Itinerario nella provincia di Cuneo
Castelletto Stura. La Cappella di San Bernardo da Mentone
Le tappe dell’itinerario
Castelletto è un villaggio sorto lungo la riva della Stura di Demonte. Poco fuori del paese, sul piazzale del cimitero, è stata restaurata una vecchia cappella dedicata a San Bernardo di Mentone, protettore degli alpinisti. La cappella risale al Quattrocento ed è stata interamente affrescata probabilmente dal pittore Giovanni Mazzucco intorno all’anno 1488. Sopra l'altare è visibile una Madonna col bambino e santi. In alto, sulle vele della volta, sono dipinte le Storie della passione di Cristo: il tradimento di Giuda, l'andata al calvario, la crocifissione, la discesa al limbo e la risurrezione. Sulla parete a destra è la rappresentazione dell'Inferno con la sottostante Cavalcata dei vizi. Sulla parete opposta troviamo la rappresentazione del Paradiso, l’incoronazione della Vergine e le Opere di misericordia.
Come a Bastia, il Paradiso è immaginato come la Gerusalemme celeste dell’Apocalisse: «la città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli». Vediamo gli angeli che presidiano le torri della città. E vediamo (o immaginiamo, dato il deterioramento della parte bassa dell’affresco) San Pietro che vigila la porta d’ingresso. All’interno delle mura, su un trono regale, Maria, la madre di Dio assunta in cielo, viene incoronata per mano di Dio padre e del figlio Gesù, sotto il frullo d’ali della colomba dello Spirito santo e nel tripudio dei serafini. La cerimonia dell’incoronazione è accompagnata dalle musiche suonate da un’orchestra celeste. L’artista ha voluto citare tutto il catalogo degli strumenti musicali del Quattrocento. A sinistra, il primo angelo suona l’organo portatile; dietro di lui due angeli suonano il piffero; sopra di loro altri due angeli suonano la viella e il tamburo. A destra il primo angelo pizzica le corde dell’arpa; lo seguono due angeli trombettieri e i suonatori di liuto e tamburello. La scena centrale è affiancata dai cori dei beati, organizzati in sei file ordinate. Molti di loro sono facilmente riconoscibili grazie agli attributi identificativi: è il caso degli apostoli Pietro (con le chiavi), Andrea (con la croce), Paolo (con la spada). Una fila comprende le gerarchie ecclesiali: il papa, i cardinali, i vescovi. Li seguono i santi fondatori delle grandi famiglie religiose di francescani, benedettini e domenicani. A destra sono invece le donne sante. In alto a sinistra San Maurizio con il suo vessillo precede la Legione Tebea mentre a destra è Sant’Orsola a guidare il suo esercito di vergini.
Le Opere di misericordia sono associate al Paradiso e contrapposte alla Cavalcata dei vizi. Secondo il Vangelo di Matteo chi avrà dato aiuto al suo prossimo (affamato, assetato, nudo, pellegrino, ammalato, in carcere, morto) sarà premiato poiché avrà dato aiuto a Cristo stesso. Non a caso nell’affresco le persone assistite sono tutte raffigurate con l’aureola sul capo. La serie delle opere di carità è ormai ben poco leggibile, ma si riconoscono ancora il prigioniero visitato in carcere, l’ignudo rivestito, l’affamato rifocillato, il pellegrino ristorato con un pediluvio, l’officio per il defunto.
La scena infernale è preceduta dall’immagine della discesa agli inferi. Nell’intervello tra la sua morte e la sua risurrezione, Gesù discende nel Limbo e libera dalla prigionia i progenitori Adamo ed Eva, i patriarchi e i giusti della Bibbia. A Castelletto il Limbo è raffigurato come la bocca del Leviatano, il grande rettile infernale. Gesù discende con il vessillo della sua vittoria in mano e trae da quella bocca spalancata i canuti vegliardi del primo testamento.
Lo spazio dedicato all’Inferno vede al centro l’immagine di Lucifero incatenato. Il grande Satana afferra con le mani due dannati e se li porta alla bocca per divorarli, mentre dalla bocca-ano defeca un superbo. Altri dannati gli fanno da sgabello e da tappeto sotto i piedi. Intorno a Lucifero sono descritte le pene infernali. La pena della ruota dentata e del pozzo è destinata ai superbi. Gli avari e gli usurai sono ingozzati forzosamente dall’oro fuso che un diavolo trae con un mestolo da una caldaia o presi a randellati. A sinistra è piantato l’arbor mali, un albero disseccato che funziona da forca per dannati impiccati per la parte del corpo che ha peccato (l’occhio, la bocca, il sesso). Un diavolo fa cozzare l’una contro l’altra le teste di due dannati, rappresentanti di fazioni contrapposte.
Il corteo dei dannati accompagnato dai diavoli all’Inferno è tradotto nell’immagine della Cavalcata dei vizi. Sette personaggi interpretano i vizi capitali e cavalcano animali emblematici. Il primo è la Superbia, un nobile orgoglioso con la spada sguainata, a cavallo di un leone. I successivi sono purtroppo svaniti. Si riconosce ancora la Gola, con lo spiedo dell’arrosto sulla spalla, che tracanna vino da una brocca. Il settimo è forse l’Accidia, a cavallo di un asino indolente.
Visioni dell’aldilà
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