Itinerario nella provincia di Grosseto
Paganico. Scene dell’Oltretomba
Le tappe dell’itinerario
La chiesa parrocchiale di San Michele è situata nel centro storico del paese di Paganico. Fu costruita tra il 1297 e il 1345 dall’ordine degli Umiliati, che avevano un convento nel paese. La chiesa, a pianta rettangolare con il coro e il campanile sul retro, custodisce un ciclo di affreschi, risalenti al 1368, di grande valore artistico nel panorama della pittura maremmana del medioevo. Opera del senese Biagio di Goro Grezzi, questi affreschi rappresentano le storie di san Michele Arcangelo, l’Annunciazione, la Natività, l’adorazione dei Magi, le Allegorie dell’Oltretomba, le figure dei Quattro Evangelisti e una serie di Sante.
Il pittore ha dipinto la rappresentazione dei possibili destini dell’anima dopo il giudizio individuale. In tre settori di pari superficie sono così descritti il purgatorio, la pesatura delle anime e l’inferno. In una chiesa a lui dedicata è ovviamente l’arcangelo Michele a mostrarsi nel suo ruolo di ponderator. Egli provvede a pesare le anime su una bilancia a doppio piatto, sensibile comunque alle suppliche e alle offerte votive degli intercessori. Le preghiere e le offerte fanno affidamento sulla protezione mariana e servono anche ad accelerare l’uscita delle anime purganti dal fuoco del Purgatorio: il pittore ha voluto così rappresentare Maria che scende dal Paradiso, con la corona di regina sul capo e scortata dagli angeli, per sollevare dal fuoco un’anima redenta. L’Inferno non è descritto ma solo immaginato dietro l’apertura di una grande caverna. L’anima vi si dirige scortata da una figura inquietante che ha le fattezze della morte e del demonio.
Il pittore ha voluto ricordare anche altre storie dell’arcangelo Michele: la leggenda legata alla sua apparizione sul monte Gargano, il combattimento apocalittico contro il drago demoniaco, l’apparizione sul Mausoleo di Adriano ai tempi di Papa Gregorio Magno mentre rinfodera la spada e segna la fine della pestilenza a Roma.
Non manca il Trionfo della morte, con la scena della vecchia megera a cavallo di un destriero nero, montato a pelo, che porta legata alla cintura la terribile falce e dal suo arco micidiale fa partire una freccia acuminata. Sopra di lei Cristo commenta: “ O tu che leggi pon chura ai colpi di chostei / c’hocise me che so signior di lei”.
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