Itinerario nella provincia di Pescara

Super flumina Babylonis

Le tappe dell’itinerario

La provincia di Pescara è la più giovane dell’Abruzzo. È nata infatti solo nel 1927 grazie all’iniziativa di Gabriele D’Annunzio e del ministro Giacomo Acerbo, rosicchiando terre e paesi alle province vicine. Oggi è certamente l’area economicamente più dinamica della regione. Ma noi seguiremo percorsi inconsueti per scoprire venerande immagini dell’aldilà e antiche storie. Icona di questo percorso è il pons subtilis che scavalca il fiume infernale a Loreto Aprutino. E due fiumi del pescarese, il Tavo e l’Orta, famosi per i loro orridi e la wilderness da cui nascono, ci fanno da filo d’Arianna nella nostra ricerca.

Il fiume Tavo attraversa una delle zone più belle del Parco nazionale del Gran Sasso. Nasce sul margine orientale di Campo Imperatore, precipita nel vallone d’Angora dove scende a valle tra le alte pareti di un canyon selvaggio, di divincola tra il Mortaio d’Angri, la Bocca dell’Inferno, la cascata del Vitello d’Oro e Farindola e sfocia nel lago di Penne, a sua volta area protetta. Uscito dal lago, il fiume solca le colline dell’olivo e accosta le capitali dell’olio aprutino, quattro centri che sono altrettante tappe del nostro viaggio tra le visioni dell’aldilà: Loreto Aprutino e la chiesa di Santa Maria in Piano, Moscufo e la chiesa di Santa Maria del lago, Pianella e la chiesa di Santa Maria Maggiore, Cappelle sul Tavo con le memorie del Messia d’Abruzzo.

Il fiume Orta sgorga dalle sorgenti del Passo di san Leonardo, solca una valle caratterizzata da gole, grotte, luchi, piscine, prima di confluire nel fiume Pescara. Autentica attrazione del parco nazionale della Maiella, questo fiume è scavalcato da un altro pons subtilis, cagione di capogiri e vertigini per chi lo attraversi a piedi venendo da Salle, ma che ci apre la strada verso la bella chiesa di San Tommaso di Caramanico.

L’ultima tappa dell’itinerario pescarese è Pescosansonesco, paese che vigila l’antico Tratturo Magno nel tratto che dalla Forca Penne scende verso la Casauria.


Loreto Aprutino: il giudizio universale di Santa Maria del Piano


L’immagine del giudizio di Loreto Aprutino è giustamente famosa ed è diventata ormai un simbolo dell’Abruzzo insieme al guerriero di Capestrano, alla basilica di Collemaggio e all’orso marsicano. La fama dell’affresco databile 1429 è giustificata dai suoi splendidi colori, da un’intrigante visione medievale e dall’onirica arcadia primaverile del suo Paradiso.

Il bel giudice, dal volto sereno e con un nimbo a croce, scende dal cielo in un’iride sostenuta dagli angeli, seduto su un trono, e mostra a braccia aperte le ferite alle mani, ai piedi e al costato. Ai suoi piedi sono inginocchiati su due nubi gli intercessori oranti: Maria a mani giunte e il Battista a braccia incrociate. Gli angeli annunciano l’ora del giudizio con il suono delle lunghe trombe adorne dei vexilla regis e con i cartigli che riportano la chiamata divina: surgite mortui. Sull’altare vuoto sono deposti gli strumenti della via crucis: la croce, i dadi e la veste, la corona di spine con il mantello regale dell’ecce homo, la lancia di Longino, la picca, il secchio e la canna con la spugna imbevuta d’aceto, la colonna della flagellazione, le fruste e i flagelli, la mano dello schiaffo, il pugno e i segni dello scherno e della derisione, i chiodi, il martello, la tenaglia. È l’insieme delle Arma Christi, strumenti della sua passione e della salvezza per gli uomini. Ai piedi dell’altare sono inginocchiati Agostino, Francesco e Domenico, i grandi santi fondatori dei rispettivi omonimi Ordini religiosi.

A destra dell’affresco l’inferno è stato cancellato; ne rimane solo qualche frammento, una belva dantesca, qualche ghigno e qualche fantasma.

La scena più famosa dell’affresco è quella dei cortei di giovani che si sottopongono alla prova del ponte del capello, un ponte che diventa sempre più sottile nello scavalcare un nero fiume di pece. V’è chi supera la prova con agile leggerezza ed è accolto da un leggiadro angelo psicopompo in un giardino fiorito, ma anche chi barcolla sotto il peso della colpa, scivola, cade ed è trascinato via dai gorghi del fiume infernale. Al di là del ponte un elegantissimo arcangelo Michele, seduto su un trono istoriato, sottopone i risorti alla pesatura sulla bilancia a doppio piatto.

La scena di questo ‘ponte della prova’ (pons probationis) ricorre in diverse visioni della letteratura medievale. Gregorio Magno, ad esempio, racconta nei suoi “Dialoghi” «che c’era un ponte e sotto vi scorreva un fiume nero e caliginoso che esalava come una nuvola di intollerabile fetore. Sul ponte avveniva questa prova, che chiunque fosse malvagio e volesse oltrepassarlo, cadeva nel fiume oscuro e puzzolente, mentre i giusti, cui la colpa non faceva ostacolo, attraversandolo con passo libero e sicuro giungevano ai luoghi ameni. Attraversato il ponte c’erano prati ameni e verdeggianti adorni di fiori profumati, su cui si scorgevano gruppi di uomini vestiti di bianco. Aleggiava su quel luogo un profumo di così intensa soavità che la sua fragranza saziava coloro che lì passeggiavano e abitavano».

Se il ponte del capello ha giustamente scatenato la curiosità degli interpreti e la ricerca delle fonti medievali, bisogna anche riconoscere che le scene più godibili del Giudizio lauretano sono i tre Paradisi che vi sono rappresentati.

Il primo è l’hortus, il giardino paradisiaco, il paradiso terrestre, un Eden botanico che genera fiori colorati, cespugli d’erba e alberi frondosi, una sorta di Campi Elisi affollati di spiriti che colgono i frutti della loro nuova vita.

Il secondo è il Paradiso urbanizzato, la Gerusalemme celeste, il castello delle delizie, la torre della beatitudine contrapposta alla babele infernale. A presiederlo sono i tre patriarchi biblici, Abramo, Isacco e Giacobbe, il cui ‘seno’ è un’altra metafora del Paradiso. La porta d’accesso è aperta da San Pietro con le chiavi consegnategli da Gesù. Nella torre paradisiaca le figurine dei beati ascendono per botole e scale sui balconi e qui sono rivestite dagli angeli: ricevono la veste candida e la corona della vittoria, una ghirlanda di fiori portata in gran quantità da un angelo che scende dal cielo. Le danze in terrazza sono accompagnate dai suoni dei violini e della chitarra di tre angeli musicanti.

Il terzo è il Paradiso celeste, al di sopra delle nubi, nell’empireo dei sette cieli. È la Toussaints, la chiesa trionfante, costituita dalle schiere di santi e beati, uomini e donne, che accolgono in preghiera la seconda parusia del Cristo.

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