Itinerario in Campania

Liveri. La visione dei Novissimi

Le tappe dell’itinerario

Liveri, in provincia di Napoli, è un piccolo centro alle porte dell’importante crocevia di Nola. Ancor oggi la sua notorietà economica è legata all’artigianato tradizionale della lavorazione della cera e della produzione di torce, candele e fiaccole. Ma il secondo motivo di richiamo è il santuario di Santa Maria a Parete, costruito nel Cinquecento sui luoghi dell’apparizione della Madonna a una pastorella. Il Tempietto all’interno del santuario è decorato dagli affreschi di Belisario Corenzio, un pittore attivo nel Napoletano a cavallo tra Cinque e Seicento. Tema degli affreschi sono i Novissimi, ovvero le realtà ultime cui l’uomo va incontro al termine della sua vita, secondo gli insegnamenti dell’escatologia cristiana. Le immagini dipinte da Corenzio sono quattro: la morte, resa con una danza macabra; il giudizio universale; il paradiso celeste; l’inferno.

La danza macabra è un soggetto di tradizione iconografica prevalentemente settentrionale che descrive un lungo corteo di persone importanti e gente comune, accompagnate e abbracciate a passo di danza da scheletri irridenti. Il significato è evidente: la morte è ineluttabile e coinvolge tutti, ricchi e poveri, potenti e semplici. Belisario Corenzio raffigura nella danza macabra di Liveri dodici personaggi. La metà sono laici: una donna giovane, una vecchia, un soldato armato, un re con la corona, un ricco mercante, un imperatore con lo scettro; l’altra metà del gruppo è costituita da ecclesiastici; dal semplice frate, salendo sulla scala gerarchica fino al vescovo in viola, al cardinale in porpora e al papa con il triregno. Dieci scheletri animati, dotati dei tradizionali attributi della morte, la falce e l’arco, si allacciano in varie pose agli umani accompagnandoli a un destino senza scampo.

Al centro della composizione è la scena della risurrezione dei morti e del giudizio universale. Quattro angeli si lanciano verso la terra suonando con le loro lunghe trombe il risveglio universale. Nella valle di Giosafat le ossa aride si rianimano, i cadaveri riprendono vita, i risorti si liberano dei sudari e si sollevano; i loro occhi, attoniti e sorpresi, si volgono verso l’alto per osservare un evento straordinario. Gesù appare in cielo, in una gloria sfolgorante di luce, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza, con le piaghe della passione in evidenza, accompagnato dalla Madonna e da Giovanni Battista in ginocchio nel ruolo degli intercessori: allarga le braccia e con la gestualità delle mani pronuncia il duplice giudizio di salvezza e di condanna.

A sinistra Corenzio dipinge l’immagine del Paradiso, un’ordinata struttura ascendente, una scala gerarchica articolata in fasce successive sorrette da strati nuvolosi. L’empireo è occupato dalla visione della Trinità divina, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo ma con al centro la figura di Maria in gloria, in omaggio alla dedicazione della chiesa.

La prima fascia sub-trinitaria è popolata dai cori degli angeli. Scendendo i successivi gironi troviamo le figure degli apostoli, dei patriarchi biblici e dei profeti; in successione s’individuano le figure del povero Lazzaro e dei santi martiri, tra cui Stefano e Sebastiano; in fondo sono i dottori della Chiesa, i fondatori degli ordini religiosi e le donne sante.

A destra è la scena dell’inferno, un disordinato caos brulicante di dannati e di diavoli, localizzato nelle profondità della terra. Dalle rocce sovrastanti i reprobi, spinti dai tridenti demoniaci, precipitano sul fondo, in uno scenario cupo, tra il riverbero delle fiamme e gli assalti dei serpenti. Qui figure demoniache repellenti prendono a randellate i dannati e li gettano nelle fauci del Leviatano, la bocca divoratrice del mostro infernale.

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