Itinerario nella provincia di Venezia

Venezia. L’aldilà visionario di Bosch

Le tappe dell’itinerario

Andiamo ad ammirare le ‘Visioni dell’Aldilà’ di Hieronymus Bosch nel Palazzo Grimani di Venezia, a Santa Maria Formosa. Le quattro tavole dipinte a olio che compongono le Visioni, ovvero la Caduta dei dannati, l’Inferno, l’Ascesa all’Empireo e il Paradiso terrestre, sono databili ai primissimi anni del Cinquecento (1500-03) e comparivano nella collezione d’arte del Cardinale Domenico Grimani. Le tavole costituivano con ogni probabilità i pannelli laterali di un trittico o di un polittico di cui è andata persa la parte centrale. Dopo essere state esposte al Palazzo Ducale fino al 2008 sono state riportate nella loro sede naturale in occasione dell’apertura al pubblico del Museo.


Il paradiso terrestre di Bosch richiama alcuni elementi del giardino dell’Eden descritto nel libro della Genesi ma qui allude al locum refrigerii che accoglierebbe le anime giudicate degne del Cielo dopo la loro risurrezione da morte e in attesa della loro ascesa all’Empireo. Usciti dai loro sepolcri i risorti guardano al Giudice. Sono timorosi della sua giustizia e si nascondono tra i cespugli come i loro progenitori dopo il peccato originale. Appresa la sentenza loro favorevole e accompagnati dagli angeli, passeggiano in un luogo ameno, popolato da animali selvaggi e uccelli, tra prati verdi e boschetti sul declivio di un monte, sullo sfondo di una bella pianura. Da una fonte sul colle, collocata tra le mura della Gerusalemme celeste, sgorgano le sorgenti dei quattro fiumi del Paradiso terrestre; le acque scorrono nelle vallecole e vanno ad alimentare il grande fiume che attraversa la pianura.


Nella loro ascesa all’empireo i beati, accompagnati da coppie di angeli in volo, levitano verso l’alto in assenza di gravità, purificati come sono da ogni peso di peccato. Superate le nuvole, si apre davanti a loro un varco circolare che attraversa uno dopo l’altro i sette cieli. I beati sono come risucchiati in questo vortice che rifulge del riverbero dell’accecante chiarità empirea. In fondo al cono di luce la figura di San Pietro si staglia nel bagliore della divinità: egli saluta l’arrivo dei beati e li accoglie all’ingresso del regno dei cieli.


La scena della caduta dei dannati trasmette l’emozione opposta. Se l’ascensione inocula sensazioni di leggerezza e luminosità, la caduta comunica pesantezza e oscurità. La geografia dei luoghi descrive un baratro oscuro che termina bruscamente nel lago di fuoco alimentato dai fiumi infernali. Questo budello fumante, che precipita tra le rocce e i gorghi della solfatara infera, è appena rischiarato dai bagliori delle fiamme. Il diavolo speleologo tra le rocce, che accoglie a modo suo un dannato, ha il volto di una mostruosa mignatta succhiasangue. I due demoni che si scagliano sul dannato in caduta libera hanno sembianze ittiche di rane pescatrici dotate di barbigli e lunghe chele. Un’altra figura demoniaca è in agguato in alto, in attesa di nuovi arrivi. Il quadro cromatico complessivo varia dal nero al rosso su una gamma di toni cupi e angoscianti che danno alla scena un'impressione sinistra di repellente drammaticità.


Nell’ultima tavola la geografia dell’inferno si precisa definitivamente come il paradiso ‘capovolto’. Ci troviamo in un territorio devastato da una catastrofe ambientale e da un rovinoso tsunami. Il fiume paradisiaco di acqua lustrale si trasforma qui una sulfurea palude Stigia, solcata da demoni anfibi che schivano i corpi affioranti di dannati annegati. La verde pastura edenica diventa qui un patetico albero ormai secco. Gli uccelletti che sorseggiano l’acqua sorgiva diventano qui il torvo avvoltoio e il corvo inquietante che si fronteggiano sulla palude in attesa di carogne di dannati da spolpare. Il ridente colle sorgivo del paradiso si è trasformato nella minacciosa rupe aguzza di un vulcanello eruttante fuoco e vapori lavici. Le architetture della Gerusalemme celeste sono sostituite dalle rovine in fiamme della città di Dite e dalla fornace della Babilonia infernale. Infine l’abbraccio degli angeli ai beati diventa parodia nelle viscide e insinuanti carezze che il demone verdastro con il muso da pantegana riserva al dannato nudo in primo piano che si tiene il capo preso da totale scoramento di fronte a un destino di eterna perdizione. Il diavolo tagliagole che applica così la pena del contrappasso al peccatore contro il quinto comandamento è l’immagine sintetica del penitenziario infernale.

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