Itinerario nella provincia di Torino
Jouvenceaux. Il Giudizio finale della cappella
di Sant’Antonio Abate
Le tappe dell’itinerario
Verso il fondo della Val di Susa, giunti ad Oulx, si abbandona il fondovalle e si risalgono i tornanti che conducono a Sauze d’Oulx. Giunti alla frazione di Jouvenceaux, si lascia l’auto e ci s’incammina tra le stradine del borgo antico verso la piazzetta che ospita la cappella di Sant’Antonio Abate e la vicina fontana con la vasca ottagonale di lastre di pietra. La cappella sorprende per l’inaspettato manto di affreschi che ne riveste la facciata e la parete laterale. Altri dipinti ornano le pareti interne. Risalgono al nono decennio del Quattrocento e sono opera dell’atelier dei Serra, famiglia di pittori pinerolesi.
Il Giudizio finale ricopre la parte alta della facciata, protetta dal tetto a capanna, e si sviluppa su quattro registri, condizionato da un finestrone centrale.
In alto, il Cristo giudice appare nella mandorla (ma l’immagine è in gran parte perduta) e pronuncia le due sentenze trascritte sui cartigli: «venite, benedicti…» e «ite, maledicti…». Lo fiancheggia una schiera di angeli che mostra gli strumenti della Passione (i flagelli, i chiodi, la corona di spine, la croce, la colonna, la lancia, la canna con la spugna).
Sotto il Cristo, a temperarne l’ira, compaiono gli intercessori, ovvero la madre di Gesù e Giovanni il Battista. Il tribunale celeste è completato dai dodici apostoli che siedono sugli scranni di legno: Pietro e Paolo siedono ai primi posti e precedono gli altri; tutti hanno lunghe barbe e capelli (tranne l’imberbe Giovanni) e il volto incorniciato dall’aureola. Il secondo registro è completato dai due folti cori dei Patriarchi (a sinistra) e dei Profeti (a destra), raccolti intorno a Mosè con le “corna” e le tavole della legge. Quattro cartigli riportano versetti tratti dal libro di Giobbe «Nudus egressus sum, me nudus revertar», dal Salmo 35 «Deus meus ne discedas a me», dal libro di Tobia «Quia fecit nobiscum misericordiam tuam» e dall’Apocalisse «Videntes seniores claritatem vultus eius admirantes».
Il terzo registro comprende tre gruppi di beati, separati dai quattro angeli che si lanciano in volo verso la terra per suonare le trombe del risveglio dei morti («Surgite mortui, venite ad iudicium»). A destra è il gruppo delle Vergini, delle Sante e delle Martiri. La prima fila di sante martiri è riconoscibile dai tradizionali attributi: Orsola (col vessillo crociato alla guida delle undicimila vergini), Caterina d’Alessandria (in ginocchio sulla ruota dentata del suo supplizio), Barbara (con la torre-prigione), Lucia (con gli occhi sul piattino), Apollonia (con la tenaglia che le ha strappato i denti dalla bocca) e Agata (con i ferri che le hanno amputato i seni). Il velo monacale potrebbe individuare Scolastica e Chiara d’Assisi. L’intero gruppo si apprezza per la freschezza dei volti e l’eleganza delle capigliature e degli abiti. Al centro è il gruppo maschile dei Martiri. Grazie ai particolari dell’abbigliamento è possibile ipotizzare la presenza di Stefano, il protomartire, di Sebastiano, di Lorenzo e di Maurizio. A sinistra è il gruppo dei Confessori. Esso comprende i Dottori della Chiesa e i santi fondatori di Ordini; è probabile la presenza di Gregorio Magno, Ambrogio, Domenico, Francesco e Benedetto.
Termina così la descrizione del Regno dei Cieli, della Corte celeste e della Comunione dei Santi. Tutti questi gruppi sono infatti dipinti o assisi o inginocchiati sulle nubi.
Gli avvenimenti della parte inferiore dell’affresco si svolgono invece sulla terra. Una lunga striscia dell’affresco descrive la risurrezione dei morti. I risorti riemergono dai loro sepolcri e dalle tombe scoperchiate. E trovano ad attenderli accoglienti angeli che li prendono per mano e li conducono verso il Paradiso. Ma non per tutti i così. Altri risorti trovano invece la sorpresa di orridi diavoli neri che li afferrano senza alcun rispetto, li caricano sulle spalle e trascinano i più recalcitranti verso le punizioni infernali. La visione dell’Inferno è ormai perduta a causa dei guasti dell’affresco, ma alcune scritte con l’elenco dei vizi capitali identificano i dannati e le ragioni della loro perdizione.
A sinistra è la raffigurazione del Paradiso, invero piuttosto originale. Non si tratta infatti del paradiso celeste o del giardino edenico del paradiso terrestre, quanto piuttosto di una versione rinascimentale della nuova Gerusalemme, la città di Dio che scende sulla terra a suggellare le visioni dell’Apocalisse. È una cittadella fortificata, racchiusa all’interno di un giro di mura merlate, che si proietta – architettonicamente e simbolicamente – verso l’alto con un’elegante torre esagonale. Vi si accede attraverso una torre-barbacane antistante a sezione quadrangolare, sormontata da una cupoletta di metallo: è San Pietro (che compare così per la seconda volta nell’affresco) ad aprire la porta con le chiavi del regno dei cieli e a introdurvi il corteo dei beati accompagnati dagli angeli. La visione di un così grande numero di beati in paradiso è certamente consolante, ma certo pone qualche evidente problema di capienza alle strutture della torre, condizionate da un così grande affollamento. I beati stazionano in un cortile esterno, in attesa di poter salire su una stretta scala a chiocciola, assistiti da angeli provvidenziali; raggiungono così al piano superiore un ampio loggiato coperto, ricco di decorazioni esterne. E sono così ammessi alla visione beatifica di Dio Padre, assiso in gloria nel tiburio sommitale, sotto un baldacchino di marmo sorretto da sei colonne. Dio Padre, circondato da un coro di angeli, regge il globo, simbolo della sua signoria sul creato, e benedice i beati sopravvenienti.
Il tema del Giudizio finale si completa con gli affreschi laterali. Qui la presenza simbolica dell’arcangelo Michele e di san Cristoforo introduce alle scene della celebrazione della Messa (cui si può partecipare con buona o cattiva disposizione) e della Confessione riparatrice. Grazie ai sacramenti e all’intercessione di Sant’Antonio Abate, qui raffigurato tra i malati, è possibile per tutti conquistare il Paradiso e sfuggire alle pene dell’Inferno. Tutti insieme, questi affreschi compongono un’efficace catechesi per i paesani e i turisti.
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