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Anagni: il giudizio finale nell’oratorio di San Tommaso Becket


La cattedrale di Anagni ha aperto e reso accessibile ai visitatori l’oratorio di San Tommaso Becket, attiguo alla cripta di San Magno. Un tempo forse mitreo, l’oratorio è interamente rivestito da un lungo ciclo di affreschi. I colori sono ormai sbiaditi. Ma il giudizio finale è originalissimo. Lo è innanzitutto per la collocazione. Il pittore si è dovuto destreggiare tra la controfacciata, condizionata dall’ampia porta di accesso, e la contigua parete laterale, condizionata a sua volta da una finestra. Ed è originale anche per l’iconografia. La fascia dipinta in alto accoglie il volto del Cristo giudice e lo affianca con una rappresentanza delle gerarchie celesti e delle schiere angeliche. Al di sotto compaiono cinque misteriose figure femminili, nude, con delle coppe rovesciate in mano, afferrate e condotte via da tenebrosi diavoli. Di fronte, sulla parete ad angolo, sono raffigurate altrettante figure femminili nimbate, con un vaso nella mano sinistra e la mano destra alzata in segno di saluto e di preghiera. L’interpretazione del dipinto non è tuttavia difficile. Per descrivere la scena della separazione dei beati dai dannati, il pittore ha fatto ricorso alla parabola delle vergini prudenti e delle vergini stolte, una delle metafore scritturistiche del giudizio finale. La parabola delle dieci vergini è riportata da Matteo nel suo vangelo (25, 1-13), nel contesto del discorso escatologico di Gesù, precedente alla descrizione dell’ultimo giudizio: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora”.

L’affresco di Anagni comprende anche una seconda rappresentazione allegorica dei beati e dei dannati. O, più correttamente, della contrapposizione tra le virtù e i vizi. Si tratta di due figure femminili sovrapposte. La donna in alto, assisa sul trono, rivestita dei paramenti adeguati al rango, simboleggia l’umiltà. La seconda donna, sottostante la prima, è la personificazione del vizio contrapposto: la superbia.

In basso, nello strombo della finestra, compare la figura di Giovanni, estensore dell’Apocalisse. Con questa presenza il pittore ha voluto probabilmente ricordarci che la raffigurazione del giudizio finale, oltre che dal vangelo di Matteo,  trae origine anche dalla visione apocalittica di Giovanni nell’isola di Patmos.

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