Itinerario nella provincia di Firenze

Firenze. Il Giudizio universale nel Battistero di San Giovanni

Le tappe dell’itinerario

Il Battistero fiorentino è dedicato a San Giovanni Battista. Situato di fronte alla chiesa di Santa Maria del Fiore, cattedrale della città, esso è noto per la sua celebre porta orientale, detta da Michelangelo la Porta del Paradiso, il capolavoro rinascimentale di Lorenzo Ghiberti. Il monumento che vediamo oggi è il frutto dell'ampliamento di un primitivo Battistero, risalente al IV-V secolo. Entrando nell’edificio, lo sguardo si alza verso il prezioso mosaico della cupola, dominato dall'enorme figura di Cristo seduto. Le scene del giudizio universale occupano tre degli otto spicchi della cupola. Negli altri registri orizzontali sono raffigurati i cori degli angeli e le storie di Giovanni Battista, di Cristo, di Giuseppe e della Genesi. Il mosaico è opera di artisti toscani ed è databile al periodo 1260-1275.


L’immagine di Gesù ha dimensioni soverchianti rispetto alle scene vicine, a significare così la sottomissione del creato alla potenza del giudizio divino. Gesù scende dall’empireo attraverso un varco aperto nella volta celeste, e viene a sedersi sui sette cieli e sull’arcobaleno della nuova alleanza. Il volto è sereno, privo d’ira, avvolto in una gran massa di capelli raccolti dietro la nuca, fornito di barba, baffi e mosca, incorniciato da un nimbo dorato e crociato. I fori dei chiodi sulle mani e sui piedi sono in evidenza. Il giudizio di salvezza e di condanna si esprime nel duplice gesto delle mani: la destra con il palmo aperto ad accogliere i beati e la sinistra con il dorso che respinge i dannati.


Ai lati di Gesù, in alto, trovano posto gli angeli. Due di loro suonano gli olifanti per svegliare i morti e chiamarli alla risurrezione. Due cortei di sette angeli procedono riverenti verso il Cristo reggendo nelle mani – velate in segno di rispetto – gli strumenti della passione: i tre chiodi, la corona di spine, la croce, il calice, il flagello, la lancia e la canna con la spugna dell’aceto. Al fianco di Gesù troviamo gli intercessori e il tribunale celeste. Tutti siedono sui morbidi cuscini dei loro scranni regali. Maria, la madre di Gesù, ha le mani alzate nella preghiera d’intercessione. Giovanni Battista mostra la barba e i capelli incolti del suo eremitaggio nel deserto; con il dito indica il vicino evangelista Matteo, che ha descritto nel suo Vangelo lo svolgersi del Giudizio finale. I dodici apostoli siedono benedicenti e hanno in mano i loro libri scritti nelle più diverse lingue a ricordare la loro opera di evangelizzazione del mondo dopo la Pentecoste. I lunghi scranni sono presidiati da dodici angeli, in piedi, alle spalle degli apostoli.


Le scene successive mostrano gli esiti del giudizio finale. Si comincia con la risurrezione dei morti. I risorgenti sollevano i coperchi dei loro sepolcri, escono dalle urne e apprendono la sorte individuale di salvezza o di condanna. A destra sono visibili la mestizia, l’angoscia e la disperazione sui volti dei dannati, insieme con la frenesia dei diavoli che – pur di impadronirsi delle loro vittime – scoperchiano essi stessi le tombe per affrettare i tempi. A sinistra, invece, la gioia trattenuta sui volti e i gesti di accoglienza degli angeli fanno da corona alla sorpresa e alla riconoscenza dei beati.


Il gruppo degli eletti, rese grazie al giudice, s’incolonna in corteo verso il Paradiso. Lo guida un angelo che mostra il cartiglio con la sentenza del giudice: “venite, benedetti del padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi”. Tra i beati si riconoscono il re Davide, un profeta, i progenitori Adamo ed Eva, un frate domenicano, un francescano, alcune monache, i vescovi, e i piccoli martiri innocenti. La porta del paradiso terrestre viene finalmente riaperta dopo la cacciata dei progenitori a causa del peccato originale: il primo a entrarvi, accolto da un angelo, è il buon ladrone Disma. In un giardino lussureggiante di fiori, piante e alberi paradisiaci, siedono i tre patriarchi biblici – Abramo, Isacco e Giacobbe - che accolgono in grembo le anime dei beati.


Sul fronte opposto si accalca la schiera dei dannati. I visi stravolti mostrano l’orrore per il terribile destino che li attende. Su di loro si avventano i diavoli in una sorta di ‘caccia selvaggia’. I primi sono caricati sulle spalle e poi scaraventati nel cratere di un vulcano. Altri bruciano tra le fiamme o sono ingoiati da rospi repellenti; altri ancora sono addentati da iguane cannibali e rettili feroci. Al centro dell’Inferno siede Lucifero, in una posizione simmetrica e antitetica a quella di Cristo e dei tre patriarchi. La sua barba riccia e nera contrasta anch’essa con la barba candida dei patriarchi e quella bionda del Cristo. Il volto è forse quello più celebre dell’iconografia diabolica, caratterizzato dalle grandi corna e dalla natura trifauce resa da tre bocche divoranti. Satana siede su un trono fiammeggiante, una grande graticola sostenuta dai diavoli, e afferra con le mani e gli artigli dei piedi i dannati che gli vengono offerti dai servizievoli demoni. Sul monte vicino un diavolo replica con un’irridente trombetta gli squilli degli angeli tubicini. Seguono le punizioni dei grandi peccatori. Giuda è impiccato a un albero. L’avaro (o l’usuraio) è costretto a bere oro fuso. Il ladro (o l’eretico) è fatto a pezzi con la roncola. Il sodomita è infilzato a uno spiedo e arrostito. Il ricco Epulone implora una stilla d’acqua per la sua lingua riarsa. Le vergini stolte sono ammucchiate tra gli accidiosi.

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