Itinerario nella provincia di Rieti

Dies Irae in Sabina

Le tappe dell’itinerario

Il Paradiso e l’Inferno di Leonessa


Leonessa, allo sbocco della Vallonina, è la porta d’accesso settentrionale al Terminillo. È una cittadina amata dai turisti per la sua urbanistica di fondazione medievale, per le sue chiese e per la possibilità di passeggiare piacevolmente nelle strade che fioriscono come steli dal bulbo della bella piazza centrale. La nostra attenzione si concentra sulla chiesa di San Francesco, un autentico scrigno di beni culturali. Un portale tardo-gotico, l’interno a tre navate, il grande presepe, gli affreschi (tra cui una Maria lactans), le tele cinquecentesche, il convento, il chiostro porticato a due livelli, l’eccellente museo demoantropologico, la cripta con l’ex chiesa della Santa Croce che ospita l’omonima confraternita. In questa cripta, dai restauri del 1993 è riemerso un ciclo di affreschi trecenteschi con una vita di Cristo e due grandi immagini del paradiso e dell’Inferno sulle pareti contrapposte. I dipinti sono martoriati dagli interventi edilizi successivi per l’abbassamento del soffitto e l’apertura di passaggi, ma restano comunque intellegibili e interessanti.

Il Paradiso è descritto nella forma urbana della Gerusalemme celeste: una città cinta da alte mura con una torre che accoglie i beati. Dalla porta d’accesso, aperta, un angelo scende le scale e con delicato gesto di accoglienza prende per mano un risorto per accompagnarlo all’interno. Il beato è ancora nudo, non essendo ancora rivestito della veste candida e dalla corona della beatitudine. In terrazza uno stuolo di angeli, accompagnato dagli strumenti musicali a corda, canta in coro le lodi celestiali. Nella parte sinistra dell’affresco un gruppo di santi procede processionalmente al cospetto di Dio. Il gruppo comprende uomini e donne, religiosi e laici. Si può ipotizzare dall’abito che rivestono che i due religiosi tonsurati siano i santi fondatori di ordini religiosi, Francesco e Domenico e che l’abito delle clarisse individui Chiara. Sullo sfondo del gruppo dei beati si riconoscono gli alberi che adornano il giardino del paradiso.

La parete di fronte ospita la visione dell’inferno e le scene di punizione dei dannati. L’inferno è raffigurato come un luogo buio, illuminato da incendi e focolai localizzati di fiamme, presidiato dal gran dragone luciferino e popolato dai diavoli torturatori e da un gran numero di serpenti morsicatori. In molti casi i peccatori e le pene irrogate sono evidenti sulla base della legge del contrappasso. In altri casi occorre decifrare i cartigli esplicativi collegati alle scene nei loca poenarum. Di agevole comprensione è la punizione dell’avaro: un diavolo sputafiamme trae un mestolo di oro fuso da un paiolo e lo versa nella gola dell’avido usuraio. Il peccato originale è la causa dell’aspro battibecco familiare che, tra le fiamme dell’inferno, vede Adamo rimproverare Eva per il frutto dell’albero proibito. Classica è la pena del sodomita, infilato su uno spiedo che un diavolo aziona come un girarrosto. Un traditore è gettato da un diavolo nel pentolone pieno di liquido bollente appeso a un treppiede. Preti e frati accidiosi sono molestati dai serpenti. Il peccato dell’eresia dei dotti, l’eresia scritta e predicata, è punita dal morso velenoso dei serpenti sulla bocca. Più rara è la raffigurazione della pena dei dannati infilzati a testa in giù sulle spine dell’albero del male, versione speculare maligna degli alberi del Paradiso affrescati sulla parete di fronte. Come pure rarissima è l’immagine della pena del rogo che brucia il dannato legato a un palo sulla pira.

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