Ai piedi del Morrone - 1798-99: la battaglia di Roccacasale

Passeggiate alle falde del Morrone

L’attacco francese all’Abruzzo

Il 26 marzo 1796, Napoleone Bonaparte costituisce l’armata d’Italia con l’intento di conquistare la penisola. L’esercito napoleonico scende verso il Regno delle due Sicilie e il 3 dicembre 1798 avvia l’occupazione militare dell’Abruzzo. I francesi, guidati dal generale Rusca, marciano da Pescara verso Sulmona per poi continuare verso Napoli. Gli abruzzesi rimangono fedeli al Borbone e sentono alto il valore della patria e della religione; iniziano ad armarsi spontaneamente e ad aggregarsi in piccole bande attorno ai “capimassa”. Ai francesi che avanzano da Popoli si contrappone così un piccolo esercito popolare organizzato dal capomassa Giuseppe Pronio e guidato dal barone De Santis di Roccacasale. Nella gola di Intramonti sui francesi che avanzano si scatena una fitta sassaiola; seguono scaramucce con l’ausilio di sciabole e fucili; ma dopo cinque giorni la resistenza viene debellata dall’arrivo di rinforzi francesi; si conclude così la battaglia di San Terenziano. Le truppe napoleoniche dilagano nella Conca Peligna e per ritorsione assaltano l’abitato di Roccacasale e il castello che era rimasto sguarnito di un’opportuna difesa. La strage coinvolge i castellani e i parenti del barone De Santis, senza risparmiare donne e bambini. Tra le vittime è anche don Donato Taddei, il quale, con la croce in mano uscendo dalla chiesa di San Michele Arcangelo e intimando ai Francesi in nome di Dio di fermarsi, è colpito da un colpo di sciabola che lo decapita.

Un’escursione alle falde del Morrone? Idea stravagante! Già Ignazio Silone ammoniva che per raggiungere molti villaggi di questa montagna «bisogna camminare a piedi, bisogna meritarseli, versare conche di sudore, come i pellegrini d’una volta, salire scendere risalire lunghe coste, provare la propria virtù. Non sono montagne per turisti, ma per eremiti; non per vacche ma per capre e serpi; montagne aride deserte, di poca erba, di gente povera».

I turisti più pigri dedicano al Morrone un’occhiata distratta e gli preferiscono la piana di Sulmona, solcata dai fiumi, dall’autostrada e dalla ferrovia, pulsante di industrie e di centri commerciali, di deliziosi borghi e cittadine. Gli escursionisti seri, se vengono da queste parti, puntano direttamente alle cime che svettano sulla valle dell’Orta e guardano invidiosi la lunga cresta del monte Amaro.

Ieri era diverso. Sui fianchi del Morrone avremmo incontrato agricoltori che salivano a curare i campi d’altura. Avremmo incontrato pastori che salivano per la monticazione, greggi di  pecore e di capre, bovini e cavalli. Non era raro incrociare eremiti, asceti e solitari diretti agli eremi rupestri o a remote grotte con gli altarini. Non mancava qualche brigante, qualche ribelle in cerca di rifugi e libertà. Gli anziani vi racconteranno dei prigionieri fuggiti dal campo di Fonte d’Amore e delle pattuglie di tedeschi che li rastrellavano; o di più antiche storie di combattimenti tra francesi e borboni.

Oggi i pochi pastori rimasti vengono dalla Macedonia e parlano slavo con qualche stentata frase in italiano. Sulle sterrate pedalano sudati gli amanti della mountain bike e scorazzano infangati patiti del motocross. S’incontrano gli operai forestali e le guardie del Parco con i loro fuoristrada. Incontriamo gruppi di giovani dell’associazionismo cattolico in marcia verso gli eremi. E perché no, anche qualche camminatore buongustaio.

C’è spazio per un escursionismo di scoperta, curioso, attento ai segni del tempo? Forse sì. L’area dell’escursione è caratterizzata da uno straordinario intreccio di elementi paesaggistici e naturalistici (la Fons amoris di Ovidio, la valle dei Preti, i monti della Rocca, la conca peligna), archeologici (il tempio di Ercole, le fortificazioni italiche), monumentali e artistici (i castelli di Orsa e Roccacasale, la Badia Morronese), eremitici (i rifugi di Pietro Celestino, l’eremo di San Terenziano, l’eremo del beato Mariano) e storici (la base militare di Fonte d’Amore, campo di concentramento al tempo dell’ultima guerra, e oggi sede formativa dell’organizzazione penitenziaria).

Itinerario

Per approfondire

L’escursionista troverà molto utile consultare la carta dei sentieri “Montagne del Morrone”, in scala 1:25.000, pubblicata nel 1997 dalla sezione di Sulmona del Club Alpino Italiano.  La mappa è accompagnata dalla descrizione dei sentieri e da una guida alla montagna e ai paesi del Morrone, scritta da Giancarlo Cerchece. Utile è anche la “carta turistica” con i sentieri del Parco nazionale della Majella in scala 1:50.000.

La più affascinante introduzione alla figura di Celestino V, eremita del Morrone, resta tuttora “L’avventura di un povero cristiano” dello scrittore abruzzese Ignazio Silone. Il Centro internazionale di studi celestiniani (www.operacelestiniana.org) propone piste di ricerca, convegni, una rivista e una ricca bibliografia. Per conoscere e visitare gli eremi celestiniani si consigliano il volume che Edoardo Micati ha dedicato a “Eremi e luoghi di culto rupestri della Majella e del Morrone” (Carsa, 1990) e la più recente guida “Gli eremi di Celestino V” scritta nel 2008 da Riccardo Carnovalini e Roberta Ferraris per l’editore Terre di Mezzo.

Campi di battaglia

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