Itinerario nella provincia di Bergamo
Urgnano. Un affollatissimo Giudizio finale
Le tappe dell’itinerario
Urgnano è un comune della pianura bergamasca, situato dove l'antica strada romana chiamata Francesca incrociava la Cremasca. Tra i suoi monumenti spiccano la trecentesca Rocca Albani, la parrocchiale dei santi Nazario e Celso con il campanile cilindrico del Cagnola e il santuario della Basella. A ovest del borgo, oltre la circonvallazione, sorge la chiesetta della Trinità. La cappella, dall’esterno anonimo, ospita all’interno un interessante ciclo di dipinti cinquecenteschi che narrano episodi dell’antico testamento e della vita di Cristo. Il ciclo si conclude con un’estesa rappresentazione del Giudizio universale, posta sulla controfacciata, sopra il portone d’ingresso e le due finestre laterali.
Al centro della visione è la parusia di Gesù, disceso dall’empireo attraverso il varco luminosissimo della mandorla, seduto sull’arcobaleno simbolo della riappacificazione e della nuova alleanza con l’umanità. Sostenuto da due cherubini egli indossa un mantello di colore rosso, simbolo del martirio, e mostra le sue cinque piaghe. Tutt’intorno, un gruppo di angeli in volo regge e mostra ai risorti gli strumenti della passione: la corona di spine, la canna con la spugna, la croce, la colonna della flagellazione, la lancia, il flagello, i chiodi, il martello e la tenaglia. I due intercessori, la madre Maria e Giovanni Battista, invocano in preghiera la sua misericordia. Il Cielo ospita, seduta sulle nuvole, la folla sterminata dei Santi. Le due schiere ai lati di Gesù vedono in prima fila San Pietro (con le chiavi del regno dei cieli) e San Paolo (con la spada del suo martirio). Dietro di loro – spesso identificabili dai loro attributi – si riconoscono gli altri apostoli, i patriarchi biblici, i profeti, i martiri, i dottori della chiesa, i confessori e i fondatori di ordini, le gerarchie, i religiosi, le donne velate e le altre donne sante.
Quattro angeli tubicini si lanciano dalle nuvole diretti ai quattro angoli del mondo e suonano le trombe del giudizio per chiamare i morti alla risurrezione universale. Il loro messaggio è sintetizzato nel cartiglio che riporta il versetto della vulgata “surgite mortui, venite ad iudicium”.
La sezione di sinistra dell’affresco è ambientata in un paesaggio che riproduce la pianura bergamasca sullo sfondo della catena montana delle Orobie. In questa valle di Giosafat i risorti si sottopongono al giudizio individuale dell’angelo ponderator; l’arcangelo Michele, in abiti guerrieri, pesa le anime dei risorti sulla bilancia a doppio piatto e con la lancia tiene a distanza un diavolo che tenta di inquinare la prova. I giusti sono accolti dagli angeli e scortati in corteo su una remota altura. Di qui iniziano la loro ascensione verso il Paradiso. In prima fila, accanto all’arcangelo, vediamo un papa con il triregno, cui un angelo indica il cielo: si tratta probabilmente di Papa Pio V Ghisleri, amico degli Albani di Urgnano. La sezione affrescata a destra del portone d’ingresso descrive lo scenario infernale. L’Inferno è rappresentato come un vasto paesaggio rupestre, segnato da una successione di antri. I dannati, sospinti dai demoni, fluiscono in massa sulle rive dell’Acheronte. Lì la barca di Caronte provvede a trasferirli sull’altra riva. Altri demoni guidano i dannati nelle spelonche cui sono destinati. Dall’ingresso della caverna più grande si affaccia la spaventosa bocca spalancata del Leviatano infernale, l’apocalittico drago che ingoia i dannati nella sua gola profonda. Uno spaccato dell’Inferno mostra Lucifero seduto come sovrano infero, speculare parodia del Cristo giudice. Dietro di lui si alzano le mura in fiamme della dantesca città di Dite. La città infernale trova le sue icone più famose nelle bibliche Sodoma e Gomorra e nella Babilonia dell’Apocalisse. Questa città sotterranea e in fiamma richiama l’oracolo di Ezechiele su Tiro: “ti farò scendere nella fossa, verso un popolo di tempi lontani, e ti farò abitare nelle regioni sotterranee, in luoghi desolati da secoli, con quelli che sono scesi nella fossa, perché tu non sia più abitata: allora io darò splendore alla terra dei viventi. Ti renderò oggetto di spavento e più non sarai; ti si cercherà, ma né ora né mai sarai ritrovata" (Ez 26, 20-21).
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