Itinerario in Umbria

Todi. Una visione del Purgatorio

Le tappe dell’itinerario

Il Museo civico di Todi custodisce una tela di Ferraù Fenzoni da Faenza della fine del Cinquecento che descrive un triplice soggetto: la Messa di San Gregorio, la visione delle anime nel Purgatorio, la visione del Paradiso. Si tratta di una tela d’altare commissionata al Fenzoni dalla famiglia Leoni e destinata alla cappella di famiglia dedicata ai santi Gaetano e Lucia nella chiesa di San Fortunato a Todi.

La chiave di lettura del dipinto è proprio nella figura di San Gregorio che celebra Messa sull’altare. L’immagine di Gregorio è piccola e periferica nell’economia del dipinto, ma è quella che ne rivela il significato diretto e quello indiretto. Che sia Gregorio Magno non v’è dubbio, visto che è raffigurato con la tradizionale immagine della colomba sulla spalla, figura dell’ispirazione dello Spirito Santo. Prima di diventare Papa e avviare la riforma della liturgia (il rito “gregoriano”) e del canto (il canto “gregoriano”) Gregorio è in quel momento abate del Monastero del Celio. Deve prendere provvedimenti disciplinari a carico del monaco Giusto che, contravvenendo al voto di povertà, ha trattenuto per sé tre moneto d’oro. Il monaco, gravemente malato, muore e Gregorio ne ordina la sepoltura in un luogo sconsacrato. Conscio tuttavia della propria paternità spirituale verso il defunto Gregorio ordina al priore Prezioso di celebrare trenta messe, in trenta giorni consecutivi, per l’anima del defunto. Il trentesimo giorno l’anima di Giusto appare in sogno al confratello Copioso annunciandogli che, dopo le sofferenze patite nel Purgatorio, è ormai salvo in Paradiso. Le trenta messe gregoriane conosceranno nei secoli un grande successo e ad esse saranno legati i suffragi dei vivi per le anime del Purgatorio.

Nel dipinto di Fenzoni il Purgatorio è in grande evidenza, ma non per le fiamme (appena accennate) o per le punizioni dei purganti (che non compaiono). Ciò che colpisce sono le reazioni delle anime purganti all’intervento dell’angelo che scende dal cielo luminoso a liberare un giovane dalle sue sofferenze prendendolo per un braccio e indicandogli il Cielo dove sta per essere trasportato. L’intervento dell’angelo crea una grande emozione. I purganti lo segnalano ai vicini e lo commentano perché riaccende la speranza di una rapida fine delle sofferenze comuni e in una futura felicità.

Nella parte alta del dipinto è la scena del Cielo. Gesù Cristo, splendente di gloria, circondato dai cori degli angeli, solleva il braccio nel gesto del giudizio misericordioso e accoglie in Paradiso un’anima definitivamente purificata e prona ai suoi piedi. Ai lati del Cristo sono raffigurati gli intercessori, coloro cioè che con le loro preghiere e con le continue richieste di misericordia hanno abbreviato la pena dei purganti e accelerato la loro salita nel Paradiso. A sinistra sono le figure di Giovanni Battista e della Madonna, la cui presenza di intercessori è riprodotta nella maggioranza dei giudizi universali. A destra, nel ruolo di intercessore diretto per l’anima appena salita, è Santa Lucia. Dietro di lei un angelo solleva la palma del martirio e regge un piatto con gli occhi della santa, memoria delle torture da lei subite.

Il significato diretto dell’immagine è dunque quello di voler sottolineare il ruolo delle messe gregoriane nell’accelerare la purificazione dei purganti. La tela sviluppa poi un significato indiretto più ampio e cioè la richiesta di intercessione a santa Lucia, alla cui cappella il dipinto è destinato, per la salvezza del donatore Leoni (raffigurato ai piedi del Cristo) e della sua pia e generosa famiglia.

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