Itinerario nella città vaticana, a Roma e nella sua provincia

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La caduta degli angeli ribelli


Lo scontro in cielo tra gli angeli fedeli a Dio e gli angeli ribelli – parafrasi dello scontro tra il bene e il male e metafora del giudizio finale - è un tema che ha colpito gli artisti. Il gruppo degli angeli ribelli è quello composto dai seguaci di Lucifero, l’angelo che si ribellò al progetto divino di creare l'uomo e volle egli stesso sfidare Dio paragonandosi a lui. Secondo le fonti letterarie post-bibliche, le schiere angeliche si divisero in due: quelle degli angeli buoni, capeggiati dall'arcangelo Michele, e quella degli angeli cattivi, a capo dei quali era appunto Lucifero. La lotta fra le due fazioni è vinta da Michele, il quale fa precipitare gli angeli ribelli dal cielo nell'inferno. Gli artisti hanno perciò raffigurato gli angeli ribelli mentre precipitano dal cielo assumendo forme mostruose o demoniache, con la coda e gli artigli.

Troviamo quest’immagine, ad esempio, nella volta della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo, più nota ai romani come San Carlo al Corso, costruita in occasione della canonizzazione di San Carlo Borromeo. Giacinto Brandi ha dipinto nel 1679 una scena molto animata: in un cielo luminoso siede Dio padre, riverito dai cori degli angeli rimasti fedeli. L’arcangelo Michele sovrasta la rovinosa caduta degli angeli ribelli verso il nerissimo inferno.

Un altro esempio lo troviamo in una volta a cupola di una stanza dei Musei vaticani. Il tema è qui declinato in una serie di duelli corpo a corpo tra eleganti angeli guerrieri con elmo e corazza, armati di lance e spade, e angeli guerrieri nudi, muscolosi e aitanti, ma soccombenti. Sullo sfondo vi sono le nere rovine in fiamme della città infernale.

Un terzo esempio è nella volta del presbiterio della Basilica romana dei Santi Apostoli, dipinto da Giovanni Odazzi nel 1709. Con una tecnica tipica della pittura barocca, il gruppo degli angeli ribelli sfonda la cornice del dipinto e dà l’effetto ottico di precipitare realisticamente addosso ai visitatori. Anche qui un vecchio Dio padre dalla barba bianca domina la scena del paradiso. L’arcangelo Michele non impugna più la spada ma un fascio di saette con le quali fulmina i ribelli.

Un ulteriore esempio è la scena apocalittica della lotta di Michele contro il drago e i suoi angeli ribelli dipinta da Giulio Mazzoni in una cappella della Basilica di Santa Maria degli Angeli.

Il quinto esempio lo troviamo nella chiesa di Santa Maria della Vittoria. Il grande affresco della volta, opera dei fratelli Giuseppe e Andrea Orazi (tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento) rappresenta in realtà il "Trionfo della Vergine sulle eresie". Tuttavia il tema è reso anche qui con una battaglia tra gli angeli fedeli, armati di scudo e spade, e i demoni sconfitti. Questi ultimi stringono tra le mani le pagine strappate dai loro libri ereticali, avvolti da serpenti velenosi, sullo sfondo di un drago dalle sette teste, simbolo dell’eresia.

La Chiesa del Gesù, scrigno di affreschi che celebrano la gloria della Compagnia di Gesù, ospita una intera cappella dedicata agli angeli e decorata da Federico Zuccari. La scena della caduta degli angeli ribelli ha per protagonisti tre angeli a spade sguainate, guidati dall’arcangelo guerriero Michele, con una croce rossa dipinta sullo scudo. Gli angeli ribelli sono spinti verso il basso fino a precipitare tra le fiamme dell’inferno, dove Lucifero e gli altri si mordono le mani in segno di rabbia e di scacco.

Ancora un esempio proviene dalla cappella di un palazzo gentilizio di Tivoli. L'affresco si trova sulla volta di quella che un tempo era la cappella di palazzo Zacconi. Al centro è la Madonna circondata dalle quattro virtù cardinali: la Temperanza che regge una briglia, la Fortezza che regge una colonna, la Giustizia con la tradizionale bilancia e la Prudenza con uno specchio e un serpente attorcigliato ad un braccio. Tutt’intorno alcuni angeli armati di lance, spade e saette scacciano dal cielo gli angeli ribelli, qui simbolo dei vizi.

L’opera più famosa sullo scontro celeste tra gli angeli fedeli e quelli ribelli è certamente Lost Paradise (Il paradiso perduto), un’opera in versi scritta da John Milton e pubblicata nel 1667.   Ecco come è descritta la battaglia, nella traduzione di Papi. “Allora  Michele impon che della mischia il segno dia la gran tuba. Ne rimbomba tutta del ciel l’ampiezza, ed il celeste Osanna le fide schiere intonano. Non stette l’oste nemica a bada e al fero scontro non men fera scagliassi. Or procellosa furia s’innalza e non più udito in cielo fragore immenso, universal: percosse orribil suono rendono l’armi e in giro degli enei carri volano ruggendo le ardenti rote: d’infocati dardi fischia per l’aere un così denso nembo che quasi sotto ad ignea volta copre l’un oste e l’altra; di terribil mugghio lungi rintrona il cielo, e se allor v’era la terra, tutta si sarìa la terra scossa dall’imo centro”. La battaglia tra Michele e Lucifero e le loro opposte schiere di angeli, nella visione di Milton, dura due giorni. Al terzo giorno Dio manda sul campo di battaglia suo Figlio.

A quella vista mostruosa indietro trassersi con orror, ma li ripinse lo spavento maggior che aveano a tergo. Dall’altezza del ciel giù capovolti gittansi ed han l’ardente eterno sdegno sempre alle spalle per l’immensa via. L’insoffribil fragore udì l’Inferno e vide il ciel precipitar dal cielo, tremonne tutto e ne fuggia, se meno alto gittate il Fato avea le nere sue basi e meno saldamente avvinte. Cadder per nove dì: mugghiò il Caosse attonito e del suo sconvolto regno ben dieci volte s’addoppiò l’orrore: così vasta ruina ingombrò tutte sue regioni! Spalancò l’Inferno, quant’eran larghe le sue fauci alfine, tutti ingojolli e sovra lor si chiuse l’Inferno degna di quegli empi stanza, d’inestinguibil foco ampia vorago, d’ogni dolor, d’ogni miseria albergo”.                       

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