Itinerario nella provincia di Novara
Novara. L’Apocalisse nel Battistero
Le tappe dell’itinerario
Il Battistero di Novara risale al quinto secolo, al tempo della predicazione del primo vescovo San Gaudenzio e della nascita della chiesa novarese. Si tratta dunque del più antico Battistero paleocristiano in terra padana. Ha una pianta centrale a forma di ottagono, con un tiburio ad archetti sovrastato da una cupola medievale. Contiene un importante ciclo di affreschi databili intorno al 1019, realizzati da un maestro di cultura renana, che illustrano le sette piaghe dell’Apocalisse.
Il primo quadro descrive la scena dell’angelo che reca l’offerta all’altare: «Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto» (Ap 8, 3-5).
Il secondo quadro descrive la pioggia di grandine e fuoco sulla terra: «Il primo angelo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata» (Ap 8, 7).
Il terzo quadro descrive la caduta del monte incandescente nel mare: «Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto» (Ap 8, 8-9).
Il quarto quadro descrive gli effetti della caduta della stella Assenzio: «Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare» (Ap 8, 10-11).
Il quinto quadro descrive l’oscuramento degli astri: «Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente» (Ap 8, 12).
Il sesto quadro descrive il flagello delle locuste: «Il quinto angelo suonò la tromba: vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell'Abisso; egli aprì il pozzo dell'Abisso e dal pozzo salì un fumo come il fumo di una grande fornace, e oscurò il sole e l'atmosfera. Dal fumo uscirono cavallette, che si sparsero sulla terra, e fu dato loro un potere pari a quello degli scorpioni della terra» (Ap 9, 1-3).
Il settimo quadro descrive la scena apocalittica della donna celeste insidiata dal drago: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni» (Ap 12, 1-6).
Anche la cupola era ricoperta da affreschi di ispirazione apocalittica con il tetramorfo e gli angeli dai cento occhi.
Intorno al 1450 il pittore Giovanni de Campo dipinse una grande visione del Giudizio universale sovrapponendola a una delle preesistenti scene dell’Apocalisse.
Al centro della visione è la grande immagine del Cristo che pronuncia le sentenze del giudizio finale, trascritte nei due cartigli che regge nelle mani: «venite benedicti…» e «ite maledicti…». Gesù siede sul cuscino damascato di un trono verde, circondato da una mandorla iridescente che simboleggia l’arcobaleno della nuova alleanza; ha lunghi capelli biondi e la barba a due punte; indossa una tunica celeste bordata d’oro con un cingolo alla vita e un ampio mantello rosso; ha un nimbo dorato con una croce rossa ed esibisce le piaghe dei chiodi sulle mani e sui piedi e la ferita del costato. Gli fanno corona due gruppi di angeli. In alto sono i cori degli angeli oranti. Più in basso è il secondo gruppo composto dagli angeli che mostrano ai risorgenti gli strumenti della Passione: la croce, la colonna della flagellazione, la lancia di Longino il secchiello dell’aceto, la scala e la canna con la spugna. Sono anche visibili gli angeli con le lunghe trombe che suonano il risveglio dei morti.
Sotto il giudice siede il tribunale celeste composto dai dodici apostoli seduti sugli scranni di un lungo coro di legno. Possono essere riconosciuti grazie ai loro tradizionali attributi e alle scritte sulle pergamene: il primo è, ad esempio, San Pietro con le chiavi; il terzo è San Giacomo col bastone da pellegrino; il settimo è Andrea con la croce del suo martirio; lo segue Bartolomeo che ha in mano il coltello con il quale fu scorticato.
In basso a sinistra compare l’Eden, il Paradiso alberato. Vi staziona un gruppo dei Beati in preghiera nel quale si riconoscono facilmente la Madonna con la corona di regina del cielo e Giovanni il Battista nel ruolo degli intercessori, i re e le regine sante, Francesco e Domenico, i santi fondatori degli ordini.
In basso a destra è la grande caverna dell’Inferno, riempita da un lago in fiamme alimentato da un fiume di fuoco che scende dai piedi del giudice. Alla base delle rocce un grande demonio verde trafigge i dannati con un forcone. Uno scismatico appeso a testa in giù è squartato come un maiale. I diavoli rimestano coi forconi il carnaio dei reprobi puniti nel calderone infernale.
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