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L’Italia della pietra a secco
Passeggiate tra i monumenti dell’architettura spontanea
Il Pian della Faggeta di Carpineto Romano
Il Pian della Faggeta è l’anticamera dei monti Lepini. Gli escursionisti vi lasciano l’auto per avviarsi sui sentieri che salgono alle panoramiche cime della Semprevisa, dell’Erdigheta e del Capreo. Gli speleologi si rivestono delle tute, si armano di fari, corde e ferraglia, e vanno a infilarsi in una delle duecento grotte nei dintorni. I botanici e i naturalisti, muniti di fotocamere, vanno alla scoperta delle orchidee che fioriscono nella prateria. Ma il pianoro è anche un quartiere in quota dei paesi vicini. Villette, rustici, case di legno, baracche, recinti ospitano gli appassionati del weekend che si dedicano agli orti e alle grigliate o gli allevatori che si occupano di piccoli e grandi animali. Insieme ai pianori di Segni, di Montelanico e Camporosello, il Pian della Faggeta caratterizza la catena occidentale dei monti Lepini sotto il segno del carsismo: raccoglie le acque piovane, frutto dei frequenti temporali provocati dalla vicinanza del mare, le inghiotte in doline e pertugi e, dopo un percorso sotterraneo, le fa riemergere a Ninfa. A tutti questi motivi d’interesse il piano aggiunge i percorsi ‘archeologici’ delle capanne di pietra e degli insediamenti agro-pastorali utilizzati fino alla metà del Novecento.
Le tappe dell’itinerario
L’itinerario
Il punto di riferimento di questa escursione è Carpineto Romano, dignitoso paese che ha tenuto alta la memoria del suo Papa Pecci, il Leone XIII autore della Rerum Novarum. Arrivati a Carpineto dopo aver percorso la Via Carpinetana che traversa i Lepini e congiunge Colleferro a Priverno, si sale al Pian della Faggeta con una buona strada lunga sei km. Si parcheggia al termine dell’asfalto, sulle piazzole attrezzate. Chi voglia avere un’idea completa del pianoro può percorrere il lungo anello di strade sterrate che lo traversano in piano e lo ripercorrono in quota. Le aree di sosta e i pannelli informativi sulla botanica e il carsismo ritmano il percorso e aiutano a comprendere la geografia del luogo.
Il percorso archeologico delle capanne lepine è più breve ma un pochino più scomodo. Si lascia infatti la tranquilla sterrata (segnata con le bandierine bianco-rosse del sentiero Cai numero 8) che traversa la valle in direzione sud e ci si inoltra sui primi pendii che delimitano la valle a oriente. Il paesaggio è segnato dall’alternarsi di valloncelli e di costoloni rocciosi e dalla presenza di piccole conche e doline carsiche.
L’insediamento agro-pastorale
Su questi pendii si sono trasferiti per lungo tempo i pastori di Carpineto. Seguendo i ritmi stagionali della transumanza verticale, i pastori vi hanno edificato rustiche abitazioni capaci di accogliere anche le loro famiglie, e vi hanno sviluppato le micro-attività economiche per la sussistenza, l’auto-consumo, l’artigianato e il piccolo commercio. Oggi ne possiamo vedere ancora le reliquie. Traversiamo in successione piccoli insediamenti familiari formati da capanne di pietra, recinti per gli animali, aree pascolive, piccoli orti e depositi. La grande disponibilità di pietre in loco ha favorito l’edificazione di manufatti. La prima esigenza vitale in ambiente carsico è ovviamente quella dell’acqua. Sono così visibili numerosi pozzi distribuiti nelle zone più basse. Il Pozzo Comune è il più grande e declina nello stesso nome la sua funzione di servizio a tutto l’insediamento, dotato com’è di una vasca per l’abbeverata degli animali. Altri pozzi sono dotati di rilievi di protezione, di strutture per il sollevamento dell’acqua e di coperture anti-inquinamento. Il passaggio da un fondo all’altro è segnato dai muretti di confine. Queste barriere più che una funzione di confine delle proprietà (le terre erano demaniali e venivano date in fitto) avevano il compito di impedire l’invasione distruttiva del bestiame al pascolo. Le opere più ingegnose sono i terrazzamenti e i muretti di contenimento. I muretti servivano a proteggere i preziosi fazzoletti di terra dal dilavamento e dagli smottamenti e a consentirvi la coltivazione di mais e cereali di montagna, dei prodotti dell’orto e degli alberi da frutto. Ciascun insediamento è poi dotato di uno stazzo: si tratta di un recinto di pietra nel quale di notte veniva ricondotto e custodito il gregge di pecore o di capre, con un varco destinato alla mungitura. Si osservano infine le opere più caratteristiche: le capanne di forma tonda, ovale o quadrata, utilizzate dal pastore e dalla sua famiglia per dormire, mangiare e per tutte le attività domestiche. Le coperture vegetali e i tetti di legno sono scomparsi. Ma gli spessi muri di pietra che ne costituiscono le basi sono ancora ottimamente conservati. Il focolare, i fori per le traverse dei letti, i ripostigli scavati nei fianchi, riescono ancora a emozionare. A fianco delle capanne abitate sorgono spesso capanne di servizio per tutte le attività complementari. Di giorno il pastore portava in quota il suo gregge, mentre i familiari accudivano i piccoli animali, si occupavano dell’orto, cucinavano o andavano per mercati a vendere i propri prodotti. La sera ci si ritrovava tutti intorno al focolare.
Per approfondire
Si segnala la guida “Monti Lepini” curata da Stefano Milani che descrive 22 escursioni a piedi ed è corredata dalla carta dei sentieri in scala 1:25000 (Edizioni Il Lupo, Sulmona, 2005). L’escursione sul Piano della Faggeta può essere completata dalla visita del Museo della Pastorizia e Agricoltura “Le Capanne” nei pressi di Carpineto in località Colle San Giovanni.
La ricognizione del percorso è stata effettuata il 28 febbraio 2015