Itinerario in Campania

Napoli. Il Giudizio finale delle Clarisse nel Monastero di Santa Chiara

Le tappe dell’itinerario

Il Monastero di Santa Chiara a Napoli ha una storia lunga ma non molto fortunata. Nel corso dei secoli i terremoti hanno ripetutamente scosso le sue strutture. E il bombardamento americano del 1943, durante la seconda guerra mondiale, vi ha aggiunto devastazione e rovine. Non a caso gli è dedicata la notissima melodia napoletana “Munasterio ‘e Santa Chiara” che canta il desiderio struggente di tornare a Napoli dopo la guerra e, allo stesso tempo, la paura di trovarvi solo distruzione. Oggi, risorto dalle macerie e restaurato, si qualifica come uno dei più importanti complessi monumentali di Napoli e propone ai suoi visitatori la basilica gotica, il celebre chiostro maiolicato, il presepe napoletano, il museo dell’Opera e l’area archeologica.


Difficile da visitare è però l’affresco cinquecentesco del Giudizio universale, dipinto nel vestibolo dell’oratorio interno delle Clarisse, oggi compreso nell’area conventuale. L’affresco descrive la seconda venuta di Gesù, il giudizio universale e la separazione dei beati dai dannati. Sullo sfondo della luce dorata dell’empireo, Gesù viene sulle nubi a mostrare le piaghe dei chiodi della sua passione e a pronunciare la sentenza di salvezza e di condanna; sotto di lui l’arcobaleno della nuova alleanza incornicia l’ostensione della croce, sorretta da un angelo. Lo fiancheggiano gli intercessori: la madre Maria e il Battista. É anche presente l’arcangelo Michele con la spada sguainata che ha il compito di far eseguire la sentenza del giudice.

Per contestualizzare l’affresco in un ambiente francescano l’artista ha voluto inserirvi le due figure di San Francesco e di Santa Chiara, fondatori dei rispettivi ordini religiosi, raffigurati in grande evidenza, in ginocchio ai lati della croce. E poiché siamo in un ambiente monastico femminile, l’artista ha voluto caratterizzare il Paradiso intensificandovi la presenza femminile di martiri e sante. Le Clarisse potevano così riconoscere nella gloria del Paradiso l’imperatrice Elena, madre di Costantino, con la croce ritrovata; Lucia, la santa martire di Siracusa con gli occhi in un piattino; Santa Caterina d’Alessandria con la ruota del suo martirio; la Maddalena con i lunghi capelli e la boccetta dell’unguento profumato; Santa Margherita d’Antiochia che sottomette il drago con la forza della croce.

L’elemento di separazione tra il cielo e la terra è costituito dagli angeli tubicini che si recano ai quattro angoli del mondo e suonano le trombe del giudizio e del risveglio universale dei morti.


In basso a sinistra l’artista ha dipinto l’immensa massa dei risorti che nella valle di Giosafat attende di conoscere il proprio destino. Sono gli angeli che comunicano ai buoni la bella notizia della salvezza, pongono sul loro capo la corona della vittoria e li accompagnano verso il Paradiso. Si distinguono grazie alle loro insegne i re, i vescovi, i cardinali; ma colpisce soprattutto la presenza tra i beati delle Clarisse, con la testa velata.


In basso a destra è l’impressionante scena dell’Inferno. Un lungo corteo di dannati è condotto al suo triste destino. Molti mostrano in volto i segni dello sconforto e della disperazione; alcuni si inginocchiano per chiedere in extremis un gesto di misericordia ormai impossibile. I diavoli non usano alcuna gentilezza: forconi, sferze e flagelli si abbattono sui dannati, insieme con il flagello dei serpenti. La bocca del grande drago infernale si apre per ingoiare i reprobi. Nella gola del Leviatano si consumano le torture e i supplizi per i diversi vizi. La pena del contrappasso si applica così, senza alcun rispetto delle gerarchie, al re simbolo della Superbia, al religioso con il saio e poi ai golosi, agli iracondi, agli invidiosi. Domina la scena Lucifero, a cavallo del drago, con le insegne regali di signore dell’inferno: come Minosse, un serpente gli si avvolge intorno al torace e indica ai dannati la loro punizione.

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