Itinerario nella provincia di Pordenone
Sesto al Réghena. Meditazione sui Novissimi nell’Abbazia di Santa Maria in Sylvis
Le tappe dell’itinerario
Sesto è un comune della pianura friulana disteso lungo il fiume Réghena a corollario della storica abbazia di Santa Maria in Sylvis. L’antico monastero dell’ottavo secolo ha visto alternarsi tra le sue mura i monaci benedettini, agostiniani, domenicani, francescani e vallombrosani. Oggi è una delle mete più fascinose per chi esplora le terre di pianura a cavallo tra il Veneto e il Friuli. Noi sostiamo nel Vestibolo all’ingresso della Basilica, uno spazio interamente affrescato da Antonio da Firenze e dai suoi collaboratori alla fine del Quattrocento. Sulle pareti vediamo le scene del Giudizio dell’arcangelo Michele, dell’Inferno e del Paradiso, che fanno seguito all’incontro dei tre re e dei tre morti. Si tratta di una complessa meditazione sulle realtà ultime dei Novissimi.
La Morte
La catechesi dei Novissimi inizia con la meditazione sulla Morte. Il messaggio ammonitore è affidato alla scena allegorica dell’incontro tra i vivi e i morti. Tre sovrani sontuosamente vestiti, con la corona sul capo e i cavalli bianchi, sono in escursione nel bosco e fanno un incontro raccapricciante: sul sentiero sono disposte tre bare che contengono cadaveri in tre diverse fasi di decomposizione. Nell’affresco è ancora leggibile la prima bara (già infestata di rettili e insetti, con un cadavere di morte recente) e parte della seconda (con un cadavere mummificato, avvolto tra i serpenti). I nobili reagiscono in modo diverso: il primo segnala i morti ai compagni e sterza il cavallo per allontanarsi velocemente; il secondo è inorridito e si stringe le mani sul volto in un gesto di raccapriccio; il terzo si tura naturalisticamente il naso. Un monaco esce dal suo eremo rupestre e affida a un lungo cartiglio la sua meditazione sulla vanità della vita umana.
Il Giudizio
Dopo la Morte, l’anima di ogni persona è sottoposta al Giudizio. L’esame individuale è affidato al giudizio dell’arcangelo Michele che si avvale della bilancia a doppio piatto dove sono pesate le opere buone e le cattive compiute da ciascuno. Vediamo l’arcangelo, rivestito dell’armatura di comandante delle milizie celesti, che brandisce la spada a doppio taglio e schiaccia col piede un demonio che tenta di falsare la pesatura. Le anime che hanno superato positivamente l’esame sono prese in braccio dagli angeli e sono accompagnate in volo fino alla “porta stretta” del Paradiso, dove sono amorosamente accolte. Le anime dannate sono invece prese in consegna dai diavoli e attraversano la “porta larga” dell’Inferno.
L’Inferno
La descrizione dell’Inferno ruota attorno alla figura centrale di Lucifero, sovrano infero. Le condizioni molto malandate dell’intero affresco e le numerose perdite di pellicola pittorica non agevolano la lettura. Tuttavia di Lucifero si può ancora apprezzare la spettacolare apertura alare. Lo vediamo immerso fino ai fianchi nell’immenso lago ghiacciato del Cocito, brulicante di anime dei traditori, sferzate dalle raffiche di vento gelido prodotte dalle ali membranacee del protagonista del nono cerchio dantesco. La sua testa trifauce sbrana i corpi dei grandi traditori che egli ha già stritolato nelle sue mani. La sezione di sinistra dell’affresco descrive l’arrivo dei dannati all’Inferno e l’accoglienza loro riservata dai diavoli. Infilzati dai forconi, i dannati sono precipitati nell’antro infernale, dove piangono e si disperano i superbi; i peggiori tra di loro sono direttamente trasportati per essere serviti come pasto di Lucifero. Il volet di destra ambienta l’Inferno all’aperto, in un panorama segnato da alture, avvallamenti e caverne. Vediamo puniti un vescovo e un cardinale che si sono arricchiti grazie al loro peccato di simonia: legati con i serpenti a un letto di contenzione, sono costretti a trangugiare oro fuso versato forzosamente nelle loro gole dai mestoli dei diavoli aguzzini. Una seconda punizione coinvolge barattieri, corrotti e corruttori, truffatori e imbroglioni: gettati in una caldaia di pece che bolle sul fuoco, sono artigliati dai forchettoni dei diavoli. Nitida è anche la scena dantesca della punizione dei violenti: una pioggia di fuoco tormenta incessantemente bestemmiatori, sodomiti e usurai. Segue la scena della punizione degli iracondi e degli accidiosi: accecati dall’ira, i dannati lottano e si picchiano tra di loro.
Il Paradiso
Il Paradiso è incorniciato dai sette cieli dell’empireo, popolati da cori di serafini e cherubini, e ha al centro la scena dell’incoronazione di Maria, con il Figlio che pone una corona sul capo della Madre. Gesù ha lunghi capelli biondi e indossa una tunica rossa (colore del martirio) e un mantello azzurro (segno di regalità). La Madonna, inginocchiata in preghiera, è rivestita da un manto di stelle. Tutt’intorno si sviluppa la festa esultante degli angeli. Un gruppo danza in cerchio tenendosi per mano. Un’orchestra di strumenti a corda, a fiato e a percussione (chitarra, viola, trombe, tamburello e triangolo) suona una musica celestiale. Altri angeli compongono il coro vocale e intonano il repertorio dei canti. Le schiere di Beati si affollano intorno al Cristo e a sua Madre, ordinatamente disposte in file sovrapposte e suddivise per categorie. La prima fila in alto comprende gli uomini giusti dell’antico Testamento: Si riconoscono, tra gli altri, Giovanni Battista (con la tunica eremitica di peli di cammello), Abele (con l’agnello), Noè (con l’arca), Mosè (con le due tavole della legge), il patriarca Abramo (con il coltello del sacrificio del figlio Isacco), il re David (con la cetra), Tobia (con il pesce), Giosuè (con l’armatura e il sole in mano). La fila sottostante raggruppa gli Apostoli, gli Evangelisti e i Martiri. Si riconoscono Andrea (con la croce), Giacomo (con il bordone), Bartolomeo (con il coltello del martirio), Pietro (con le chiavi), Tommaso (con la squadra), Paolo (con la spada), i quattro Evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni (con i rispettivi Vangeli in mano), Stefano (con le pietre della lapidazione sul capo). Le due file sottostanti sono composte dai santi Padri, dai Dottori della Chiesa, dalle Gerarchie, dagli Eremiti, dai Religiosi e dai fondatori degli Ordini: Gregorio Magno (col triregno e il libro), Girolamo (con la Vulgata), Agostino e Ambrogio (col flagello degli eretici), Benedetto, Antonio Abate (con il tau), Antonio da Padova, Nicola (con i tre sacchetti d’oro), Pietro da Verona (con l’ascia sul capo), Francesco (con le stimmate), Domenico di Guzman, Bernardino (col sole). La fila in basso accoglie la schiera delle donne sante. Si riconoscono, tra le altre, Rita da Cascia (con le rose), Elena (con la croce), Chiara (col saio e il ramo d’ulivo), Margherita (con la croce, il libro e la palma), Agata (con i seni sul piatto), Maria Egiziaca (con l’abito eremitico), Anastasia (con il libro), Maria Maddalena (con i capelli sciolti e la boccetta d’unguento).
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