Itinerario nella provincia di Vicenza

Asiago. Il Giudizio universale di Adolfo Mattielli

Le tappe dell’itinerario

Asiago è il capoluogo dei Sette Comuni, al centro dell’altipiano e di una vasta conca circondata da colline e boschi, in vista di monti come lo Zebio e l’Ortigara resi celebri dalle battaglie della Grande guerra. Distrutta durante il conflitto, Asiago è risorta ed è oggi una rinomata stazione di villeggiatura. La centrale piazza Carli è dominata dal duomo dedicato a San Matteo apostolo ed evangelista. L’ampio interno è sovrastato da un Giudizio universale dipinto sulla volta negli anni 1944-45 da Adolfo Mattielli, pittore originario di Soave.


Al centro della composizione compare il Cristo giudice, seduto su un trono di nuvole in un alone di cerchi concentrici di luce abbagliante; un vento impetuoso gli solleva i capelli e fa svolazzare la lunga tunica bianca; regge in mano il cartiglio che riporta la sentenza e con la mano sinistra allontana dalla sua presenza i dannati. I dodici apostoli assumono il ruolo di giurati del tribunale celeste e gli fanno corona, seduti su morbidi pouf di nuvole. Il cielo sopra Gesù è presidiato dalle schiere ordinate dell’esercito celeste. I cori degli angeli risalgono l’empireo fino a stringersi intorno all’immagine trinitaria. Un gruppo di angeli esibisce gli strumenti della passione di Gesù: la lancia che ferì il costato, la canna con la spugna imbevuta d’aceto, la grande croce di legno, il titulus crucis, il velo della Veronica, la corona di spine, la colonna della flagellazione. Più in alto Dio Padre si affaccia su una balconata di nuvole per benedire gli eventi in corso. La colomba dello Spirito santo in volo completa la signoria della Trinità sul creato.


Sotto le nuvole la scena si anima vorticosamente. Un gruppo di angeli tubicini fa risuonare ai quattro angoli del mondo il suono squillante delle trombe che chiama i morti a risvegliarsi. La terra è un tavolato roccioso interrotto da un baratro profondo. Il cielo ha assunto un sinistro colore rosso. Le tombe si aprono e i corpi inumati emergono ancora rivestiti dai sudari. Gli angeli accorrono ad aiutare quei risorti che hanno ricevuto il premio della salvezza nella loro aerea ascensione verso il paradiso celeste: tra essi si scorgono frati e suore dei diversi ordini. Di contro il gruppo dei dannati fugge a perdifiato verso l’orrido baratro dell’Inferno, percosso da un demone che mena dei gran fendenti, mentre tra le nuvole si materializzano i diavoli alati, muniti di un aguzzo forcone. Neanche in questo momento estremo e disperato i dannati riescono a staccarsi dai beni e dai simboli dei vizi che hanno causato la loro perdizione. La scena si chiude con l’immagine di un risorto sulla cui tomba è stampato un irridente epitaffio: «qui giace Pio Magnaguai grande filosofo».

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