Itinerario in Umbria
Spello. Il Paradiso e l’Inferno nella Cappella Tega
Le tappe dell’itinerario
Risalendo il centro storico di Spello si scopre la piccola cappella di sant’Anna che fu sede di una Fraternità Disciplinata che gestiva nei pressi un ospedale già attivo nel 1362. La cappellina, successivamente trasformata in laboratorio artigiano, è anche conosciuta con il nome del proprietario, il sarto Pietro Tega che nel 1921 scoprì gli affreschi fino ad allora nascosti da una mano di intonaco. Gli affreschi sono datati al 1461 e sono opera della Bottega d’arte folignate del Mazzaforte, e in particolare di Niccolò di Liberatore dello l’Alunno e di Pietro di Giovanni Mazzaforte.
La controfacciata della cappella ospita la visione del Paradiso e dell’Inferno. Il dipinto è lacunoso e fortemente condizionato dalla porta d’ingresso e da una finestra soprastante. Sono tuttavia ben visibili le immagini di San Pietro e di San Paolo inseriti in due nicchie e dotati dei loro tradizionali attributi, le chiavi e la spada. Le chiavi servono a Pietro per aprire la porta del regno dei Cieli. E infatti, sotto di lui, è raffigurato il Paradiso nella forma di una città medievale, cinta da mura merlate, che contiene un giardino alberato, con una torre e la porta d’accesso alta su una scalinata. La porta è chiusa e difesa da un angelo, secondo la tradizione biblica che vide la cacciata dei progenitori Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e la chiusura dell’Eden dopo il peccato originale. Ma ora sarà Pietro a riaprire la porta del Paradiso per accogliere i risorti che si affollano all’ingresso e che hanno diritto al premio della beatitudine dopo il giudizio finale.
La visione delle pene dell’Inferno è introdotta da una lunga scritta ammonitrice e dall’invito a condurre una vita morigerata, nello stile della confraternita dei Disciplinati. L’invito agli spettatori è a salvare la propria anima e a “levare li peccati” attraverso la confessione, altrimenti “verrite distructi” tra le fiamme, dove “auro argiento et amici portare non potite”.
L’Inferno contiene le pene abituali, quella del fuoco, dei serpenti, del drago inghiottitore. Più curiosi sono i peccati puniti. E il particolare che ad esser punite sono soprattutto le donne. Le mogli che ingannarono i loro mariti (“Quelle che fallaro allor mariti”) sono ritratte in pianto dirotto in un groviglio di serpenti morsicatori. Le figlie disobbedienti agli ordini dei genitori (“quelle che non obidiro el patre”) soffrono sulla graticola o infilate in uno spiedo. Le fattucchiere (“Quelle che fano le facture”) si stringono la testa sconvolte mentre un drago le inghiotte. Ne emerge uno spaccato di vita familiare e paesana, dove i comportamenti censurati esprimono più la misoginia di un certo mondo maschile che non la classica teologia morale “colta” e la casistica dei vizi capitali.
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