Itinerario nella provincia di Rieti

Dies Irae in Sabina

Le tappe dell’itinerario

Nella terra dei Sabini, tra il Tevere e la “via del sale”, il nostro itinerario tra le immagini del giudizio universale e dei regni dell’aldilà prevede dieci tappe. Partiremo dai primi colli a nord di Roma (Farfa) per inoltrarci tra gli ulivi della bassa Sabina (Montebuono e Poggio Mirteto) fino a raggiungere l’antica cattedrale dei Sabini (Vescovìo). Faremo poi una tappa importante a Rieti, il capoluogo della provincia. Procederemo di lì in tre direzioni: verso il lago del Salto (Capradosso); seguendo la via Salaria verso le Marche (Antrodoco e Amatrice); e concluderemo il viaggio in terra francescana, ai confini con l’Umbria di fronte ad una rasserenante visione contemporanea del destino della comunità umana (Colli sul Velino) e a due antiche immagini del Paradiso e dell’Inferno (Leonessa).

Il Tevere e la Via Salaria sono state storicamente importanti vie commerciali e di irradiazione del cristianesimo. La riscoperta moderna del Cammino di Francesco e della Via Carolingia segnalano che la Sabina è anche terra di scambio di culture e di concezioni del mondo. Mettiamoci allora in cammino.


Il giudizio fiammingo di Farfa


Il borgo e l’abbazia di Farfa si annidano in superba posizione sui primi colli della Sabina e attirano frotte di visitatori. I più curiosi si aggirano nelle navate della chiesa e si mettono in fila per la visita alla biblioteca e agli antichi ambienti di vita cenobitica. Altri si disperdono tra le botteghe borghigiane e le invitanti trattorie. Le due comunità dei monaci benedettini e delle suore brigidine accolgono gruppi di credenti desiderosi di rinvigorire la propria fede ma anche ricercatori e studiosi interessati ai manoscritti d’archivio e alle piante dell’orto botanico. Noi invece andiamo a metterci a naso in su sotto il grande dipinto di un pittore fiammingo del 1561 (la data è incisa in evidenza su una pietra in primo piano). Il senso della grande visione del giudizio universale è sintetizzato nella sottostante pergamena dedicatoria dei committenti: ut depicta vides aderit sic iudicis atrox ira malis premii gratia mera bonis, ovvero che l’immagine ammonisca gli spensierati sull’approssimarsi dell’ira terribile del giudice che incombe sui cattivi e della pura grazia del premio destinato ai buoni. L’arrivo del giudice sul trono delle nuvole e con i piedi poggiati sull’arcobaleno è molto teatrale e manifesta bene l’universalità dell’evento. Il Cristo ha una grande aureola luminosa, porta barba e baffi, è nudo con le piaghe in evidenza e reca annodato al collo un mantello rosso simbolo della divinità e del sacrificio del sangue. Alla maniera fiamminga il pittore ha sintetizzato le due sentenze di premio e di condanna (“Venite, benedicti” e “Ite, maledicti”) con l’immagine del giglio e della spada che fuoriescono divergenti dalla bocca del giudice. La scena è sfolgorante di calda luce dorata che si irradia verso il paradiso e i cori degli angeli. Il paradiso è reso da una lunga nuvola di forma circolare, sulla quale siedono gli intercessori e figure di beati, uomini e donne, in atteggiamento di contemplazione o di ammonimento verso i risorgenti. Due grandi angeli si lanciano a capofitto dall’alto dei cieli verso la terra e suonano le loro lunghe trombe per annunciare la resurrezione universale. Dai sepolcri emergono bellissimi corpi nudi di donne e uomini. Una testa di mummia si rianima. Alcuni corpi risorti ascendono verso il Cielo. A sinistra il paradiso terrestre è simbolizzato dal grande albero fronzuto, l’albero del bene e del male. L’angelo con la spada, posto di guardia all’Eden (Genesi 3,24), si aggira tra i risorti, imitato da altri spiriti alati. Ma anche i diavoli si fanno intraprendenti nella caccia al risorto. I demoni sono nerboruti umanoidi con la testa da animale. Si guardi il diavolo in primo piano, che afferra per i capelli la splendida dama bionda appena risorta: ha la testa di un gallo, con cresta e bargigli, geniale transfert del vizio della superbia. L’inferno occupa la parte destra del dipinto. Ha forma urbana, con edifici in fiamme, forche innalzate con dannati appesi, ponti e colonne in rovina sulle quali stazionano demoni alati in forma di uccelli rapaci. La città di Dite è preceduta da un fiume infernale, solcato dalla barca di Caronte, carica di anime perdute. Una piccola folla di diavoli, dalle mani lunghe, va a caccia di dannati, li afferra e li trascina verso le pene eterne.

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