Itinerario nella provincia di Torino
Novalesa. Diabolico sadismo e angeliche virtù
Le tappe dell’itinerario
Il borgo di Novalesa nasce nell’ottavo secolo in simbiosi con la celebre abbazia benedettina. Vi è necessità di fornire al monastero il personale specializzato e i servizi di cui ha bisogno. Occorre poi assistere i mercanti, i viandanti e i pellegrini che percorrono il fondo della Val Cenischia e che in tutte le stagioni devono valicare il colle del Moncenisio, diretti in Francia. Il borgo si popola così di artigiani, commercianti e trasportatori, parallelamente allo sviluppo del commercio e del traffico lungo la Via Francigena. Oggi le autostrade e le ferrovie hanno radicalmente trasformato i rapporti transfrontalieri. Novalesa, tornata un tranquillo borgo periferico, ricerca una nuova identità sempre in rapporto comunque con la vicina abbazia.
Percorriamo la stretta via maestra del borgo e sostiamo in uno slargo all’altezza della Chiesa parrocchiale. Sul muro della canonica che fronteggia la strada e che collega la Chiesa alla Cappella della Confraternita è visibile un ciclo di affreschi recentemente restaurato dedicato alle Virtù e ai Vizi. Il ciclo è articolato su tre fasce; la prima in alto riporta le immagini di sette virtù; la seconda, centrale, descrive la cavalcata dei sette vizi capitali; la terza in basso mostra i tormenti infernali cui saranno sottoposti i viziosi impenitenti. Ciascuna scena è geometricamente incorniciata in un quadro. Ne risulta una sorta di lungo fumetto, interrotto da due finestre cui sono sovrapposte immagini di maggior rilievo dedicate a Cristo sofferente e alla Mater dolorosa, la Madonna con il cuore trafitto dalle spade dei sette dolori.
Le Virtù sono interpretate da pie donne, rivestite di ampi abiti monacali, genuflesse e in preghiera a mani giunte, che ascoltano le istruzioni dell’angelo custode. Sono, nell’ordine, l’Umiltà, la Generosità, la Castità, la Carità, l’Astinenza, la Pazienza e la Diligenza.
La Cavalcata dei Vizi è un corteo di personaggi a cavallo di animali simbolici che procede da destra verso sinistra trascinato da una catena fino a scomparire nelle fauci del drago infernale. I vizi sono, nell’ordine, la Superbia, l’Avarizia, la Lussuria, l’Invidia, la Gola, l’Ira e l’Accidia.
Le Pene infernali sono applicate ai viziosi da sadici diavoli, seguendo la logica del contrappasso. Si resta colpiti dalla violenza dei tormenti inferti ai dannati, dal ricorso agli strumenti della macelleria e delle camere di tortura, dalla ripetuta presenza di forche, dalla morbosa logica di vendetta che ispira i supplizi.
Insieme alla lettura “orizzontale” è possibile una lettura delle immagini di tipo “verticale”, che lega la singola virtù descritta in alto al vizio contrapposto sottostante e alla punizione infernale prevista per il vizioso. Questo tipo di lettura trasmette con maggiore evidenza il senso pedagogico delle immagini e gli ammonimenti ai membri della confraternita e a tutti i fedeli.
L’Umiltà è una donna velata, in ginocchio ai piedi dell’altare: l’angelo le mostra il Cristo morto sulla croce, esempio di suprema umiliazione. A lei si oppone la Superbia, un orgoglioso sovrano in abiti regali che mostra tutti i segni del suo potere, dallo scettro alla spada. È l’avanguardia della carovana dei vizi, cavalca un digrignante leone ed è sospinto da un nero diavolo gastrocefalo. Trasferito all’inferno, il superbo viene appeso sulla forca. Con una inversione simbolica è impiccato per i piedi, a testa in giù. Un diavolo lo sventra mentre un collega gli toglie la corona dalla testa.
La Generosità (la scritta manca ma l’immagine è eloquente) è simboleggiata da una donna che distribuisce elemosine a un povero zoppo, incoraggiata dal suo angelo custode. Le si contrappone l’Avarizia, un ricco mercante a cavallo di un cinghiale, che regge con una mano un sacchetto di monete e ha una larga scarsella appesa alla cintura. Giunto all’inferno l’avaro, tenuto fermo per la testa da un diavolo, viene letteralmente fatto a pezzi da sadici diavoli armati di picconi. Come in una macelleria, le gambe e le mani mozzate dagli infernali macellai sono esposte ancora sanguinolente appese a una forca.
La Castità è simboleggiata da una monaca in ginocchio, in preghiera con la corona del rosario tra le mani, accolta a braccia aperte da un angelo. La Lussuria, viceversa, è una donna voluttuosa che si ammira allo specchio e tira maliziosamente su la gonna svelando la coscia nuda e le calze rosse. Un diavolo le orienta lo specchio e le palpa il seno. Cavalca un capro, proverbiale simbolo di sfrenata brama sensuale. All’inferno la donna lussuriosa viene denudata, incatenata a una forca per i seni e le caviglie e oscenamente sottoposta ai tormenti sessuali dei diavoli.
La Carità è una donna velata, in ginocchio, accolta a braccia aperte dal suo angelo. Se la carità vuole il bene del prossimo, al contrario, l’Invidia lo denigra e si augura il suo male. Un signore invidioso segna a dito i suoi vicini e cavalca uno sciacallo con un osso in bocca, mentre un diavolo gli suggerisce maldicenze all’orecchio. Impressionante è la tortura praticata all’invidioso. È appeso su una forca con una corda al collo, ma si regge in equilibrio incerto su una pietra appuntita e riesce provvisoriamente a evitare lo strangolamento. I diavoli si accaniscono contro di lui cercando di farlo cadere: il primo gli infilza gli occhi con un lungo spillone; il secondo gli apre il ventre; un drago gli solletica i piedi con la sua lingua malefica; le fiamme gli ardono il sesso.
L’Astinenza è una religiosa in preghiera, impegnata nel digiuno quaresimale sotto lo sguardo felicemente sorpreso di un angelo. Le è contrapposto il vizio della Gola. Il goloso ha in mano uno spiedo sul quale è infilato un coscio arrostito e tracanna vino da un calice di vetro; un diavolo gli versa da bere con un brocca e infila (o sfila) un prosciutto sullo spiedo. Il suo pancione straripante è a stento tenuto a bada da una cintura. Cavalca un famelico lupo che ha addentato e divora un bianco agnello. All’inferno, il goloso è costretto a tenere un grosso imbuto in bocca e a trangugiare a forza un liquido bollente e immondo che un diavolo-cuoco provvede a scaldare in una caldaia e un diavolo-cameriere provvede a versargli in gola con un mestolo.
La Pazienza è contrapposta all’Ira. La virtù (ammesso che sia tale) è impersonata da una donna remissiva, raffigurata in ginocchio a mani giunte e consolata da un angelo, che prende gran legnate sulla schiena da un marito manesco, senza voler reagire. L’iracondo (il dipinto è guasto e difficilmente leggibile) si ferisce probabilmente con un pugnale, aiutato da un diavolo. Monta un bianco levriero o un leopardo maculato. All’inferno l’iracondo è costretto a stare disteso sul ceppo di un albero e a subire senza poter reagire le ferite che gli sono inferte dai diavoli a colpi di pugnale, di forcone e d’ascia.
La Diligenza è incarnata da una donna attiva, curata nel vestire e impegnata nei lavori domestici, che taglie e cuce una stoffa dalla quale ricava camicie e abitini. Al contrario l’Accidia è impersonata da una donna accasciata e discinta, con i seni vizzi e l’abito stracciato, che cavalca un asino indolente. Un diavolo le regge la catena. La pena del contrappasso è degna di una fantasia perversa. L’accidioso è sospeso a una forca per un braccio e una gamba. Due grossi pesi sono legati agli altri due arti. Così pericolosamente ondeggiante e a rischio di disarticolazione il dannato viene preso a bastonate da due diavoli.
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