Itinerario nella provincia di Viterbo
Lucifero e i suoi antenati in terra di Tuscia
Le tappe dell’itinerario
Tuscania: il giudizio finale in Santa Maria Maggiore
Nella chiesa di Santa Maria Maggiore, il giudizio finale si sviluppa sull'arco trionfale. Le diverse scene che compongono l'ultimo evento umano sono chiaramente distinte e individuabili. La resurrezione dei morti occupa lo spazio a sinistra e al centro dell'arco. Le figurine nude degli uomini e delle donne emergono dalle loro sepolture in terra e dai sepolcri scoperchiati. Numerosi corpi hanno in testa la tonsura tipica degli ecclesiastici e dei religiosi. In alto, nella mandorla sorretta dagli angeli, appare il Cristo nimbato che chiama con la mano stimmatizzata gli eletti in paradiso. Ai suoi lati gli apostoli, guidati da Pietro con le chiavi, siedono sui troni, componendo così un'efficace e armonica corte di giustizia. Compaiono nell'affresco tutti i segni del giudizio: due angeli trombettieri, il sole oscurato, la croce del sacrificio, la colonna con i flagelli, la canna con la spugna imbevuta d'aceto, la lancia usata per il colpo al costato. Maria introduce al cospetto del Figlio cinque lunghe schiere di beati, ciascuno identificato da un attributo del suo rango: spiccano tiare, corone, tonsure, barbe, copricapi di tutte le fogge, veli, mantelli, tuniche. Si riconoscono il diacono Stefano, primo martire e i santi fondatori di Ordini come Benedetto e Francesco. Ai piedi del giudice sgorga un fiume di fuoco che investe l'intero inferno. Delle rocce aperte e fiammeggianti suggeriscono la collocazione sotterranea dei loca poenarum. Assai caratteristici sono i cinque angeli che con lunghi forconi spingono i dannati al supplizio, aiutando così la corrente del fiume infernale. Si riconosce la punizione dei peccatori appesi allo spinoso albero del male. L'ambiente è affollato. Alcuni diavoli-camerieri afferrano i peccatori spinti da altri volenterosi diavoli-buttadentro e li porgono servizievolmente al loro capo affamato. La figura del Lucifero divoratore è, in verità, più grottesca che spaventosa, autorizzando il nomignolo di “Caca anime” attribuitogli dalla tradizione locale. La scena dell'inferno si chiude con la bocca dentata del drago che azzanna alcune donne velate imboccato dai forconi di due diavoli. L'intero affresco, databile al secondo decennio del secolo XIV, contiene numerosi elementi del giudizio che Giotto affrescò a Padova nella cappella degli Scrovegni. Il terremoto che ha colpito Tuscania nel 1971 ha provocato danni anche all’affresco. L’Istituto centrale del restauro ha provveduto a staccare il dipinto, a consolidarlo e a ricollocarlo sul frontone, ma nulla ha potuto di fronte ad alcune perdite irrimediabili come la figurina del notaio Secondiano, committente dell’opera e raffigurato in ginocchio ai piedi della croce. Secondo la tradizione la figura di donna priva di aureola che la Madonna presenta al Giudice sarebbe la moglie di Secondiano.
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