostrano la croce e la lancia, gli strumenti che ricordano il suo sacrificio. Due cori di serafini rosati si schierano in volo ai lati del trono e accompagnano la parusia divina. Altri due angeli fanno squillare le trombe che chiamano i morti alla risurrezione dei corpi. I dodici apostoli compongono il tribunale celeste che affianca il giudice. La Madonna e il Battista svolgono il ruolo di avvocati difensori e impetrano misericordia per i risorti. Sul fianco sinistro dell’arco Bicci ritrae il gruppo dei risorti, appena emerso dagli avelli tombali. L’espressione serena dei volti e i gesti della preghiera segnalano che si tratta del gruppo dei beati. Tutt’altro panorama è quello del fianco destro dell’arco. Qui è infatti raffigurato il corteo dei dannati che giunge all’inferno. I peccatori sono maltrattati e addentati da diavoli dai colori forti e dai volti animaleschi di lupo, leone e caprone. In basso le fiamme annunciano la punizione eterna.
Un altro suggestivo tema apocalittico è stato dipinto nel 1400 da Spinello Aretino sulla parete della Cappella Guasconi. Si tratta della battaglia ingaggiata dagli angeli rimasti fedeli a Dio contro gli orgogliosi angeli ribelli capitanati da Lucifero. La fonte è il capitolo 12 dell’Apocalisse: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli». Spinello impagina le storie di San Michele su tre scene sovrapposte. In alto si vede il consulto degli angeli fedeli intorno a Gesù e alla donna dell’Apocalisse. Al centro è descritta la cruenta battaglia tra gli angeli fedeli a Dio e gli angeli ribelli che hanno assunto sembianze diaboliche e sono stati precipitati all’inferno. Le schiere angeliche sono guidate dall’arcangelo Michele che combatte contro l’apocalittico drago dalle sette teste. Recise da un fendente dell’arcangelo, tre teste diaboliche giacciono in terra prive di vita. In basso è descritta l’apparizione dell’arcangelo Michele a Papa Gregorio Magno. Seconda la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, Gregorio Magno sale al soglio pontificio sullo sfondo di una città in preda all'anarchia ed alla carestia, sommersa da una rovinosa piena del Tevere e afflitta da una terribile pestilenza, che decima la già scarsa popolazione. Per invocare la misericordia divina, papa Gregorio organizza una processione di tre giorni a cui prende parte l'intera cittadinanza. Giunti al mausoleo di Adriano i romani vedono stagliarsi contro il cielo violetto la sagoma luminosa di un angelo nell'atto di riporre nel fodero una spada fiammeggiante. È il 29 agosto del 590. Quella sera stessa la pestilenza cessa. Il mausoleo di Adriano sarà da allora in poi chiamato Castel Sant'Angelo.
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