Itinerario nella provincia di Venezia

Jesolo Lido. Il Giudizio universale di Aurel Ionescu

Le tappe dell’itinerario

Costruito sulla lingua di terra tra la laguna veneta e il mare, il Lido di Jesolo è conosciuto come uno dei principali centri balneari del mare Adriatico. Lungo la sua fascia litoranea si susseguono moderne e ben attrezzate strutture turistiche, alternate a piazze-salotto affollate da un turismo cosmopolita. La piazza Trieste è dominata dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria Ausiliatrice, eretta nel 1954. All’interno della chiesa parrocchiale, il presbiterio e la controfacciata sono decorati da grandi affreschi-icona che raccontano l’ultima cena, la risurrezione di Gesù e il giudizio universale. Ne è autore l’artista romeno contemporaneo Aurel  Ionescu, un pittore specializzato nell’arte sacra, formatosi in Romania e trasferitosi poi in Italia nel 1977, dov’è ora attivo con la sua bottega.


Il dipinto del Giudizio universale si presenta coloratissimo e ricco di particolari dell’iconografia orientale non comuni per il pubblico italiano. La fascia alta dell’affresco descrive la fine del mondo: una coppia di angeli riavvolge il rotolo del firmamento e fa scomparire il sole, la luna e le stelle. Nell’ovale in alto è raffigurata la divina Trinità: il Padre e il Figlio, sostenuti in volo dai cherubini, s’indicano a vicenda la corrispondenza trinitaria; entrambi indossano abiti dignitari; il Figlio ha anche la corona di re dell’universo; su di loro aleggia la colomba dello Spirito santo. Immediatamente sotto è descritta la seconda venuta di Gesù: il Cristo parusiaco attraversa i cieli attraverso un varco aperto dagli angeli e viene a sedersi sull’arcobaleno della nuova alleanza. Con le piaghe dei chiodi in evidenza, egli pronuncia la sentenza favorevole (la mano destra aperta all’accoglienza dei giusti) e di condanna (il dorso della mano sinistra che respinge gli empi). Intorno al Cristo vediamo inginocchiati la madre Maria e Giovanni il Battista nel ruolo degli intercessori. Ad affiancare il giudice è anche la celeste corte di giustizia formata dai dodici apostoli. Sulle nuvole sono schierati gli angeli che esibiscono gli strumenti della passione di Gesù (la croce, i flagelli, la colonna, il vaso dell’aceto, il velo della Veronica, i chiodi, la scala, la lancia e la canna). Seguendo la visione di Ezechiele, ai piedi del Cristo sono raffigurati le ruote volanti e il tetramorfo, con i simboli dei quattro evangelisti (l’angelo di Matteo, il leone di Marco, il bue di Luca e l’aquila di Giovanni). Segue l’etimasia dell’altare, con l’ostensione della Croce tempestata di gemme, del libro, del sudario e degli unguenti. Ai lati dell’altare, in ginocchio, sono i progenitori Adamo ed Eva, ancora insidiati dal serpente diabolico, ma ormai liberati dal Limbo. Sotto l’altare appare l’arcangelo Michele che regge la bilancia a due piatti e che pesa i risorti; ha la spada sguainata e calpesta con i piedi un demonio. Due angeli trombettieri suonano le trombe del giudizio. La risurrezione dei morti è descritta in triplice forma: i corpi dei morti scoperchiano i sepolcri e si sollevano alla nuova vita già rivestiti della “candida veste”; risorgono poi i morti divorati dalle bestie feroci: vediamo un orso che vomita una sua vittima; risorgono anche i morti in mare, annegati a seguito dei naufragi: i loro corpi sono risputati dai mostri marini che li avevano ingoiati.

In basso a sinistra il pittore ha inserito le diverse scene che compongono il Paradiso. Lungo un’ideale scala di Giovanni Climaco i monaci dei diversi ordini ascendono al cielo e sono accolti da un angelo regalmente abbigliato. Un lungo corteo di beati, preceduto dagli apostoli Pietro e Paolo, si dirige verso il Paradiso e trova Gesù ad accoglierlo sulla porta. La porta del paradiso è infatti ancora chiusa e vigilata dal cherubino rosso con la spada fiammeggiante, lì posto dopo la cacciata dei progenitori dal giardino edenico. All’interno del Paradiso troviamo Maria, la madre di Dio, seduta in trono e servita dagli angeli; troviamo poi i tre grandi patriarchi biblici (Abramo, Isacco e Giacobbe) che tengono in grembo le animulae dei giusti; Abramo accoglie l’anima sopravveniente del povero Lazzaro; tra la rigogliosa vegetazione del giardino si scorge anche il buon ladrone Disma, con la sua croce tra le braccia.

La zona in basso a destra è infine dedicata all’Inferno, descritto con una pluralità di scene. Un fiume di fuoco nasce ai piedi del Giudice e va ad alimentare il lago infero. Al centro troneggia Lucifero, seduto e incatenato sul fondo. Simmetricamente ad Abramo, Lucifero accoglie nel suo grembo Giuda, che ha ancora tra le braccia i sacchetti contenenti i trenta denari, prezzo del suo tradimento. Dal lago di fiamme spuntano due teste di Leviatano: il mostro di destra addenta e ingoia un dannato; il mostro di sinistra vomita il diabolico serpente tentatore, responsabile del peccato originale, che va a insidiare i progenitori. Sempre dal lago emergono le quattro Bestie citate nell’Apocalisse di San Giovanni e nel libro del profeta Daniele. L’Inferno è descritto come una serie di caverne sotterranee, dove i dannati in catene sono ammassati tra le fiamme; l’ingresso è costituito da pozzi eruttanti fiamme a somiglianza dei vulcani. Il grande e regale cavaliere alato che regge tra le mani il libro aperto e la croce che schiaccia Lucifero è tratto di peso dal capitolo diciannove dell’Apocalisse. Il cavaliere è affiancato da altri due angeli della milizia celeste impegnati a contrastare i diavoli e a ributtarli all’inferno.

Tra Paradiso e Inferno è ritratto un personaggio isolato legato da una catena a una colonna: è il ‘tiepido’, un personaggio incolore, né troppo buono per salire in cielo, né così cattivo da meritare la dannazione eterna.

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