Itinerario nella provincia di Venezia
Venezia. L’Apocalisse di Jacobello Alberegno
Le tappe dell’itinerario
Meta d’obbligo per i turisti che visitano la Venezia artistica, il Museo delle Gallerie dell’Accademia ospita la più ricca collezione di dipinti veneziani e veneti, dal Trecento bizantino e gotico agli artisti del Rinascimento, Bellini, Carpaccio, Giorgione, Veronese, Tintoretto e Tiziano per arrivare a Giambattista Tiepolo e ai vedutisti settecenteschi, Canaletto, Guardi, Bellotto, Longhi. Noi, alla ricerca di visioni dell’aldilà, sostiamo di fronte al polittico frammentario dell’Apocalisse, realizzato da Jacobello Alberegno nella seconda metà del Trecento. Sono conservati solo cinque pannelli, dipinti a tempera e oro, che replicano puntualmente le analoghe scene del ciclo apocalittico affrescato da Giusto de’ Menabuoi nell'abside del Battistero di Padova, e che raccontano altrettanti episodi visionari dell'Apocalisse di San Giovanni.
Il pannello centrale ha dimensioni maggiori degli altri e descrive la scena grandiosa del trono di Dio, di cui ai capitoli quarto e quinto dell’Apocalisse. «Una porta era aperta nel cielo. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. Attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi. I ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono». Dio porta in grembo l’Agnello e il libro chiuso con i sette sigilli. I quattro esseri viventi hanno il libro del Vangelo e sono dunque i simboli dei quattro evangelisti. In basso sta l'evangelista Giovanni, in ginocchio, che guarda la scena pronto a trascriverla nel libro che si trova ai suoi piedi.
La prima delle tavolette laterali mostra la grande prostituta Babilonia, seduta sulla Bestia, mentre vomita il sangue dei martiri. È la visione di Giovanni nel capitolo diciassette dell’Apocalisse: «Vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d'oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla sua fronte stava scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra". E vidi quella donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù».
La seconda tavoletta descrive la Vendemmia del mondo, e mostra un angelo che esorta il compagno con la falce a vendemmiare una vigna i cui grappoli sono ormai maturi. La scena è presa di peso dal quattordicesimo capitolo dell’Apocalisse, dove si allude alla fine del mondo. «Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch'egli una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". L'angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio».
La scena successiva descrive il Giudizio finale. I morti risorti dalla terra e dal mare reggono in mano il libro delle opere buone e cattive compiute in vita. Gesù tiene in mano il Libro della Vita coi nomi dei giusti e condanna gli ingiusti alla seconda morte nello stagno di fuoco. Il giudizio finale è descritto nel capitolo venti dell’Apocalisse: «Vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco».
L’ultima tavoletta riporta la Visione del cavaliere che è accompagnato dal’esercito celeste. La scena è raccontata da Giovanni nel capitolo diciannovesimo dell’Apocalisse: «Vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni».
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