Itinerario in Campania

Padula. Lo “spaventoso giudizio” di Ionescu

Le tappe dell’itinerario

La chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori è al servizio della zona dello scalo ferroviario di Padula e del moderno quartiere di Cardogna, non lontani dalla celebre Certosa. L’interno della chiesa è rivestito da alcuni dipinti dell’artista romeno Aurel  Ionescu, realizzati nel 2000. Raffigurano scene della vita di Cristo e il giudizio universale. Ionescu è un pittore specializzato nell’arte sacra, formatosi in Romania e trasferitosi poi in Italia nel 1977, dov’è ora attivo con la sua bottega.


L’artista, in verità, si presenta al suo pubblico con uno strafalcione grammaticale, quando scrive sulle mensole delle finestre che tema dell’affresco è «il spaventoso giudizio». Ma nonostante la conoscenza dell’italiano ancora rudimentale, il dipinto risulta gradevole, colorato e ricco di particolari non comuni per il pubblico italiano.

La fascia alta dell’affresco descrive la fine del mondo: una coppia di angeli riavvolge il rotolo del firmamento e fa scomparire il sole, la luna, le stelle e i segni zodiacali. Al centro è descritta la seconda venuta di Gesù: il Cristo parusiaco attraversa i cieli e mentre gli angeli gli aprono le porte, fa la sua apparizione sul creato. Lo vediamo poi, immediatamente sotto, sedere sull’arcobaleno della nuova alleanza, con le piaghe dei chiodi in evidenza, che pronuncia la sentenza favorevole (la mano destra aperta all’accoglienza dei giusti) e di condanna (il dorso della mano sinistra che respinge gli empi). Intorno al Cristo compaiono i cori angelici, due angeli trombettieri che suonano le trombe del giudizio, la madre Maria e Giovanni il Battista nel ruolo degli intercessori. Sotto l’arcobaleno è raffigurato il tetramorfo, con i simboli dei quattro evangelisti (l’angelo di Matteo, il leone di Marco, il bue di Luca e l’aquila di Giovanni). Segue l’etimasia del trono-altare, con la colomba, l’ostensione della Croce e degli altri simboli della Passione. Ai lati dell’altare, in ginocchio, sono i progenitori Adamo ed Eva, ancora insidiati dal serpente diabolico, ma ormai liberati dal Limbo. Sotto l’altare appare la mano di Dio che regge la bilancia a due piatti e che pesa i rotoli con l’elenco delle opere buone e di quelle cattive di ciascun risorto. Ad affiancare il giudice è la celeste corte di giustizia formata dai dodici apostoli: i loro nomi sono scritti nelle aureole; i primi posti sono riservati a Pietro e a Paolo (che ha in mano i numerosi rotoli delle sue lettere). La risurrezione dei morti è descritta con la scena dei corpi che scoperchiano i sepolcri e si sollevano alla nuova vita già rivestiti della “candida veste”.

Sulle due colonne ai lati del portone centrale sono dipinti l’Eden e il Limbo: il Paradiso terrestre ha le porte chiuse e vigilate da un cherubino, come nel racconto della Genesi. Il Limbo è riaperto da Gesù che scende con la Croce a liberare le anime dei Giusti dell’antico testamento.

La fascia verticale a sinistra è dedicata al Paradiso. Gli angeli accolgono le anime dei giusti che salgono al cielo e pongono sul loro capo la corona della vittoria. In basso Abramo accoglie l’anima del povero Lazzaro, affiancato dagli altri patriarchi Isacco e Giacobbe e dal buon ladrone Disma con la sua croce, cui Cristo morente ha promesso il paradiso. Il posto d’onore è riservato in paradiso alla Madre di Gesù, servita dagli angeli.

La fascia verticale a destra è infine dedicata all’Inferno. Un fiume di fuoco nasce ai piedi del Giudice e va ad alimentare il lago infero dove troneggia Lucifero, all’ingresso della gola del Leviatano. Simmetricamente ad Abramo, Lucifero accoglie nel suo grembo Giuda, che ha ancora tra le braccia i sacchetti contenenti i trenta denari, prezzo del suo tradimento. Più in alto è la scena del superbo Lucifero che viene sbalzato dal suo trono di potenza e precipitato nel più profondo dell’Inferno, secondo i versetti del Siracide: «il Signore ha castigato duramente i superbi e li ha abbattuti fino ad annientarli. Il Signore ha rovesciato i troni dei potenti, e al loro posto ha fatto sedere i miti».

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