Itinerario nella provincia di Venezia

Torcello. La discesa al Limbo e il Giudizio universale

Le tappe dell’itinerario

Dalle Fondamenta Nuove di Venezia, la motonave punta verso le mura e i cipressi del Cimitero di San Michele e fa tappa a Murano; traversa poi la laguna di Venezia, via via più solitaria, sullo sfondo di San Francesco del Deserto e di altre isole lontane; dopo la sosta a Burano, raccolta intorno al suo campanile pendente, arriva a Torcello. Scendiamo. È un’isola di silenzio, romita tra acqua e cielo. Costeggiamo a piedi un canale e in pochi minuti giungiamo nella piazzetta erbosa di Santa Maria Assunta, di Santa Fosca, dei Palazzi dell’Archivio e del Consiglio. In Cattedrale ci troviamo di fronte al Giudizio universale di Torcello, uno dei più celebri mosaici bizantini che ornano le antiche chiese dell’Adriatico. Il mosaico è collocato sulla parete di fondo, la controfacciata: esso era così l’ultima, ammonitrice, visione dei fedeli che uscivano dalla chiesa dopo le liturgie. La composizione si articola su sei fasce: le prime due in alto sono le più recenti perché lavorate per ultime dai mosaicisti agli inizi del XIII secolo e raffigurano la crocifissione di Gesù e la discesa agli inferi. Le quattro fasce sottostanti, della seconda metà del secolo XII, descrivono il Giudizio universale.


In alto è la scena della Crocifissione. Gesù è morente e perde sangue dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato. Ai lati sono la madre Maria e il giovane apostolo Giovanni. La croce è piantata sull’altura del Golgota; un piccolo teschio ne ricorda l’etimologia.


La scena successiva, in grandi dimensioni, racconta la discesa di Gesù agli Inferi: è l’Anastasis nel significato orientale della Risurrezione. Nel tempo compreso tra la sua morte e la risurrezione Gesù scende al Limbo dei Padri per liberare le anime dei giusti del vecchio testamento. Con la croce in mano schianta le porte dell’Inferno, le riduce in frantumi in un mare di chiodi, chiavi e serrature, e schiaccia un diavolo annichilito che era di guardia. Prende poi per mano Adamo ed Eva, i progenitori. Seguono i due re, Davide e Salomone. A destra vediamo Giovanni Battista seguito dai profeti, i quattro maggiori (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) e i dodici minori. Sui lati si stagliano le gigantesche e solenni figure degli arcangeli Michele e Gabriele.


L’occhio scende poi verso il Cristo giudice che appare nei cieli e mostra i fori dei chiodi sulle mani e sui piedi, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza, tra la madre Maria e Giovanni Battista nel ruolo degli intercessori. Al loro fianco in piedi sono due angeli del coro delle Dominazioni, con vesti lunghe ornate di gemme e l’asta simbolo della loro dignità. Due angeli del coro dei Troni, con le ruote, sorreggono la mandorla; tra le loro ali, fornite di cento occhi, spuntano i simboli dei quattro evangelisti: il leone, l’aquila, il bue e l’angelo. I dodici apostoli siedono su un lungo divano a formare la giuria, la corte del tribunale celeste; il primo a sinistra è San Pietro, con le chiavi del regno dei cieli; il primo a destra è San Paolo, con il libro delle sue epistole. Alle loro spalle si affollano i cori degli angeli.


Nel cielo, sopra le nubi, si staglia la Croce, accompagnata dai simboli della Passione, la lancia che squarciò il costato di Gesù, la spugna imbevuta di fiele sulla punta della canna, la corona di spine. Due Serafini custodiscono la croce e due Principati l’Etimasia. Sull’altare è il libro della vita. Il trono è vuoto, in attesa del Re dell’universo. Adamo ed Eva, simboli di tutte le genti, attendono in ginocchio in adorazione spaventata. Un angelo avvolge il cielo stellato in un rotolo a simboleggiare la fine del mondo e l’inizio dell’eternità. Gli angeli tubicini suonano le trombe per svegliare i morti. I risorti escono dalle tombe, ancora avvolti nelle bende e nei sudari. Le vittime divorate dalle bestie feroci rispuntano per incanto dalle gole dei predatori: il leone, l’elefante, la iena, il leopardo, il lupo, il grifone alato e una coppia di corvi neri. Riemergono dalle acque anche i morti annegati. Il mare è simboleggiato da una donna che stringe il corno dei venti e delle tempeste, appollaiata sul dorso di un mostro marino. Tutt’intorno, tra le onde, squali e pesci di tutte le fogge e colori restituiscono i poveri resti delle vittime dei naufragi.


L’arcangelo Michele pesa le anime. Demoni bluastri, violacei e cornuti cercano con i loro spiedi di far pendere la bilancia in modo a loro favorevole, gettando nei piatti i peccati che hanno trasportato nei loro sacchi a otre. A sinistra le schiere osannanti dei beati inneggiano a Cristo: ecclesiastici, martiri, monaci e donne sante. Nel primo gruppo di ecclesiastici potrebbe individuarsi la presenza di San Gregorio di Nazianzo e San Basilio. Il gruppo dei martiri comprende i santi Teodoro, Giorgio, Demetrio e Procopio. Il terzo gruppo è costituito da monaci basiliani e comprende sant’Eutimio, Sant’Antonio abate e San Saba. Il quarto gruppo è quello delle donne, con Maria Egiziaca penitente, una monaca e Caterina d’Alessandria. A destra vediamo il fiume di fuoco che sgorga ai piedi del Cristo e va ad alimentare l’antro dell’inferno. Due angeli spingono i dannati con lunghe pertiche nel fuoco punitore. Lì demonietti impertinenti e dispettosi si fanno beffe dei segni terreni di nobiltà e di potenza. Lucifero, re dell’Ade, siede sul mostro biblico del Leviatano, portando in grembo l’Anticristo. Intorno a Lucifero, angelo decaduto per il suo peccato di superbia, vediamo tra le fiamme i superbi politici ed eresiarchi. Tra essi potrebbero riconoscersi Costantino Copronimo l’iconoclasta, gli eretici Nestorio, Eutiche e il patriarca di Costantinopoli Sergio, la basilissa Eudossia.


I dannati patiscono le pene infernali del fuoco, delle tenebre, del gelo e dei serpenti. I sei scomparti inferi, posti sotto il livello del terreno, descrivono le pene e la condizione dei dannati. Secondo alcune interpretazioni i sei cubicula potrebbero contenere i colpevoli degli altri peccati capitali: i lussuriosi ardono tra le fiamme, i golosi ingordi son costretti a mordersi le mani, gli iracondi calmano i bollenti spiriti immersi in acque gelide, gli invidiosi sono ridotti a teschi popolati di velenosi serpentelli, gli avari galleggiano sul fuoco con le teste mozze e gli accidiosi sono ridotti a scheletri in frantumi. Sul lato opposto è il giardino fiorito e alberato del Paradiso. L’angelo indica alle anime degli eletti la porta custodita da San Pietro clavigero e da un cherubino. All’interno del giardino si riconoscono il buon ladrone con la croce, la Madre di Gesù, la schiera dei santi innocenti e il patriarca Abramo con Lazzaro nel grembo.


Nella lunetta è raffigurata la Madonna, cui la basilica è dedicata. La scritta è un’invocazione suggerita ai fedeli: Virgo divinum natum prece pulsa, terge reatum (O Vergine prega il divino Nato, purifica dal peccato).

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