Itinerario nella provincia di Siena

San Gimignano. Il Giudizio finale, il Paradiso e l’Inferno di Taddeo di Bartolo

Le tappe dell’itinerario

Il pellegrino che scendeva a Roma lungo la Via Francigena amava sostare sul colle di San Gimignano. Qui trovava ristoro spirituale ed emozioni d’arte nella Collegiata, dove meditava sulle ‘cose ultime’ sotto le immagini dell’aldilà dipinte nel 1393 da Taddeo di Bartolo. Ancora oggi il duomo di San Gimignano è una tappa d’obbligo per tutti gli amanti dell’Italia medievale. Le pareti della chiesa sono interamente coperte da affreschi che raccontano le storie del nuovo e del vecchio testamento dipinte da illustri pittori della scuola senese del XIV secolo. Sulla parete destra è possibile ammirare un ciclo di affreschi del Nuovo Testamento, capolavoro di Lippo e Federico Memmi. Sulla parete di sinistra sono narrate le Storie del Vecchio Testamento, realizzate nel 1367 da Bartolo di Fredi. Nel Duomo è inoltre possibile ammirare un gioiello del Rinascimento, la Cappella di Santa Fina ove hanno lavorato insieme tre artisti fiorentini di grande fama: un architetto, Giuliano da Maiano, uno scultore, Benedetto da Maiano e un pittore, Domenico Ghirlandaio.


Gli affreschi di Taddeo di Bartolo si concentrano sulla controfacciata e sulle due pareti contigue della navata centrale. La scena del Giudizio finale è sulla controfacciata e distribuisce i suoi attori intorno al rosone centrale. In alto vediamo il Cristo giudice seduto sul trono all’interno della mandorla iridata sostenuta dai cherubini. Gesù ha in evidenza le piaghe della crocifissione e pronuncia la sua sentenza sollevando il braccio destro. Ai lati pregano in ginocchio per impetrare la misericordia del giudice i due avvocati difensori, la madre Maria e il precursore Giovanni Battista. Due angeli si lanciano in picchiata verso la terra e suonano le lunghe trombe per risvegliare i morti. Altri due angeli mostrano ai risorgenti gli strumenti della passione di Gesù e in particolare la croce, la lancia, la canna con la spugna, la colonna e i flagelli. Al fianco degli angeli presiedono al giudizio anche il patriarca Enoc e il profeta Elia che, secondo la tradizione biblica, non sono morti ma sono stati trasportati vivi in cielo e posti a guardia del Paradiso. Sotto il rosone vediamo la lunga balaustra di legno con gli scranni su cui siede il tribunale celeste formato dai dodici apostoli. Questi sono identificati dalle scritte sottostanti e da alcuni loro attributi come le chiavi per Pietro, il bastone da pellegrino per Giacomo, il coltello per Bartolomeo e la croce per Andrea.


Sulla parete a sinistra del Giudizio, Taddeo di Bartolo ha affrescato la sua visione del Paradiso. Tre gruppi ne sono attori protagonisti: la divinità, i cori degli angeli e i santi. In alto, sullo sfondo dei sette cieli, si stagliano le figure in trono di Gesù (con il libro aperto) e della Madonna, unite dalla colomba dello Spirito Santo. In una sorta di cerchio concentrico si distribuiscono gli angeli che fanno corona alla divinità. I cori angelici sono una presenza costante nelle visioni paradisiache, ma l’originalità dell’immagine nella Collegiata è tutta negli strumenti musicali suonati dagli angeli che documentano l’intero repertorio orchestrale medievale. Sono raffigurati nell’ordine una viella, il salterio, l’organo, il flauto, l’arpa e il liuto. Nella parte inferiore dell’affresco è descritta la comunione dei santi. Vi ritroviamo le gerarchie ecclesiastiche: un papa, un cardinale, numerosi vescovi, religiosi tonsurati e monache velate. Ma sono presenti anche figure di laici. In basso a destra San Paolo (con la spada e le lettere) precede il corteo dei santi fondatori di ordini (Domenico, Agostino e Francesco).


La parete opposta ospita la visione dell’Inferno. La figura diabolica di Lucifero sovrasta i luoghi di punizione dei sette vizi capitali, suddivisi in tre registri. In alto, accanto a Lucifero, sono punite la superbia e l’invidia, ovvero i peccati di cui l’antico angelo si è reso colpevole. Il secondo registro si articola nei tre loca poenarum destinati ai peccati della carne: la gola, l’avarizia e la lussuria. La fascia in basso ospita gli accidiosi e gli iracondi. Il mostruoso Lucifero trifauce siede sul suo trono infernale con un ghigno feroce da massacratore; ha tre facce, munite di altrettante coppie di corna, e con le sue tre bocche divora i grandi traditori, tra i quali Giuda, il traditore di Gesù; dal suo mostruoso ventre-ano fuoriesce un superbo; con le mani stritola due dannati e con le zampe unghiute da rapace artiglia i grandi ‘cattivi’ della Bibbia e i persecutori dei cristiani: Simon Mago, Nerone, Averroè, Massenzio, Nabucodonosor, il Faraone, Erode e Caino. Due diavoli si accaniscono con martello e tenaglia su Nerone ed Erode.

Taddeo di Bartolo inserisce nel tradizionale settenario dei vizi capitali, alcune sotto-categorie di peccato e i vizi assimilati. Nel caso della superbia, ad esempio, la punizione coinvolge il bestemmiatore (tranciato da una sega) e la vanagloriosa (che si compiace allo specchio mentre il diavolo le defeca sulla testa). Tra gli invidiosi è inserito il falso testimone (con il corpo coperto dagli scorpioni e costretto a ingoiare un liquido bollente); compaiono anche un dannato sventrato e due impiccati, uno per i piedi e l’altro per la lingua. Memorabile è la scena della punizione del vizio della gola: sei ghiottoni, tra i quali un indimenticabile monaco rotondetto, sono sottoposti al supplizio di Tantalo di fronte a una tavola imbandita di cibi e bevande. Nel riquadro dell’avarizia, l’avaro è strangolato con la corda che regge la sua scarsella di monete; l’antico detto che il denaro è lo sterco del diavolo è illustrato senza alcuna allegoria nel caso dell’usuraio; l’avido mugnaio è deriso dai diavoli che lo ingozzano di monete quando è ormai già ridotto a scheletro; chi presta soldi a usura viene immobilizzato e pugnalato.  Tra i lussuriosi sono puniti il sodomita (impalato su uno spiedo che finisce in bocca al suo drudo), il ruffiano con la sua compagna (flagellati con la frusta), l’adultera (baciata e palpata da un orrido e lubrico demonio). Gli accidiosi restano fermi nella inanità della loro pigrizia nonostante che vengano stimolati dal morso dei serpenti e dalle bastonate dei diavoli. Nel campo dell’ira un diavolo strangola un autolesionista suicida che si è inferto ferite con un pugnale. Sul fondo dell’affresco un corteo di diavoli conduce un gruppo di dannati verso la loro punizione; trascinano per i capelli una donna e si accaniscono contro una seconda donna bionda versandole addosso del liquido bollente e tormentandole il sesso con un bastone infuocato.

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