Itinerario nella provincia di Viterbo
Lucifero e i suoi antenati in terra di Tuscia
Le tappe dell’itinerario
Bomarzo: l’Orco greco-romano nel Parco dei Mostri
L’escursione nell’aldilà dei nostri progenitori può proseguire con la consigliatissima visita al parco dei Mostri di Bomarzo. Questo Bosco Sacro cinquecentesco è un famoso complesso naturale e monumentale di grande suggestione, cosparso di gigantesche figure di animali mostruosi e fantastici e di esseri mitologici favolosi. Un’iscrizione esplicita accoglie il visitatore: “Voi che pel mondo gite errando vaghi / di vedere maraviglie alte e stupende / venite qua, dove sono faccie horrende / elefanti, leoni, orsi, orchi et draghi”. E noi andiamo alla inaspettata scoperta degli abitanti dell’Ade dei greci e dei latini: l’Orco, Ecate, Caco, Cerbero, Echidna, Proserpina.
Conviene però prima rinfrescare le memorie scolastiche e ricordare come Virgilio descrive la struttura e gli abitanti dell’oltretomba nella sua Eneide:
-l’ingresso dell’Orco è un vestibolo dove risiedono le personificazioni dei mali e delle passioni umane; sulla soglia sono i mostri mitologici: i centauri, Briareo, l’idra di Lerna, le gorgoni, le arpie, Gerione;
-segue la regione antistante l’Acheronte dove si aggirano le anime degli insepolti; esse attendono lungamente che Caronte le possa traghettare ad di là del fiume;
-il terzo spazio è quello dell’Antinferno; vi risiedono i bambini morti prematuramente e le vittime della violenza: i condannati a morte ingiustamente, i suicidi, i morti per amore, i guerrieri;
-superato il Flegetonte si entra nel Tartaro, circondato da una triplice cortina di mura e vigilato da Tisifone. Giudice è Radamanto. I dannati vengono precipitati in un immenso baratro. Vi troviamo i dannati mitici: Titani, Lapiti, Tizio, Teseo, Flegias. E gli altri peccatori: fraudolenti, avari, adulteri, traditori della patria e della fede, violenti, incestuosi;
-superato il palazzo di Plutone, si giunge infine nell’Elisio.
Anche qui a Bomarzo, in una splendida selva ricca di vegetazione rigogliosa, terrazze naturali e anfratti, troviamo l’Orco, l’ingresso al mondo infero, un’enorme testa mostruosa, impietrita in un grido di spavento. I romani chiamavano Orco sia Plutone che l’Erebo, il suo regno nell’oltretomba. L’Erebo era un luogo sotterraneo tenebroso collegato da un vestibolo al mondo umano. Quest’Orco di Bomarzo è dunque la porta degli inferi, il vestibolo dell’ade, il Mundus romano, il canale di collegamento tra l’aldiqua e l’aldilà.
Incontriamo poi Ecate, divinità infernale legata al mondo delle ombre, che regna sui demoni, evoca gli spiriti, spaventa gli uomini, vaga nella notte per le strade, annunciata dal latrato delle cagne. Secondo la tradizione è qui rappresentata nella pietra con tre teste mostruose.
Impressionante è il gruppo dei giganti: l’Ercole semidivino e sereno squarcia in due Caco urlante. Caco, altro personaggio infernale, figlio di Vulcano, dal quale aveva ereditato la fiatata sulfurea, è descritto da Virgilio “un mostro orrendo mezzo fera e mezz’uomo, e d’uman sangue avido”. Ladro e ribaldo, rubò due giovenche a Ercole e mal gliene incolse.
La quarta statua è quella di Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell’inferno. A Bomarzo è raffigurato con due bocche chiusa e una aperta e pronta a mordere. Aveva il compito di impedire alle ombre di uscire e ai vivi di entrare. Dante lo aveva così descritto: “Cerbero, fiera crudele e diversa, / con tre gole caninamente latra / sovra la gente che quivi è sommersa. / Gli occhi ha vermigli, la barba unta ed atra, / e il ventre largo, e unghiate le mani; / graffia gli spiriti, gli scuoia ed isquatra”.
La quinta abitatrice infernale del Bosco di Bomarzo è Echidna; aveva l’abitudine di divorare i passanti ed era la madre di figli mostruosi come Cerbero, l’Idra di Lerna e la Chimera; qui è raffigurata con un paniere di frutti della terra sulla testa, con una lunga coda di serpente, ali di pipistrello, mentre è intenta a scavare furiosamente il terreno con le unghie.
E infine incontriamo Proserpina, la greca Persefone, dea della terra, moglie di Ade e regina dell’Averno, la bella e giovane figlia di Cerere, dea delle messi. Per farla sua sposa Plutone era sbucato all’improvviso dalle viscere della terra su un carro tirato da quattro cavalli neri, nei pressi della fonte di Aretusa, in Sicilia, dove la giovinetta si trastullava con le ninfe a cogliere fiori, e l’aveva rapita trasportandola nel suo fosco regno sotterraneo.
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>> Bomarzo: l’aldilà greco-romano nel Parco dei mostri
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